Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6610 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6610 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SUVAC PETRU CIPRIAN N. IL 27/05/1948
avverso la sentenza n. 3412/2012 GIP TRIBUNALE di MESSINA, del
10/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA;
lette/seatite le conclusioni del PG Dott. (- ■ *00,..e-e-4-2,’r».0
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 03/12/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

Ricorre per cassazione Suvac Petru Ciprian avverso la sentenza di applicazione pena
pronunciata, ai sensi dell’art. 447 c.p.p., dal Gip presso il tribunale di Messina in data
10.4.2013 lamentando la mancata traduzione all’udienza indicata e la mancata valutazione dei
presupposti per l’applicazione dell’articolo 129 codice di procedura penale .

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

parti avviene con procedimento in camera di consiglio, a norma degli artt. 447 comma secondo
e 127 cod. proc. pen.. l’imputato detenuto, che ha presentato la richiesta tramite il proprio
difensore munito di mandato speciale, se è detenuto e se non ha avanzato espressa richiesta
di essere sentito, non deve essere tradotto in camera di consiglio, ne’ – qualora sia detenuto in
luogo posto fuori dalla circoscrizione del giudice – dev’essere ascoltato dal magistrato di
sorveglianza del luogo. ( Cassazione Sentenze n. 2606 del 21/08/1990 Rv. 185225;
n. 591 del 04/11/1992 Rv. 193461)
Nel caso in esame risulta dagli atti che il ricorrente non ha avanzato alcuna richiesta e che il
patteggiamento è stato richiesto dal procuratore speciale, all’uopo designato.
La mancata traduzione dell’imputato, nel caso sopra specificato, non è – dunque – causa di
nullità della sentenza.
Il secondo motivo di ricorso è generico e comunque manifestamente infondato, atteso che il
giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato al contenuto nell’accordo
tra le parti e dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 c.p.p. facendo
riferimento alle “fonti di prova”. Siffatta motivazione, avuto riguardo alla speciale natura
dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza
di legittimità. L’accordo intervenuto tra le parti infatti esonera l’accusa dall’onere della prova e
comporta che la sentenza che recepisce l’accordo fra le parti sia da considerare
sufficientemente motivata con una succinta descrizione del fatto (deducibile dal capo
d’imputazione), con l’affermazione della correttezza della qualificazione giuridica di esso, con il
richiamo all’art. 129 c.pp.. per escludere la ricorrenza di alcuna delle ipotesi ivi previste, con la
verifica della congruità della pena patteggiata ai fini e nei limiti di cui all’art. 27 Cost. (Cass.
Sez. un. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un. 25
novembre 1998, Messina; sez.IV 13 luglio 2006 n.34494, Koumya)..
Il ricorso è pertanto inammissibile e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1500,00 da versare alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

I

Questa Corte ha avuto modo di affermare che quando l’applicazione di pena su richiesta delle

Dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1500,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deliberato in Roma il 3.12.2013

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