Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6629 del 07/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6629 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: GENTILI ANDREA

SENTENZA

DEFOS1TATA IN CANCELLERIA

sul ricorso proposto da:

i ? F72, 29,14
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Avellino

nei confronti di:

GIANNATTASIO Soccorso, nato a Napoli il 20 maggio 1937;
GIANNATTASIO Consolato, nato a Avellino il 19 luglio 1941;
CUCCINIELLO Anna, nata a Avellino il 3 aprile 1950;
TROISI Maria, nata a Solofra il 24 gennaio 1938;

avverso l’ordinanza n. 63/12 del Tribunale di Avellino del 10 luglio 2012;
letti gli atti di causa, l’ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Pietro GAETA il
quale ha concluso chiedendo l’annullamento della ordinanza impugnata, con rinvio
al Tribunale di Avellino;
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Data Udienza: 07/01/2014

RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Avellino, in funzione di giudice del riesame, con ordinanza del
10 luglio 2012, annullava il decreto di sequestro preventivo emesso dal locale Gip in
data 16 giugno 2012 ed avente ad oggetto due fabbricati per civile abitazione siti in
agro di Solofra, disponendone la restituzione agli aventi diritto.
Nel detto provvedimento era precisato che il sequestro era stato adottato nel
corso di indagini connesse alla realizzazione dei citati immobili sulla base di un

lottizzazione, ritenuto necessario in quanto la zona in questione sarebbe stata
mancante delle necessarie opere di urbanizzazione; i predetti manufatti, peraltro,
sarebbero comunque illegittimi in quanto realizzati in assenza della autorizzazione
paesaggistica, necessaria in quanto insistenti su area boschiva ubicata nella zona di
rispetto compresa nella fascia che corre lungo l’alveo del torrente Solofrana.
Contestata è, infine, anche la violazione dell’art. 734 cod. pen., essendo stato
distrutto l’habitat di un sito protetto .
Nel motivare l’accoglimento del gravame proposto avverso il sequestro, il
Tribunale osservava che, essendo l’intervento programmato volto a sostituire un
fabbricato preesistente sarebbe “poco credibile” la necessità di una preventiva
complessiva pianificazione, in quanto ricadente in area priva di opere di
urbanizzazione.
Né l’affermazione, volta ad avvalorare tale giudizio, secondo la quale la zona
sarebbe non urbanizzata in quanto priva di parcheggi pubblici e verde attrezzato, è
univoca, potendo tali infrastrutture mancare proprio in ragione della competa
urbanizzazione della zona.
Quanto alla natura boschiva della zona il Tribunale ritiene che essa non possa
essere desunta semplicemente dalla consultazione delle carte catastali, essendo
necessaria una verifica in concreto, allo stato mancante; riguardo alla ubicazione
nella zona di rispetto che protegge l’alveo del torrente Solofrana, la pubblica accusa
non avrebbe prodotto documentazione a suffragio dell’affermazione del consulente
di parte.
Infine, riguardo alla violazione dell’art. 734 cod. pen., osserva il Tribunale che
è necessaria l’effettiva lesione del bene tutelato, allo stato non provata.
Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
competente pubblico ministero.
Ricostruita minutamente la complessa vicenda nella quale si inquadrano le
indagini che hanno condotto alla adozione del provvedimento di sequestro, la
ricorrente Procura censura l’ordinanza del Tribunale del riesame sostenendo che con
essa si è andata a sindacare non tanto l’astratta sussumibilità del fatto contestato

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permesso a costruire illegittimo in quanto non preceduto da un piano di

in un ipotesi di reato, quanto la concreta sussistenza degli elementi indizianti
necessari per la adozione del provvedimento.
Ancora viene censurato il provvedimento in quanto, in violazione, di legge, il
giudicante supererebbe i limiti del suo sindacato incidentale, andando a compiere
valutazioni che saranno, invece, proprie della successiva cognizione di merito.
Ancora, per il ricorrente, il provvedimento impugnato sarebbe viziato non
avendo riscontrato, almeno nei limiti della cognizione cautelare, la sussistenza degli

possibilità di costruire tramite intervento diretto presuppone la disponibilità di un
estensione di terreno pari ad almeno 3000 mq, laddove il lotto interessato dalle
opere in questione è inferiore a 1500 mq.
Riguardo alle altre violazioni il ricorrente rileva che, con riferimento
all’intervento in zona vincolata, agli atti vi sono elementi dai quali poter inferire con
la sicurezza necessaria nella attuale fase processuale che la zona si caratterizza
per essere boschiva e ubicata entro il limite di 150 m dal torrente Solofrana, e
come tale garantita dall’esistenza del vincolo paesaggistico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato ed esso deve essere accolto con le conseguenti
statuizioni.
Quanto ai profili di ammissibilità dello stesso, deve preliminarmente
rilevarsi che, per giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte Suprema
(dopo Cass., Sez. Unite n. 25932 del 26.6.2008), il ricorso per cassazione contro
ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo e probatorio è ammesso
solo per violazione di legge ed in tale nozione si devono comprendere sia gli
errores in iudicando o in procedendo sia quei vizi della motivazione così radicali
da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del
tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e
ragionevolezza.
Nella specie il P.M. ricorrente eccepisce appunto non un vizio logico della
motivazione, bensì la presenza, fra l’altro, di veri e propri errores in iudicando
nonché la carenza dei requisiti di completezza nella effettuata valutazione
dell’attività di indagine espletata.
Passando quindi alla valutazione del merito del gravame va evidenziato che
la delibazione della vicenda in oggetto trova il suo presupposto nel fondamentale
principio della pianificazione urbanistica secondo il quale non sempre il piano
generale comunale può essere immediatamente attuato attraverso singoli
permessi di costruire, occorrendo in taluni casi l’ulteriore mediazione di uno
strumento attuativo.

