Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6611 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6611 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) DI LUCA STEFANO N. IL 29/09/1977
avverso la sentenza n. 3164/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 02/05/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 05/12/2012

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Osserva
Ricorre per cessazione il difensore di fiducia di Di Luca Stefano avverso la sentenza in
data 2.5.2011 della Corte di Appello di L’Aquila che, in parziale riforma di quella in data
3.4.2006 del Tribunale di Teramo, con cui il predetto, all’esito del giudizio abbreviato, era
stato condannato alla pena di giustizia per tre delitti di cui all’art. 73, con l’attenuante di
cui al comma V, dPR 309/1990, revocava il beneficio concesso all’imputato con altra
sentenza, confermando nel resto quella impugnata.
Deduce il vizio motivazionale in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze

Il ricorso è inammissibile essendo la censura mossa manifestamente infondata ed
aspecifica.
E’ palese la sostanziale aspecificità della censura che ha riproposto in questa sede la
medesima doglianza rappresentata dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice
disattese, con motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cessazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo,
invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma
anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione
impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare
le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a
mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000,
n. 5191 Rv. 216473 e successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv.
240109).
Inoltre, va rammentato che in tema di valutazione dei vari elementi per la concessione
delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di comparazione e per quanto
riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del sindacato di legittimità su detti punti, la
giurisprudenza di questa Corte non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. pen.
Sez. VI 22.9.2003 n. 36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua”
v. Cass. pen. Sez. VI 4.8.1998 n. 9120 rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti, effettuato in
riferimento ai criteri di cui all’art. 133 c.p., sono censurabili in cessazione solo quando
siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass. pen. Sez. III 16.6. 2004 n.
26908 rv. 229298); e certamente, nel caso di specie, non può sostenersi che il diniego
delle attenuanti generiche sia frutto di arbitrio attesa l’esaustiva motivazione addotta dal
Giudice a quo sul punto.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna deiricorrentt al pagamento delle
spese processuali Osiassene, al versamento in favore della Cassa delle ammende di una

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attenuanti generiche.

somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 5.12.2012

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