Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6617 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6617 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAIRO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SASSI ETTORE N. IL 14/09/1976
avverso l’ordinanza n. 119/2014 GIP TRIBUNALE di FORLI’, del
26/11/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO CAIRO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 24/11/2015

Sulle conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del dott. G. Romano, sostituto
procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso,
con requisitoria depositata il 10 aprile 2015, chiedendo annullamento con rinvio del
provvedimento impugnato.

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 26.11.2014 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale

26.11.2008, irrevocabile il 26.12.2008.
La decisione era stata assunta per effetto della sentenza della Corte costituzionale
n. 32 del 12 febbraio 2014, con cui era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale
della novella apportata con decreto L. 30 dicembre 2005, n. 272 (artt. 4-bis e 4vicies ter) convertito in L. n. 49 del 21 febbraio 2006 all’originario testo del D.P.R.
n. 309 del 1990, art. 73.
Il procedimento a

carico del Sassi era stato originariamente definito con

applicazione di pena ex art. 444 cod. proc. pen., per detenzione illecita di gr
1.298,3 e di gr. 141,84 di marijuana. La pena finale era stata inizialmente
concordata in quella di anni tre di reclusione ed euro 11.400 di multa.
Il giudice dell’esecuzione aveva provveduto, su richiesta dell’interessato, all’esito
della riserva assunta all’udienza camerale, con il parere negativo del P.M.
Aveva indi determinato la pena finale in quella di anni uno mesi nove giorni dieci
di reclusione ed euro 2800 di multa. La pena base era stata fissata in quella di anni
quattro di reclusione ed euro 6300 di multa (con unificazione dei reati capi A e B,
in unica fattispecie). Su detta pena era stata operata la riduzione per la concessione
delle circostanze attenuanti generiche, da ritenere prevalenti sulla contestata
recidiva, con determinazione della pena in quella di anni due mesi 8 di reclusione
ed euro 4200 di multa, ridotta per il rito abbreviato nella misura finale. Era stata
revocava la condanna al pagamento delle spese processuali.

2. Ricorre per cassazione Sassi Ettore, a mezzo del suo difensore di fiducia e
deduce inosservanza o erronea applicazione della legge penale.
Censura il quomodo nel calcolo della pena operato.
Osserva il ricorrente che la pena non era stata determinata in maniera simmetrica e
proporzionale, rispetto a quanto aveva fatto il giudice della cognizione. Erano state,
contrariamente, operate valutazioni nuove e di merito. Si sarebbe, di converso,
dovuto utilizzare un criterio strettamente proporzionale rispetto al giudizio già
eseguito in fase di cognizione. La soluzione prescelta non era, pertanto, corretta,

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di Forlì determinava in executivis la pena applicata a Sassi Ettore, con sentenza del

soprattutto, alla luce del tipo di rito che era stato prescelto originariamente
(patteggiamento sulla pena).
Il giudice della cognizione, ha affermato il ricorrente, non può effettuare un
sindacato sul fatto e sulla pena; deve limitarsi a verificare se l’accordo sia
conforme a legge e sia congruo in punto di sanzione. Nel caso di specie, al
contrario, la rideterminazione in sede esecutiva era stata caratterizzata da un
sindacato “maggiore” di quello che aveva operato il primo giudice. Non sarebbero
stati ammessi, nella prospettiva del ricorrente, né giudizi sulla congruità della pena,

ritenuto nella determinazione un aumento di pena già escluso dall’accordo genetico
tra le parti, che aveva ritenuto il reato unica fattispecie.
Si sarebbe dovuto, al contrario,

adottare un criterio aritmetico-proporzionale

come indicato nell’istanza del 24.10.2014 e la pena sarebbe stata quella di mesi 11
giorni 25 di reclusione ed euro 2.295,11 di multa.

OSSERVA IN DIRITTO
1.

Il ricorso è infondato e va respinto.

