Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 664 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 664 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCHOPF ARTUR N. IL 16/04/1989
KIRCHER STEFANIA N. IL 21/04/1989
avverso la sentenza n. 141/2011 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
BOLZANO, del 17/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 13/11/2013

Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
a
.
Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 10 febbraio 2011 del Tribunale di Bolzano, sezione distaccata
di Merano, confermata dalla Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di

condannati alla pena ritenuta di giustizia in relazione al reato di violazione di
domicilio, per essere entrati nell’appartamento di Mares Andreas contro la sua
tacita volontà.
2. Propongono ricorso per cassazione entrambi gli imputati con unico atto
sottoscritto personalmente ed affidato a tre motivi.
2.1 Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione delle norme di cui al
d.p.r. 15 luglio 1988, n. 574 e conseguente nullità del verbale di elezione
domicilio, dell’avviso di chiusura delle indagini preliminari e del decreto di
citazione a giudizio, poiché in occasione del primo atto del procedimento non fu
sollecitata la dichiarazione di opzione della lingua processuale, formalità richiesta
a pena di nullità, puntualmente sollevata dalla difesa in sede di incombenti
preliminari all’udienza dibattimentale e diligentemente coltivata in appello, in
violazione dell’articolo 14 del citato d.p.r., secondo il quale gli ufficiali e agenti di
polizia giudiziaria devono chiedere alla persona destinataria dell’atto che formano
quale sia la sua lingua materna. Nel caso di specie il verbale di elezione domicilio
è avvenuto in Italiano, lingua conosciuta dagli imputati, ma i successivi atti sono
stati redatti in lingua tedesca, con conseguente nullità.
2.2 Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano erronea applicazione della
legge, con riferimento all’articolo 614 cod. pen., poiché secondo la deposizione
della persona offesa gli imputati furono sorpresi davanti alla propria casa, sul
pianerottolo dal quale si accede due appartamenti in cui è suddiviso l’immobile e
non all’interno, per cui doveva escludersi la rilevanza penale della condotta.
2.3 Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano manifesta illogicità della sentenza,
in relazione alla individuazione esatta dei luoghi in cui si è svolta l’azione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e pertanto va rigettato.
1.1 Con riferimento al primo motivo, correttamente il giudice di primo grado, con
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Bolzano, in data 30 novembre 2011, Schiipf Artur e Kircher Stefania erano

l’ordinanza del 22 aprile 2010, integralmente richiamata dalla decisione
impugnata, ha rigettato l’eccezione di nullità proposta per la violazione della
disciplina in materia di uso della lingua tedesca e della lingua ladina nei rapporti
dei cittadini con la pubblica amministrazione e nei procedimenti giudiziari
(Decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574).
Va rilevato in fatto che l’imputato Schopf, a dispetto del cognome, è di madre
lingua italiana, per cui la redazione del verbale di elezione di domicilio nella

dichiarazione del verbalizzante Binot Francesco, per il quale l’avviso in ordine alla
lingua fu sicuramente fatto, ma non trascritto nell’atto.
I ricorrenti deducono quale ragione di nullità il mancato interpello ad opera della
polizia giudiziaria, all’atto dell’elezione di domicilio, della lingua materna, nullità
che travolgerebbe tutti gli atti successivi; tuttavia, da quanto emerge dalla
decisione impugnata, l’omissione attiene piuttosto alla verbalizzazione.
1.2 Come affermato anche dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 10251
del 17/10/2006 – dep. 09/03/2007, Michaeler, Rv. 235697), il sistema di
garanzie delineato dalla normativa ricordata è predisposto al fine di consentire
all’imputato o all’indagato di esercitare pienamente il diritto di difesa, attraverso
la regola della piena “parificazione” della lingua tedesca alla lingua italiana e
dell’impiego per ciascun atto “della lingua usata” dall’interessato; tali precetti
sono praticamente tutti rivolte agli organi giudiziari, che devono seguire
determinate regole per garantire la tutela effettiva dei diritti di difesa anche
sotto il profilo linguistico (Sez. IV, n. 26119 del 16/05/2012, T., non
massimata); la normativa non detta però disposizioni in merito alle conseguenze
derivanti dalla mera inosservanza delle regole concernenti le modalità di
documentazione degli atti, che quindi devono desumersi dalla ordinaria disciplina
codicistica.
Ora è noto che l’art. 142 c.p.p. ricollega la nullità del verbale all’incertezza
assoluta sulle persone intervenute ed alla mancata sottoscrizione del pubblico
ufficiale che lo ha redatto; la giurisprudenza ha più volte affermato che, per il
principio di tassatività, non è consentito ravvisare la sanzione della nullità
quando non sia espressamente prevista. Pertanto, fermo restando che le nullità
derivanti dalle violazioni della disciplina sull’uso processuale della lingua negli
uffici giudiziari della provincia di Bolzano sono assolute ed insanabili, nonchè
rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del giudizio, poichè nessuna decisiva
lesione del diritto di difesa, rilevante ai sensi dell’art. 178 c.p.p., lett. c, può
essere ravvisato nelle irregolarità indicate nel motivo di ricorso, la censura è
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lingua italiana è sicuramente corretta; la sentenza di appello riporta la

