Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6610 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6610 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASSANO MARGHERITA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALESSI ALESSANDRO N. IL 22/09/1975
avverso l’ordinanza n. 727/2015 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
17/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. P•
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Data Udienza: 10/11/2015

Ritenuto in fatto.

1.11 17 giugno 2015 il Tribunale di Palermo, costituito ai sensi dell’art. 309
c.p.p., in parziale accoglimento della richiesta di riesame proposta nell’interesse di

nella parte in cui aveva ritenuto sussistente, in relazione ai delitti di cui ai capi il),
e jl) della provvisoria imputazione, la circostanza aggravante di cui all’art. 7 1. n.
152 del 1991. Confermava nel resto il provvedimento impugnato in ordine ai reati
previsti dagli artt. 416 bis c.p., 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990, 12-quinquies d.l. n.
306 del 1992.
2.11 Tribunale riteneva sussistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti
contestati sulla base dei seguenti elementi: a) contenuto delle intercettazioni
ambientali svolte all’interno della tabaccheria di Giuseppe Bellino; b) servizi di
osservazione e pedinamento; c) sentenza del gup del Tribunale di Palermo del 30
gennaio 2013, emessa nell’ambito della c.d. operazione “Hybris” e acquisita ai
sensi dell’art. 238 c.p.p.; d) servizi di osservazione e pedinamento; e) dichiarazioni
rese da Vito Galatolo, Francesco Chiarello, Salvatore Sollima.
Dal complesso di questi elementi, ad avviso del Tribunale, emergeva che il
mandamento di Pagliarelli, decimato dagli arresti operati nell’ambito di un
precedente processo, era stato costretto a riorganizzarsi e che, nell’ambito di tale
assetto, al vertice della “famiglia” di corso Calatafimi, era subentrato Alessi
Alessandro, a capo di quella di Pagliarelli Perrone era stato posto Giuseppe
Massimiliano, al vertice della “famiglia” di Villaggio Santa Rosalia era subentrato
Giudice Vincenzo. Il provvedimento impugnato osservava, inoltre, che le decisioni
più importanti del mandamento venivano prese di comune accordo dai tre “capifamiglia”, preposti, con mansioni diverse, al controllo del territorio e alla gestione
di tutte le attività illecite, e coadiuvati, ognuno nella zona di competenza, da una
serie di affiliati.
Con la reggenza del trio “Alessi-Perrone-Giudice” lo spaccio delle sostanze
stupefacenti diventava la fonte primaria di approvvigionamento del mandamento e
ciò grazie alla creazione di una rete capillare di vendita sul territorio e alla

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Alessandro Alessi, annullava l’ordinanza emessa il 21 maggio 2015 esclusivamente

tempistica connessa al recupero degli incassi della settimana, al pagamento dello
stupefacente e alla ricezione delle sostanze stupefacenti.
I giudici argomentavano, altresì, che Alessi, destinatario di provvedimenti
applicativi della sorveglianza speciale e della confisca, aveva provveduto a
trasferire la titolarità formale delle agenzie di scommesse a prestanome, ma di fatto
continuava a gestire le suddette attività.

lett. c) c.p.p., tenuto conto della qualità e natura dei reati commessi, del ruolo
apicale svolto dal ricorrente, dell’articolazione del disegno criminoso, espressivo di
una particolare intensità del dolo.
3.Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il
difensore di fiducia, Alessi, il quale, anche mediante motivi nuovi, formula le
seguenti censure.
Lamenta mancanza della motivazione, atteso che l’ordinanza impugnata
ripropone pedissequamente gli elementi valorizzati dal gip, omettendo di
considerare i rilievi svolti dalla difesa.
Deduce violazione di legge e inosservanza dei canoni di valutazione probatoria
con riferimento agli elementi posti a base del quadro di gravità indiziaria in ordine
ai delitti di cui agli artt. 416 bis c.p. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990, tenuto conto:
a)dell’assenza di elementi obiettivi comprovanti l’esistenza dell’associazione
mafiosa e dell’associazione dedita a traffici di droga, un qualsiasi apporto fornito
alle stesse dal ricorrente; b) della natura criptica dei colloqui intercettati in cui non
è mai certa l’identificazione dell’interlocutore e non viene in alcun modo delineato
l’asserito ruolo apicale di Alessi; c) della mancanza di elementi di riscontro al
contenuto delle conversazioni; d) della natura generica delle propalazioni dei
collaboratori di giustizia Chiarello e Sollima; e) dell’intervenuta assoluzione di
Alessi dal delitto di associazione mafiosa in altro processo.
Denuncia violazione di legge e vizio della motivazione in relazione al ritenuto
quadro di gravità indiziaria circa il delitto di cui all’art. 12-quinquies d.l. n. 306 del
1992, riguardante beni oggetto di dissequestro nell’ambito delle procedure di
prevenzione.
Lamenta, infine, violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo alla
ritenuta configurabilità delle esigenze cautelari e all’assenza di elementi atti a
vincere la presunzione legislativa di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p.

