Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6630 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6630 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino

nei confronti di:

D’URSO Lorenzo, nato a Solofra il 11 marzo 1968

avverso l’ordinanza n. 61/12 del Tribunale di Avellino del 10 luglio 2012;
letti gli atti di causa, l’ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Pietro GAETA il
quale ha concluso chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata, con rinvio
al Tribunale di Avellino;
sentito l’avv. Giovanni ARICO’, per D’URSO Lorenzo
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Data Udienza: 07/01/2014

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Avellino in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del 10
luglio 2012, annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal locale Gip in
data 16 giugno 2012 ed avente ad oggetto quattro villette unifamiliari site in agro
di Solofra, disponendone la restituzione all’istante D’Urso Lorenzo.
Nel detto provvedimento era precisato che il sequestro era stato adottato nel
corso di indagini connesse alla realizzazione dei citati immobili sulla base di un

lottizzazione, ritenuto necessario in quanto la zona in questione sarebbe stata
mancante delle necessarie opere di urbanizzazione; i predetti manufatti, peraltro,
sarebbero comunque illegittimi in quanto realizzati in parziale difformità con
quanto assentito col predetto permesso a costruire ed a distanza inferiore da quella
minima prevista dai confini .
Nel motivare l’accoglimento del gravame proposto avverso il sequestro, il
Tribunale osservava che per la modestia dell’intervento edilizio programmato e per
il grado di urbanizzazione già presente in zona, quale risultante sia da precedenti
accatastamenti che dalle infrastrutture presenti (strade, allacci idrici, elettrici e
fognari), sarebbe “quantomeno opinabile” la necessità di una preventiva
complessiva pianificazione, potendo ritenersi necessario il rilascio dei permessi per
la realizzazione di interventi diretti.
Né può ritenersi, aggiungeva il Tribunale, che, date le ridotte dimensioni degli
interventi programmati, abbia un qualche significato la assenza di interventi di
urbanizzazione secondaria (quali scuole, uffici, centri sociali, parchi etc.), non
essendo questi necessari.
Peraltro l’insediamento dista circa 1000 metri dal centro abitato, ove sono
presenti alcune di tali strutture.
Riguardo alla difformità rispetto al permesso assentito risulta documentata la
sanatoria, mentre per ciò che attiene al rispetto della distanza minima, la pubblica
accusa non ha contestato le risultante della perizia di parte da cui risulta rispettata
detta distanza.
Difettando, pertanto, il

fumus dei reati contestati, il sequestro andava

revocato.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
competente pubblico ministero.
Ricostruita minutamente la complessa vicenda nella quale si inquadrano le
indagini che hanno condotto alla adozione del provvedimento di sequestro, la
ricorrente Procura censura l’ordinanza del Tribunale del riesame sostenendo che con
essa si è andata a sindacare non tanto l’astratta sussumibilità del fatto contestato

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permesso a costruire illegittimo in quanto non preceduto da un piano di

in un ipotesi di reato, quanto la concreta sussistenza degli elementi indizianti
necessari per la adozione del provvedimento.
Ancora viene censurato il provvedimento in quanto, in violazione, di legge, il
giudicante avrebbe travalicato i limiti del suo sindacato incidentale, andando a
compiere valutazioni che saranno, invece, proprie della successiva cognizione di
merito.
Ancora, per il ricorrente, il provvedimento impugnato sarebbe viziato non

estremi del reato di lottizzazione abusiva, trattandosi di una zona ancora non
interessata da significativi interventi edilizi e priva della urbanizzazione primaria.
Riguardo alle altre violazioni edilizie il ricorrente rileva che, con riferimento
sanatoria intervenuta, non è chiaro quali opere essa concerna e, comunque, le
opere contestate non sarebbero comunque sanabili e, riguardo alla distanza dal
confine, inferiore a quella minima consentita pari a metri 5, osserva che siffatta
violazione sarebbe riscontrabile attraverso l’esame delle planimetrie allegate agli
atti, prodotte anche dall’indagato.
In data 28 dicembre 2013 è stata depositata da parte resistente una memoria
illustrativa nella quale si contesta l’ammissibilità del ricorso nella parte in cui esso è
volto a proporre una lettura alternativa delle risultanze istruttorie, in tal modo
censurandosi la motivazione del provvedimento impugnato ed la sua infondatezza
laddove esso deduce la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen., dovendosi ritenere,
diversamente da quanto affermato nell’atto di impugnazione, che il sindacato del
giudice del riesame possa estendersi anche alla valutazione della sussistenza in
concreto del

fumus commissi delicti

quale desumibile anche alle luce delle

allegazioni difensive degli indagati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato ed esso deve essere accolto con le conseguenti
statuizioni.
Quanto ai profili di ammissibilità dello stesso, deve preliminarmente
rilevarsi che, per giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema
(dopo Cass., Sez. Unite n. 25932 del 26.6.2008), il ricorso per cassazione contro
ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso
solo per violazione di legge ed in tale nozione si devono comprendere sia gli
errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali
da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del
tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza.
Nella specie il P.M. ricorrente eccepisce appunto non un vizio logico della
motivazione, bensì la presenza, fra l’altro, di veri e propri
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errores in iudicando

avendo riscontrato, almeno nei limiti della cognizione cautelare, la sussistenza degli

nonché la carenza dei requisiti di completezza nella effettuata valutazione
dell’attività di indagine espletata.
Passando quindi alla valutazione del merito del gravame va evidenziato che
la delibazione della vicenda in oggetto trova il suo presupposto nel fondamentale
principio della pianificazione urbanistica secondo il quale non sempre il piano
generale comunale può essere immediatamente attuato attraverso singoli
permessi di costruire, occorrendo in taluni casi l’ulteriore mediazione di uno