Questa Corte ha affrontato la questione della rideterminazione della pena illegale, in
fase esecutiva, per effetto della declaratoria di incostituzionalità a seguito della
sentenza costituzionale n. 32 del 2014. Tra i diversi nodi problematici è stato
scrutinato anche quello relativo al quomodo della determinazione sanzionatoria nei
procedimenti definiti ex art. 444 cod. proc. pen. La pena applicata a seguito di
patteggiamento deve essere rideterminata anche là dove formalmente rientri nella
cornice edittale, della norma “ripristinata” (S.U. 26-2-2015, Jazuli).
Sulle modalità di intervento in fase esecutiva, nonostante un primo indirizzo che
avesse sostenuto un criterio oggettivo di tipo matematico-proporzionale (Sez. 1, n.
51844 del 25/11/2014, Riva, rv. 261331; Sez. 1, n. 52980 del 18/11/2014,
Cassia), le S.U. di questa Corte hanno individuato l’alternativa che presuppone
l’accordo delle parti, con determinati limiti e condizioni. In assenza di norme
specifiche si è ritenuto che il modello di cui all’art. 188 disp. att. cod. proc. pen.
permetta di rivedere la pena, oggetto della sentenza di patteggiamento
irrevocabile, divenuta illegale a seguito della successiva dichiarazione di
incostituzionalità. Le parti possono sottoporre al giudice dell’esecuzione un nuovo
accordo sulla pena; in caso di mancato accordo, per dissenso del pubblico
ministero, l’art. 188 cit. prevede che il giudice dell’esecuzione possa comunque
accogliere la richiesta, qualora ritenga il dissenso ingiustificato; allo stesso modo,
se il pubblico ministero resta inerte, deve ritenersi che il giudice possa accogliere la
proposta del condannato, potendo valutarsi la sua inerzia come un implicito
dissenso. In caso di pena ritenuta incongrua, il giudice dell’esecuzione può
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né sulla gravità del fatto. L’ordinanza era, dunque, errata. Aveva tra l’altro

rideterminarla autonomamente, in quanto vi è l’obiettiva esigenza di eliminare una
pena divenuta illegale.
Nell’esercizio del potere di “riqualificazione sanzionatoria” deve escludersi che il
giudice dell’esecuzione possa operare in base al criterio matematico-proporzionale,
realizzando una sorta di automatismo nell’individuazione della sanzione nel
tentativo di replicare le medesime scelte operate nell’originario accordo intervenuto
tra le parti. Il giudice dovrà invece procedere alla rideterminazione della pena
utilizzando i criteri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., secondo i canoni

edittale. Sulla scorta di quanto premesso le S.U. di questa Corte hanno affermato i
seguenti principi di diritto:

“La pena applicata con la sentenza di patteggiamento

avente ad oggetto uno o più delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. 309 del 1990, relativi
alle droghe c. d. leggere, divenuta irrevocabile prima della sentenza n. 32 del 2014
della Corte costituzionale, può essere rideterminata in sede di esecuzione in quanto
pena illegale”; – “La rideterminazione avviene ad iniziativa della parti, con le
modalità di cui al procedimento previsto dall’art. 188 disp. att. cod. proc. pen.,
sottoponendo al giudice dell’esecuzione una nuova pena su cui è stato raggiunto
l’accordo”; – “In caso di mancato accordo o di pena concordata ritenuta non
congrua il giudice dell’esecuzione provvede autonomamente alla rideterminazione
della pena ai sensi degli artt. 132 e 133 cod. pen.” ( S. U. n. 37107 del 26-2-2015
Cc. (dep. 15/09/2015) rv. 264859, Marcon).

2. Nel caso di specie, dunque, la procedura seguita in rito, per determinare la
nuova sanzione può ritenersi sostanzialmente corretta ed in linea con il modello
tracciato dagli arresti giurisprudenziali sopra enucleati e più recenti di questa Corte.
Risulta, invero, che sulla richiesta di determinazione della pena avanzata
nell’interesse del Sassi sia stata fissata l’udienza in camera di consiglio. E’ stato,
pertanto, assicurato il contraddittorio ed è stato ascoltato il P.M.
Il mancato consenso della Parte Pubblica (da ritenere chiaramente espresso in
senso ostativo all’accordo) risultando il suo parere negativo, ha, pertanto, chiuso
la fase iniziale della procedura di rinegoziazione inducendo, in definitiva, il
fallimento di una nuova ipotesi di concordato sulla pena in sede esecutiva.
A fronte di risultato siffatto è stata correttamente determinata in via officiosa la
sanzione.
Il giudice ha espresso un giudizio di non congruità sulla pena proposta, ha
considerato non corretto il criterio di calcolo aritmetico-proporzionale ed ha
determinato ex officio la sanzione, conforme alla nuova cornice edittale.

