Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6622 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6622 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) SAVIANO ROSARIO N. IL 09/02/1983
avverso la sentenza n. 451/2010 GIP TRIBUNALE di LECCO, del
03/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/12/2012

Osserva
Ricorre per cessazione Saviano Rosario avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art.
444 c.p.p. in data 3.10.2011 dal GIP del Tribunale di Lecco che applicava al predetto
la pena concordata e condizionalmente sospesa di C 9.450,00 di ammenda di cui C
6.750,00 in sostituzione di giorni 27 di arresto oltre alla sospensione della patente di
guida per la durata di mesi otto, per il reato di cui all’art. 186 comma 2 lett. B),
comma 2 bis e comma 2 sexies C.d.S..
Deduce il vizio motivazionale in ordine alla durata della sospensione della patente di
in relazione alla ritenuta aggravante di cui al comma 2 bis dell’art. 186 C.d.S.,
contestando d’avere provocato un incidente stradale.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate e non
consentite nella presente sede.
Come affermato ripetutamente da questa Corte (dr. ex plurimis, Cass. pen. Sez.
Un., n. 10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione
della sentenza di applicazione concordata della pena va conformato alla particolare
natura della medesima e deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto,
ancorché succintamente, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi
richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica
del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la
congruità della pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove
la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non
debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129
c.p.p.).
Non può, invece, l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena,
rimettere in discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e
non può, in particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti
al merito nè recriminare sulla qualificazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle
circostanze o la congruità della pena a meno che si tratti di statuizioni palesemente
illegittime: evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro da escludere.
Peraltro la motivazione addotta, in rapporto alla peculiarità della sentenza
impugnata, s’appalesa del tutto congrua ed esaustiva in relazione a tutti i punti
oggetto di doglianza.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che
si ritiene equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non
ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.

2

guida, non contenuta nel minimo di legge. Si duole, altresì, della violazione di legge

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 5.12.2012

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