Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6642 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6642 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) LO ASSANE N. IL 06/03/1980
2) KEBE IBRAHIMA N. IL 07/08/1975
avverso la sentenza n. 3234/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
03/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 05/12/2012

Motivi della decisione
Kebe Ibrahima ha proposto ricorso per cessazione avverso la sentenza della
Corte di Appello di Torino in data 3.10.2011, con la quale è stata confermata la
sentenza di condanna emessa dal G.i.p. del Tribunale di Torino il 15.02.2011, in
relazione alla violazione della disciplina in materia di sostanze stupefacenti.
Il ricorrente deduce il vizio motivazionale, in ordine alla mancata esclusione
della recidiva reiterata specifica.
coimputato Lo Assane, dolendosi della mancata concessione delle attenuanti
generiche nella massima estensione.
Il ricorso proposto da Kebe è inammissibile.
Non sfugge che le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno risolto il quesito
interpretativo originato dal testo dell’art. 99 cod. pen., come introdotto dalla legge
n. 251 del 2005, il quale – nella sua emendata formulazione lessicale – prima facie
inclinava suggestivamente l’interprete a ritenere attuato una sorta di ripristino del
regime di obbligatorietà della recidiva come preesistente alla riforma del 1974 (d.l.
11.4.1974, n. 99, convertito dalla legge 7.6.1974, n. 220). Ed invero, si è al
riguardo stabilito che “È dunque compito del giudice, quando la contestazione
concerna una delle ipotesi contemplate dai primi quattro commi dell’art. 99 c.p. e
quindi anche nei casi di recidiva reiterata (rimane esclusa, come premesso, l’ipotesi
“obbligatoria” del quinto comma), quello di verificare in concreto se la reiterazione
dell’illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità, tenendo conto,
secondo quanto precisato dalla indicata giurisprudenza costituzionale e di
legittimità, della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della
qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza
temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell’eventuale occasionalità
della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante significativo della
personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato
riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali. 21. All’esito di tale verifica al
giudice è consentito negare la rilevanza aggravatrice della recidiva ed escludere la
circostanza, non irrogando il relativo aumento della sanzione: la recidiva opera
infatti nell’ordinamento quale circostanza aggravante (inerente alla persona del
colpevole: art. 70 c.p.), che come tale deve essere obbligatoriamente contestata
dal pubblico ministero in ossequio al principio del contraddittorio (Sez. Un.,
sentenza 27.5.1961, P.M. in proc. Papò, rv 98479; Sez. Un., 23.1.1971, Piano) ma
di cui è facoltativa (tranne l’eccezione espressa) l’applicazione, secondo l’unica
interpretazione compatibile con i principi costituzionali in materia di pena” (Cass.
Sez. U, Sentenza n. 35738 del 27/05/2010, dep. 05/10/2010, Rv. 247839).

Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cessazione il

Ciò chiarito, si osserva che la decisione impugnata risulta sorretta da
conferente apparato argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale,
anche per quanto concerne la dosimetria della pena. E’ appena il caso di
considerare che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione delle
attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti
punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte non solo ammette la c.d.
formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez. VI 4 agosto 1998 n.
9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni relative al giudizio di
comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in riferimento ai
criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in cassazione solo quando siano
frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. sez. III 16 giugno 2004 n.
26908, Rv. 229298). Del resto, nel caso di specie, la Corte di Appello, nel censire il
relativo motivo di doglianza, ha espressamente considerato che correttamente il
primo giudice non aveva escluso la contestata recidiva, tenuto conto del fatto che i
precedenti a carico del prevenuto apparivano significativi di maggiore pericolosità,
sia per la specificità, sia per la vicinanza temporale.
Del pari inammissibile risulta il ricorso proposto da Lo Assane.
Invero, la decisione impugnata risulta sorretta da conferente apparato
argomentativo, che soddisfa appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto
concerne la dosimetria della pena, con specifico riferimento alla posizione di Lo
Assane. Richiamagte le considerazioni sopra svolte, in ordine all’ambito del
contenuto motivazionale, con riferimento alla quantificazione del trattamento
sanzionatorio, si osserva che la Corte di Appello, del tutto legittimamente, ha
evidenziato che Lo non poteva beneficiare della massima riduzione di pena per
l’applicazione delle attenuanti generiche, in considerazione del comportamento
processuale del prevenuto, il quale aveva reso dichiarazioni confessorie
sostanzialmente necessitate dalle circostanze di fatto già accertate dagli inquirenti.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno della somma di Euro
1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 ciascuno in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 5 dicembre 2012.

motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n. 36382 n. 227142) o con

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