Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6608 del 10/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6608 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SCHINOCCA PATRICK N. IL 19/01/1993
avverso l’ordinanza n. 205/2015 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 16/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
4(44e/sentite le conclusioni del PG Dott. F ft, p, hj, ig ca r.‘Ajka pte, vie 0,0
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Udit i difensor Avv.tA h

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Data Udienza: 10/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 16.07.2015 il Tribunale di Caltanissetta, costituito ai
sensi dell’art. 309 cod.proc.pen., ha confermato l’ordinanza applicativa della
misura cautelare della custodia in carcere emessa il 26.06.2015 dal giudice per
le indagini preliminari in sede nei confronti di Schinocca Patrick, gravemente
indiziato dei reati di partecipazione ad associazione mafiosa (con l’aggravante di
cui al quarto comma dell’art. 416 bis cod. pen.), nonché di estorsione aggravata
ex art. 7 legge n. 203 del 1991 e di violazione della disciplina delle armi, ascritti

Il Tribunale ricostruiva la gravità del quadro indiziario in ordine all’esistenza di un
sodalizio mafioso operante nel territorio di Troina, dedito alle estorsioni e al
controllo delle slot machine, legato alla famiglia mafiosa Santapaola di Catania e
capeggiato da Schinocca Davide, padre dell’indagato; le indagini avevano tratto
origine dalla segnalazione effettuata dal sindaco di Troina, cui avevano fatto
seguito le dichiarazioni di soggetti estorti, tra i quali Plumari Carmelo e
Calabrese Luigi, nonché i riscontri apportati dalle attività di captazione telefonica
e ambientale; il ruolo dell’indagato che era emerso dalle indagini era quello di
coadiuvare il padre nelle attività illecite, in particolare riscuotendo materialmente
i proventi del racket delle slot machine.
In particolare, il sindaco del comune di Troina aveva riferito le pressioni subite
ad opera degli Schinocca in occasione di una manifestazione sportiva organizzata
dal comune, finalizzate a imporre la scelta di un maneggio ad essi riconducibile;
e aveva raccontato l’imposizione da parte di Schinocca Davide dell’installazione
di slot machine “truccate” negli esercizi commerciali della zona, di cui riscuoteva
parte dei proventi; Calabrese Luigi aveva riferito a sua volta l’episodio relativo al
furto da lui subito di due puledre, una delle quali egli aveva successivamente
riconosciuto nel fondo di Intili Stefano (coindagato del reato di cui all’art. 416 bis
cod. pen.), chiedendo l’intervento di Schinocca Davide per recuperare l’animale;
lo Schinocca aveva intimato al Calabrese di non riprendersi la puledra (secondo
una circostanza che aveva trovato conferma nella captazione delle conversazioni
intercorse lo stesso giorno tra i due soggetti e tra l’Intili e Schinocca Patrick, da
cui emergeva che quest’ultimo era stato contattato dal padre, ricevendo
l’istruzione di indicare tale Guastella come venditore dell’animale all’Intili); il
Calabrese era stato quindi aggredito e picchiato dal gruppo composto dagli
Schinocca, padre e figlio (ciò di cui Patrick si era vantato in una telefonata con la
fidanzata), dall’Intili e da Sotera Domenico; l’ordinanza valorizzava inoltre
l’intervento dei due Schinocca in favore dell’Intili in occasione di un furto di
bestiame da questi patito, attivandosi per il recupero degli animali anche tramite
esponenti della mafia catanese, come Corallo Nicolò Andrea, contattato mediante,
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ai capi A, E, F, G e M dell’incolpazione provvisoria.

l’intermediazione di Puglisi Concetto.
Quanto ai reati in materia di armi, il Tribunale dava atto del ritrovamento di due
pistole cal. 7,65 (di cui una con la matricola abrasa), di una pistola scacciacani e
di 44 cartucce, sulla base delle indicazioni tratte da una conversazione
intercettata a bordo dell’autovettura sulla quale si trovavano l’indagato, l’Intili e
La Ferrera Santo avente per oggetto il trasporto e l’occultamento delle armi
stesse, facente riferimento a particolari (come le difficoltà di scarrellamento di
una delle pistole) che erano stati effettivamente riscontrati sulle armi

