Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6615 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6615 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) BORAKAJ RIGENTE N. IL 14/06/1987
2) PAPUSHALLAJ ALBERT N. IL 04/06/1985
avverso la sentenza n. 1161/2011 GIP TRIBUNALE di CHIA VARI, del
20/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 05/12/2012

•,

Motivi della decisione
Borakaj Rigente ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del
G.i.p. del Tribunale di Chiavari in data 20 luglio 2011 con la quale ai sensi dell’art.
444 cod. proc. pen. è stata applicata la pena concordata dalle parti, in relazione al
reato ex art. 73, d.P.R. n. 309/1990. La parte deduce il vizio motivazionale
assumendo che il giudicante abbia omesso di verificare l’eventuale sussistenza dei
presupposti legittimanti una pronuncia liberatoria ai sensi dell’art. 129 cod. proc.
Avverso la richiamata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
coimputato Papushallaj Albert deducendo il vizio motivazionale, in riferimento alla
entità della pena.
I ricorsi, che si esaminano congiuntamente, sono inammissibili.
Come noto, questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il principio
che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla
particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle
linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale
con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle
ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da
una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. un 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. Un. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena – questione specificamente dedotta dal ricorrente Papushallaj – e la sua
sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle
enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben essere
sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia compiuto le
pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta
motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal
momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia
del giudicabile.

pen.

D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. Occorre, peraltro, considerare che, nel caso di specie, il
giudice ha rilevato che non ricorrevano gli estremi per una pronuncia di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., richiamando il contenuto della
espressamente evidenziato la congruità della pena richiesta dalle parti.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti
al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento ciascuno della
somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti singolarmente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di C 1.500,00 ciascuno in
favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 5 dicembre 2012.

comunicazione della notizia di reato ed i relativi allegati. Il giudicante ha, inoltre,

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