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Le esigenze cautelari venivano ritenute sussistenti sotto il profilo dell’art. 274,

Osserva in diritto.
Il ricorso non è fondato.
LI primi tre motivi di doglianza non meritano accoglimento.
Il Tribunale ha attentamente analizzato, con motivazione esauriente ed immune

degli indizi di colpevolezza in ordine ai delitti contestati al ricorrente dal contenuto
delle intercettazioni ambientali, dai servizi di osservazione e pedinamento, dalle
dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia.
Sulla base di questi dati investigativi, con argomentazione logicamente
sviluppata, hanno ricostruito il contributo volontariamente e consapevolmente
fornito da Alessi, grazie al suo ruolo direttivo della “famiglia” mafiosa di Corso
Calatafimi alla vita dell’associazione, coordinando costantemente le attività illecite
degli altri affiliati, in particolare nel settore degli stupefacenti, occupandosi dei
diversi profili del sodalizio mafioso, del sostentamento degli associati detenuti e
dei loro familiari, intrattenendo rapporti con gli esponenti mafiosi di altri
mandamenti, nell’ambito di una strategia di ampio respiro finalizzata a suddividere
gli ambiti territoriali di rispettiva competenza nella gestione degli illeciti, in vista
del controllo capillare delle varie attività e del rafforzamento, mediante il ricorso
alla metodologia mafiosa, dell’organizzazione e del suo potere economico.
Il Tribunale ha, altresì, messo in luce, con motivazione immune da vizi logici e
giuridici, il determinante apporto fornito da Alessi alla vita dell’associazione dedita
a traffici di droga e alla commissione dei singoli delitti fine, mediante la stabile
strutturazione della rete di vendita della droga, delle fonti di approvvigionamento,
del sistema di riscossione dei proventi dell’attività di spaccio.
Da ultimo, con specifico riguardo al delitto di cui all’art. 12-quinques I. n. 306
del 1992, i giudici hanno analiticamente riportato il contenuto delle informative di
polizia giudiziaria, evidenzianti la intestazione rispettivamente a Massimiliano
lemma e a Brancatelli Teresa delle agenzie di scommesse nella effettiva
disponibilità del ricorrente al fine di sottrarle a provvedimenti ablativi reali.
Con specifico riguardo alla configurabilità della contestata aggravante di cui
all’art. 7 1. n. 203 del 1991 hanno, poi, argomentato, con discorso giustificativo
esente da vizi logici e giuridici, che la commissione dei delitti in materia di
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da vizi logici e giuridici, le risultanze probatorie disponibili e ha desunto la gravità

stupefacenti e di intestazione fittizia dei beni era funzionale ad agevolare l’attività
del mandamento mafioso di Pagliarelli mediante il rafforzamento del suo potere
economico.
Orbene, lo sviluppo argomentativo della motivazione è fondato su una coerente
analisi critica degli elementi indizianti e sulla loro coordinazione in un organico
quadro interpretativo, alla luce del quale appare dotata di adeguata plausibilità

che questi sono stati reputati conducenti, con un elevato grado di probabilità,
rispetto al tema di indagine concernente la responsabilità di Alessi Alessandro in
ordine ai delitti associativi (artt. 416 bis c.p. e 74 d.P.R. n. 309 del 1990) a lui
contestati – che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ben possono
concorrere, attesa la diversità dei loro elementi costitutivi — nonché in ordine ai
delitti previsti dagli artt. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e 12 quinquies 1. n. 356 del
1992, aggravati ex art. 7 1. n. 203 del 1991
Di talché, considerato che la valutazione compiuta dal Tribunale verte sul grado
di inferenza degli indizi e, quindi, sull’attitudine più o meno dimostrativa degli
stessi in termini di qualificata probabilità di colpevolezza anche se non di certezza,
deve porsi in risalto che la motivazione dell’ordinanza impugnata supera il vaglio di
legittimità demandato a questa Corte, il cui sindacato non può non arrestarsi alla
verifica del rispetto delle regole della logica e della conformità ai canoni legali che
presiedono all’apprezzamento dei gravi indizi di colpevolezza, prescritti dall’art.
273 c.p.p. per l’emissione dei provvedimenti restrittivi della libertà personale, senza
poter attingere l’intrinseca consistenza delle valutazioni riservate al giudice di
merito.
Non possono, per il resto, trovare ingresso in questa sede gli ulteriori rilievi
difensivi, volti a prospettare una lettura alternativa delle risultanze processuali, non
consentita in presenza di una motivazione, come quella in esame, sorretta da solida
argomentazione e da una puntuale analisi di tutte le emergenze investigative
acquisite. Del pari privi di pregio appaiono i riferimenti all’esito di altri processi
celebrati per il delitto di associazione mafiosa nei confronti del ricorrente, attesa la
specificità di ognuno di essi, nonché agli epiloghi decisori delle procedure di
prevenzione, connotate da una loro autonomia rispetto al procedimento penale.
2. Anche l’ultimo motivo di ricorso non è meritevole di accoglimento.

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logica e giuridica l’attribuzione a detti elementi del requisito della gravità, nel senso

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332
‘3oma, n

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Il Tribunale, nel richiamare la gravità dei delitti posti in essere, le loro concrete
modalità di consumazione, l’articolazione del disegno criminoso, l’intensità del
dolo sotteso alle condotte illecite, ha correttamente sottolineato la mancata
acquisizione di elementi idonei a vincere la presunzione posta dall’art. 275, comma
3, c.p.p. e ha spiegato le ragioni per le quali unica misura proporzionata ed adeguata
a contenere l’elevata pericolosità sociale dimostrata da Alessi sia quella della

3.In conclusione, risultando infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso
deve essere rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese
processuali.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94, comma
1 ter, disp. att. c.p.p.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al
Direttore dell’istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p.
Così deciso in Roma, il 10 novembre 2015.

custodia cautelare in carcere.

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