che gli stessi ritenevano di aver subito (sconoscendone l’avvenuta apprensione
da parte degli inquirenti), confermavano l’appartenenza delle pistole al sodalizio.
Quanto all’estorsione subita e denunciata da Baudo Antonio, titolare di una ditta
di vendita di uova, al quale gli Schinocca avevano imposto di non vendere il
proprio prodotto a Troina, al fine di garantire il monopolio della fornitura al loro
sodale Amendolia Maurizio, l’ordinanza valorizzava le dichiarazioni della persona
offesa sulle intimidazioni ripetutamente subite anche da parte dell’indagato, i
contenuti delle conversazioni intercettate tra gli Schinocca e l’Amendolia, nonché
le risultanze del servizio di p.g. che avevano direttamente riscontrato l’attività
intimidatoria posta in atto in danno del Baudo da Schinocca Davide 1’8.05.2015.
2. Ricorre per cassazione Schinocca Patrick, a mezzo del difensore, deducendo
due motivi di gravame.
2.1. Col primo motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione dell’ordinanza
impugnata, nonché violazione di legge in relazione agli artt. 416 bis cod. pen.,
192, 273 e 274 del codice di rito; deduce la carenza dell’apparato argomentativo
dell’ordinanza gravata, che si era limitata a riportare per relationem ampi stralci
dell’ordinanza genetica, disattendendo con motivazione stereotipa le doglianze
della difesa e le macroscopiche contraddizioni esistenti nelle dichiarazioni delle
persone offese, ed esaltando il contenuto delle dichiarazioni meramente de relato
del sindaco di Troina; deduce l’irrilevanza di semplici legami di parentela,
amicizia o frequentazione con esponenti di un’associazione mafiosa a integrare la
prova indiziaria della relativa condotta partecipativa; rileva che il mancato
consolidamento del sodalizio ne vanificava l’ipotizzata sussistenza, e censura il
richiamo al coinvolgimento nei reati-fine per argomentare l’intraneità del
ricorrente al clan mafioso; evidenzia che il GIP del Tribunale di Catania aveva
ritenuto insussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico di Puglisi Concetto,
così smentendo l’esistenza di legami dei soggetti indagati a Troina col clan
Santapaola di Catania.
Il ricorrente contesta la valenza indiziaria attribuita all’episodio relativo alla
“sponsorizzazione” da parte di Schinocca Davide della partecipazione del maestro

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sequestrate; le successive conversazioni tra i correi lamentanti il furto delle armi

di equitazione del figlio (tale Nitoldi) alla manifestazione equestre organizzata dal
comune di Troina, essendosi lo Schinocca limitato a chiedere spiegazioni del
diniego della sua richiesta, senza ricorrere a minacce o intimidazioni; il fatto che
lo Schinocca non fosse riuscito a imporre la partecipazione del Nitoldi era indice,
anzi, dell’assenza di qualsiasi sua capacità intimidatoria.
Deduca che Schinocca Davide si era limitato a proporre, e non a imporre, un
proprio amico come fornitore di uova agli esercizi commerciali di Troina, e che la
distribuzione delle slot machine era curata da tale Gagliano e non dal padre
dell’indagato; evidenzia le contraddizioni tra quanto dichiarato da Plumari

Carmelo e il contenuto della conversazione intercettata tra questi e Impellizzeri
Serafino; nega la responsabilità dello Schinocca nell’incendio della vettura del
Plumari, frutto di autocombustione.
Quanto all’episodio riferito da Calabrese Luigi, il ricorrente rileva l’assenza di uno
stato di intimidazione del Calabrese, che aveva allertato il 112 dopo il
ritrovamento della puledra; contesta che gli appostammenti di p.g. avessero
consentito di riscontrare l’esistenza di atti intimidatori nei riguardi del Baudo.
2.2. Col secondo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione di
legge con riguardo alla ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui al quarto
comma dell’art. 416 bis cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in ogni sua deduzione.
2. Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che l’impugnazione di
legittimità avverso le ordinanze emesse dal tribunale del riesame in materia di
misure cautelari personali è proponibile soltanto se denuncia la violazione di
specifiche norme di legge, ovvero la mancanza, la contraddittorietà o la
manifesta illogicità della motivazione del provvedimento gravato, secondo i
canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure
che – benchè formalmente prospettanti una violazione di legge o un vizio di
motivazione – mirano in realtà a sollecitare una diversa lettura dei fatti o una
diversa valutazione degli elementi indiziari esaminati dal giudice di merito e da
questi ritenuti idonei a integrare un compendio indiziario munito della gravità
richiesta dall’art. 273 comma 1 cod.proc.pen. (Sez. 6 n. 11194 dell’8/03/2012,
Rv. 252178; Sez. 5 n. 46124 dell’8/10/2008, Rv. 241997).
L’apprezzamento dello spessore e della concludenza probatoria degli indizi è
riservato, infatti, in via esclusiva al giudice del merito cautelare, mentre alla
Corte di cassazione spetta soltanto di verificare, in relazione alla peculiare natura
del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, la congruenza logica e
l’adeguatezza della motivazione sul punto (Sez. 4 n. 26992 del 29/05/2013, Rv.
255460), senza alcun potere di revisionare le circostanze fattuali della vicenda