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estremi del reato di lottizzazione abusiva, trattandosi di una zona per la quale la

Da tale principio discende che – in mancanza di specifiche indicazioni
legislative o dello strumento pianificatorio generale – nelle zone di nuova
espansione o comunque in quelle edificabili scarsamente urbanizzate, per la
necessità di soluzioni urbanistiche unitarie e non disorganiche, il piano attuativo
(e tale è anche il piano di lottizzazione) si pone come condicio sine qua non per il
rilascio dei singoli permessi di costruire,
A tal riguardo osserva il giudicante che il provvedimento impugnato motiva

strumentale all’eventuale rilascio dei successivi titoli abilitativi alla edificazione,
sulla base del dato che l’intervento programmato si caratterizzerebbe per essere
volto alla sostituzione di un fabbricato preesistente da demolire; dato questo che
fa inferire al Tribunale giudicante la circostanza che gli immobili da realizzare
ricadono in area già fornita di opere di urbanizzazione.
Quanto alla mancanza di opere di urbanizzazione secondaria, quali
parcheggi e verde attrezzato, come dati sintomatici della insufficiente
urbanizzazione del sito in questione, il Tribunale dà di tali emergenze una lettura
che, oltre ad essere priva di qualsivoglia riscontro, appare talmente viziata dal
punto di vista da apparire, sotto il profilo motivazionale, come inesistente:
afferma, infatti, il Tribunale che tal mancanza potrebbe essere dovuta alla piena
saturazione urbanistica del luogo che, non avrebbe permesso l’impianto di tali
strumenti, peraltro necessari.
Tali argomenti appaiono del tutto insufficienti a sostenere la decisione
assunta, sì da trasmodare nella violazione di legge per difetto di motivazione.
Invero la giurisprudenza della Corte ha più volte affermato che non è
configurabile la lottizzazione soltanto nell’ipotesi di costruzioni eseguite
all’interno di una zona già completamente dotata di opere di urbanizzazione,
sicché, per effetto della costruzione, non sorga la necessità di eseguirne altre,
mentre se aree di notevole estensione non comprese in un centro abitato, anche
se fornite di alcune opere di urbanizzazione, siano divise in lotti a scopo di
sfruttamento edilizio, la lottizzazione ricorre essendo facilmente prevedibile un
sensibile incremento degli abitanti nelle zone stesse. L’incompletezza delle opere
di urbanizzazione primaria e secondaria non permette di qualificare la zona
interessata come quartiere stabilizzato e completo e, pertanto, ai fini
dell’edificazione, è necessaria l’approvazione di un previo piano di lottizzazione
(Corte di cassazione, Sez. III penale, 22 gennaio 2003, n. 3074).
Si è, al riguardo, ulteriormente precisato che in materia edilizia, mentre il
reato di lottizzazione abusiva deve escludersi con riferimento a zone
completamente urbanizzate, lo stesso è configurabile sia con riferimento a zone
assolutamente inedificate, sia con riferimento a zone parzialmente urbanizzate in
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in ordine alla non necessarietà di una preventiva pianificazione edilizia,

cui (come appare avvenire nel caso che interessa, relativamente al quale lo
stesso provvedimento impugnato allude alla esistenza di uno iato spaziale fra la
zona in questione ed il centro abitato di circa un chilometro) sussista un’esigenza
di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle
opere d’urbanizzazione (Corte di cassazione, sezione III penale, 2 ottobre 2008,
n. 37472).
Né vale ad escludere, tanto più nella presente sede cautelare, la astratta

zona possa essere pur servita da talune strutture, posto che, come chiarito dalla
giurisprudenza della Corte, in tema di reati edilizi ed urbanistici, la lottizzazione
abusiva è configurabile, in difetto di pianificazione attuativa, anche in quelle zone
ove preesistono opere di urbanizzazione proporzionalmente insufficienti, sia
qualitativamente sia quantitativamente, a soddisfare i bisogni abitativi dei
residenti, presenti e futuri (Corte di cassazione, Sez. III penale, 20 marzo 2008,
n. 12426).
Ritenuta, pertanto, la necessità della preesistenza di un piano di
lottizzazione adeguatamente assentito, nessun rilievo ha il fatto che gli indagati
fosse forniti di permesso a costruire posto che risulta assai dubbia in questa fase
cautelare la legittimità di tale permesso.
Quanto agli altri motivi di ricorso formulati dal Pm di Avellino, osserva la
Corte che, riguardo alla violazione dell’art. 142, lettera g), del dlgs n. 42 del
2004, a fronte di una documentazione pubblica da cui risulta la natura boschiva
della zona, e come tale, pertanto, tutelata, non vi è la necessità di svolgere
ulteriori accertamenti a dimostrazione di siffatta natura, tanto più in sede
cautelare; analogo ragionamento vale per la violazione della lettera g) della
medesima disposizione.
Infine riguardo alla violazione dell’art. 734 cod. pen. l’affermazione
contenuta nel provvedimento impugnato secondo la quale la zona interessata
non avrebbe particolare pregio naturalistico o paesaggistico, funzionale alla
dedotta insussistenza del

fumus

del reato in questione è palesemente

contraddetta dalla sussistenza dei predetti vincoli ai sensi del dlgs n. 42 del
2004.
L’ordinanza impugnata deve, in conclusione, essere annullata, con rinvio al
Tribunale di Avellino, in diversa composizione, perché riesamini la fattispecie
concreta, facendo applicazione dei principi sopra riferiti.
PQM
Annulla l’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Avellino
Così deciso in Roma, il 7 gennaio 2014
Il Consiglie e este sor

Il Presidente

sussumibilità del fatto contestato nel paradigma penale la circostanza che la

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