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dell’adeguatezza e della proporzionalità che tengano conto della nuova cornice

I particolari enucleati, a fronte d’una pena espressamente proposta dal Sassi,
inducono la conclusione che in via sostanziale si sia svolto un tentativo di nuovo
accordo e che esso sia appunto fallito, non avendo le parti trovato convergenza.
Presupposto siffatto ha legittimato il giudice dell’esecuzione all’esercizio dei poteri
officiosi, che si sono, appunto, concretizzati nella rinnovazione del giudizio di
proporzione tra cornice edittale ripristinata e lesività concreta del fatto, secondo i
parametri indicati dall’art 133 cod. pen..

infondate.
Il giudice dell’esecuzione ha correttamente svolto il giudizio di

rivalutazione

sanzionatoria, ed ha dato conto, con motivazione logica e coerente, delle ragioni
che hanno orientato la discrezionalità nella dosimetria della pena.
Si sono indicati i criteri seguiti nella fissazione della pena base e la valutazione
della lesività è stata rinnovata con un giudizio di “merito” in sede esecutiva, che ha
posto come suo referente di commisurazione la nuova cornice edittale.
In particolare, la pena detentiva base è stata determinata operando una riduzione
sensibile rispetto alla sanzione inizialmente fissata (che aveva avuto, ovviamente,
come termine di confronto il quadro normativo pregresso).
Nella stessa direttrice si è operato per la pena della multa.
Il giudice dell’esecuzione ha spiegato le ragioni che hanno indotto a partire dalla
nuova pena base di anni quattro di reclusione ed euro 6300 di multa, A. fro n te di
una pena iniziale di anni sei mesi nove di reclusione ed euro 26.000 di multa.
Soprattutto, risultano chiaramente esplicitate, nella selezione dei parametri rilevanti
ex art 133 cod. pen., le ragioni poste a base del giudizio di nuova valutazione
sanzionatoria. In questo tracciato, oltre la gravità del fatto ed il quantitativo di
sostanza, costituisce oggetto di specifica ponderazione il dato inferito dal
collegamento tra il Sassi ed i soggetti, per conto dei quali era detenuto lo
stupefacente. Ancora, risulta rispettato il giudizio di bilanciamento in termini di
prevalenza, già operato tra le riconosciute circostanze attenuanti generiche e la
contestata recidiva.
Il giudizio complessivo è, pertanto, immune da vizi logici e giuridici e non è
censurabile in questa sede.
Deriva da quanto premesso che la valutazione sui criteri di cui all’alt 133 cod. pen.
è stata correttamente sviluppata.
Contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, è oramai dato pacificamente
acquisito che nella determinazione della pena non possano seguirsi criteri di pura
imputazione matematico-proporzionale.

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2.1 Alla luce di quanto premesso le doglianze avanzate dal ricorrente sono

Quanto al tema di doglianza afferente la pretesa continuazione tra i reati ascritti
deve annotarsi che, in primo luogo, non risulta operato alcun aumento di pena per
il presente profilo, con la conseguenza che non v’è violazione del fatto accertato in
sede di cognizione. Piuttosto, in sede di esecuzione il provvedimento impugnato si
limita a rispettare la valutazione già coperta da intangibilità ed operata dal giudice
di merito. In quella sede era stata, invero, determinata la pena base per le
violazioni di cui ai capi A e B (da considerarsi unificate tra loro).
Valutazione siffatta d’unificazione sanzionatoria è riproposta anche nel

afflizione a carico del ricorrente.
Alla luce di quanto premesso il ricorso va respinto. Segue la condanna al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
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A scioglimento della riserva

adottata il 24/11/2015 rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
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Così deciso in Roma, il 24-26 Gliattne 2015
Il Consigliere estensore

Il Presidente

provvedimento impugnato, senza alterazioni o modifiche in peius o di maggiore

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