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p

indagata e il peso degli indizi che il GIP e il Tribunale del riesame hanno ritenuto
idonei a supportare l’applicazione della misura coercitiva.
Il controllo demandato al giudice di legittimità è, dunque, circoscritto alla verifica
che il contenuto testuale del provvedimento del tribunale del riesame risponda a
due requisiti, uno positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto
incensurabile: l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che hanno
determinato l’applicazione della misura cautelare, e l’assenza di errori di diritto o
di illogicità evidenti dal punto di vista della congruità delle argomentazioni

incidentale del procedimento

de libertate – è

preordinato a un giudizio

prognostico in termini di qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato, e
non all’acquisizione della certezza processuale della sua responsabilità, riservata
al successivo giudizio di merito (Sez. 1 n. 19517 dell’1/04/2010, Rv. 247206).
3. Nel caso di specie, il ricorso si esaurisce nel proporre e nel sollecitare a questa
Corte una – inammissibile – lettura alternativa, in punto di fatto, dei numerosi
elementi di prova indiziaria, costituiti (tra gli altri) dalla denuncia sporta dal
sindaco di Troina sull’esistenza e sull’operatività di un gruppo criminale
strutturatosi sul territorio secondo le caratteristiche tipiche di un’organizzazione
mafiosa, dalle dichiarazioni di soggetti imprenditoriali della zona vittime di furti,
di condotte estorsive, di violenze fisiche e di atti di intimidazione sia psicologica
che materiale, dal contenuto di conversazioni intercettate coinvolgenti le vittime
(in particolare Calabrese Luigi) e i componenti del sodalizio criminale, che il GIP
e il Tribunale del riesame hanno giudicato idonei, con decisioni conformi e
supportate da adeguata motivazione, ad integrare un compendio indiziario
munito della necessaria gravità e capacità dimostrativa in ordine alla sussistenza
di un sodalizio mafioso operante in Troina, capeggiato da Schinocca Davide e
partecipato dal figlio Schinocca Patrick, dedito alla commissione di una serie di
reati-fine, tra i quali si collocano gli episodi estorsivi e le violazioni della disciplina
delle armi ascritti nei capi di incolpazione provvisoria, ed intrattenente rapporti
con la criminalità organizzata catanese.
L’ordinanza impugnata ha operato una valutazione coordinata e sinergica dei
relativi elementi indiziari, valorizzandone con argomentazioni logiche e coerenti che non si limitano a un mero recepimento acritico (e per relationem) dei dati
investigativi e delle motivazioni dell’ordinanza genetica – la congruenza
dimostrativa in ordine all’esistenza di una struttura associativa capace di imporsi
progressivamente sul territorio di Troina in virtù della forza intimidatrice e della
condizione di assoggettamento delle vittime derivante dal vincolo conseguente
alla natura organizzata del gruppo criminale, che dispone di armi ed è in grado di
imporre con violenze e minacce l’installazione di slot machine irregolari e la
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rispetto al fine giustificativo del provvedimento, che – in relazione alla natura

riscossione di una percentuale dei relativi profitti ai titolari di esercizi pubblici, di
esercitare pressioni intimidatorie sui commercianti della zona (come Baudo
Antonio) al fine di costringerli a non vendere i loro prodotti alimentari sulla
piazza di Troina e di favorire così il monopolio di altro fornitore di fiducia della
cosca, di imporre una soluzione obbligata delle questioni insorte a seguito dei
furti di bestiame, come quello di cui era stato vittima il Calabrese, senza
ricorrere alle autorità legittime, nonché di organizzare spedizione punitive in
danno di chi (come il Calabrese) non intendeva assoggettarsi alle relative