stata correttamente disattesa.
1.3 Quanto alla redazione degli atti successivi (avviso ex art. 415 bis e decreto di
citazione a giudizio) in lingua tedesca, sulla base di un errata individuazione della
lingua “presunta” da parte dell’autorità giudiziaria procedente, correttamente la
sentenza impugnata ha osservato che, a seguito delle modifiche di disciplina
intervenute con il D.Igs. 13 giugno 2005, n. 124, l’art. 18 bis del D.Lgs. 574 del
1988, ha escluso espressamente (al comma 3) che comporti nullità l’errata

imputati avevano, a norma del comma 2 dell’art. 15, la facoltà di chiedere, entro
15 giorni dalla ricezione dell’atto, che il procedimento proseguisse nella lingua
italiana, ed a quel punto la redazione degli atti in lingua tedesca avrebbe
comportato nullità assoluta (art. 18 bis citato, comma 1), poiché le nullità
conseguono solo ed esclusivamente all’avvenuta scelta della lingua.
In mancanza di tale dichiarazione non si è determinata alcuna nullità.
2. Il secondo e terzo motivo, riguardanti erronea applicazione di legge e
manifesta illogicità della motivazione, in relazione al reato di violazione di
domicilio, sono inammissibili.
2.1 I ricorrenti assumono che gli imputati non si introdussero nell’appartamento
del Mair, ma si limitarono ad accedere al pianerottolo condominiale, come dalla
stessa persona offesa dichiarato, avendo trovato cancello e portone dell’edificio
aperti, con l’intenzione di chiedere agli abitanti dello stabile se avessero ferro
vecchio da vendere, per cui la loro presenza sul posto era assolutamente lecita.
Di qui la errata applicazione della legge penale ed il vizio di motivazione.
2.2 Sotto il primo profilo, il motivo è chiaramente versato in fatto, poiché
propone una ricostruzione dell’accaduto diversa da quella risultante dalle
decisioni di merito. In particolare dalla decisione di appello emerge che l’edificio
non è un condominio e che gli imputati, per entrare nell’abitazione, avevano
dovuto attraversare tre porte (una cancellata in ferro, una porta e poi la porta
dell’abitazione, chiusa, ma non a chiave), per cui non poteva esserci dubbio in
ordine all’introduzione nelle appartenenze di luoghi di privata dimora altrui.
2.3 Va ricordato in generale che la Corte di cassazione non deve stabilire se la
decisione di merito proponga la migliore possibile ricostruzione dei fatti, nè deve
condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa
giustificazione sia logica e compatibile con il senso comune. L’illogicità della
motivazione, come vizio denunciabile, dev’essere, inoltre, percepibile “ictu ocu/i”,
dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica
evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze. Dunque, non è possibile
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individuazione, ad opera dell’autorità procedente, della lingua “presunta”. Gli

per questa Corte procedere ad una ricostruzione alternativa dei fatti,
sovrapponendo a quella compiuta dai giudici di merito una diversa valutazione
del materiale istruttorio, se, come nel caso di specie, vi è congrua e logica
motivazione nel provvedimento.
2.4 I ricorrenti propongono una diversa ricostruzione dei fatti, sulla base di
quanto affermato dalla persona offesa e dunque, sotto il profilo motivazionale,
deducono in qualche modo un vizio di travisamento della prova, ma oltre a

della prova dichiarativa asseritamente travisata, per cui la censura, anche sotto
questo diverso profilo, va ritenuta inammissibile.
3. In conclusione i ricorsi vanno rigettati, con condanna di ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2013
Il consigliere estensore

Il Presidente

formulare la censura in maniera del tutto generica, non riportano il contenuto

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