Da tale principio discende che – in mancanza di specifiche indicazioni
legislative o dello strumento pianificatorio generale – nelle zone di nuova
espansione o comunque in quelle edificabili scarsamente urbanizzate, per la
necessità di soluzioni urbanistiche unitarie e non disorganiche, il piano attuativo
(e tale è anche il piano di lottizzazione) si pone come condì do sine qua non per il
rilascio dei singoli permessi di costruire,
A tal riguardo osserva il giudicante che il provvedimento impugnato motiva
in ordine alla non necessarietà di una preventiva pianificazione edilizia,
strumentale all’eventuale rilascio dei successivi titoli abilitativi alla edificazione,
sulla base del dato che l’intervento programmato si caratterizzerebbe per essere
“modesto” e la zona interessata da esso sarebbe già “urbanizzata”, come
testimoniato sia dalle infrastrutture presenti nella zona sia da precedenti
accatasta menti.
Tali argomenti appaiono del tutto insufficienti a sostenere la decisione
assunta, sì da trasmodare nella violazione di legge per difetto di motivazione.
Invero la giurisprudenza della Corte ha più volte affermato che non è
configurabile la lottizzazione soltanto nell’ipotesi di costruzioni eseguite
all’interno di una zona già completamente dotata di opere di urbanizzazione,
sicché, per effetto della costruzione, non sorga la necessità di eseguirne altre,
mentre se aree di notevole estensione non comprese in un centro abitato, anche
se fornite di alcune opere di urbanizzazione, siano divise in lotti a scopo di
sfruttamento edilizio, la lottizzazione ricorre essendo facilmente prevedibile un
sensibile incremento degli abitanti nelle zone stesse. L’incompletezza delle opere
di urbanizzazione primaria e secondaria non permette di qualificare la zona
interessata come quartiere stabilizzato e completo e, pertanto, ai fini
dell’edificazione, è necessaria l’approvazione di un previo piano di lottizzazione
(Corte di cassazione, Sez. III penale, 22 gennaio 2003, n. 3074).
Si è, al riguardo, ulteriormente precisato che in materia edilizia, mentre il
reato di lottizzazione abusiva deve escludersi con riferimento a zone
completamente urbanizzate, lo stesso è configurabile sia con riferimento a zone
assolutamente inedificate, sia con riferimento a zone parzialmente urbanizzate in
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strumento attuativo.

cui (come appare avvenire nel caso che interessa, relativamente al quale lo
stesso provvedimento impugnato allude alla esistenza di uno iato spaziale fra la
zona in questione ed il centro abitato di circa un chilometro) sussista un’esigenza
di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle
opere d’urbanizzazione (Corte di cassazione, sezione III penale, 2 ottobre 2008,
n. 37472).
Né vale ad escludere, tanto più nella presente sede cautelare la astratta

valorizzata a torto dal Tribunale di Avellino che però non ne chiarisce né la
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portata né la adeguatezza immediata ~1, che la zona sia

servita da

talune strutture, posto che, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte, in
tema di reati edilizi ed urbanistici, la lottizzazione abusiva è configurabile, in
difetto di pianificazione attuativa, anche in quelle zone ove preesistono opere di
urbanizzazione proporzionalmente insufficienti, sia qualitativamente sia
quantitativamente, a soddisfare i bisogni abitativi dei residenti, presenti e futuri
(Corte di cassazione, Sez. III penale, 20 marzo 2008, n. 12426).
Ritenuta, pertanto, la necessità della preesistenza di un piano di
lottizzazione adeguatamente assentito, nessun rilievo ha il fatto che il D’Urso
fosse fornito di permesso a costruire ed avesse conseguito anche
un’autorizzazione in sanatoria, posto che risulta assai dubbia in questa fase
cautelare sia la legittimità di tale permesso sia la possibilità, in assenza di un
valido permesso, di potere conseguire, come dedotto nella motivazione del
provvedimento impugnato una sanatoria per le opere realizzate in difformità a
quanto apparentemente autorizzato.
L’ordinanza impugnata deve, in conclusione, essere annullata, con rinvio al
Tribunale di Avellino, in diversa composizione, perché riesamini la fattispecie
concreta, facendo applicazione dei principi sopra riferiti.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Avellino
Così deciso in Roma, il 7 gennaio 2014
Il Consigliere estensore

Il Presidente

sussumibilità del fatto contestato nel paradigma penale la circostanza,

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