In particolare, i gravi elementi indizianti della partecipazione associativa ascritta
a Schinocca Patrick sono stati tratti dal provvedimento impugnato non già, come
paventato nel ricorso, dal vincolo parentale intercorrente col padre (Schinocca
Davide), ma da una serie di condotte direttamente poste in essere dall’indagato,
e ritenute significative di intraneità e di condivisione delle attività illegali e dei
metodi intimidatori degli associati, quali la partecipazione al pestaggio del
Calabrese (di cui l’indagato si era esplicitamente vantato nel corso di una
telefonata, intercettata, con la fidanzata), la riscossione materiale dagli esercenti
di una quota dei proventi delle slot machine “truccate” (così come riferito da
Barbera Silvestro), l’intimazione rivolta a Baudo Antonio nell’aprile 2015 di
andarsene da Troina e di non commerciarvi la propria merce (secondo una
condotta riconducibile al reato-fine di cui al capo M), la presenza dell’indagato a
bordo dell’autovettura sulla quale erano trasportate le armi da sparo oggetto
della conversazione ambientale captata il 30.07.2014 tra gli occupanti del
veicolo, che aveva consentito alla p.g. di rinvenire e sequestrare le pistole e le
cartucce di cui ai capi E-F-G.
Le deduzioni del ricorrente, intese a proporre una lettura riduttiva e
minimizzante degli elementi acquisiti e valorizzati dal Tribunale – con riguardo
alla natura de relato delle dichiarazioni del sindaco di Troina, che risulta invece
aver riferito anche fatti costituenti frutto (almeno in parte) di scienza diretta sul
rifiuto opposto alla pretesa degli Schinocca di imporre la scelta di un maneggio
ad essi riferibile in occasione della manifestazione equestre organizzata dal
comune; all’allegato elemento di contraddizione delle dichiarazioni del Calabrese
circa la sua effettiva soggezione a condotte estorsive e violente, che sarebbe
evincibile dalla scelta della vittima di presentare denuncia di furto ai carabinieri
anziché limitarsi a chiedere protezione e tutela agli Schinocca; all’asserito esito
negativo delle indagini sull’appartenenza mafiosa di Puglisi Concetto, tale da
contraddire il ruolo di tramite attribuitogli tra gli Schinocca e gli esponenti del
clan catanese al quale i primi si erano rivolti per essere aiutati a recuperare il
bestiame sottratto a Intili Stefano – si risolvono dunque in un’inammissibile
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imposizioni.

contestazione del merito delle valutazioni sulla concludenza probatoria del
quadro indiziario, che non può trovare ingresso nel giudizio di legittimità.
La circostanza che il gruppo facente capo agli Schinocca fosse entrato in conflitto
con altri sodali, capeggiati da Sotera Domenico, per risolvere il quale il Sotera
aveva a sua volta sollecitato, tramite Fraschilla Giovanni, l’intervento di
esponenti di “cosa nostra” catanese, concretizzatosi nell’incontro dell’8.07.2014,
è stata congruamente ritenuta dal Tribunale idonea a integrare un ulteriore
elemento di riscontro della natura mafiosa del sodalizio criminale operante a
Troina e della sua ingravescente pericolosità, confermata proprio dalla proiezione

dei suoi contrasti interni in un contesto di dinamiche delinquenziali organizzate di
ben più ampio spessore di quello meramente locale.
Il primo motivo di ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile.
4. Anche il secondo motivo di doglianza non supera la soglia dell’ammissibilità, in
quanto si risolve in una generica e assertiva contestazione della natura armata
dell’associazione mafiosa, che omette completamente di confrontarsi con la
motivazione del provvedimento impugnato sulla diretta disponibilità da parte
dell’indagato della pistola oggetto della conversazione ambientale intercettata il
30.07.2014 tra Schinocca Patrick, Intili Stefano e La Ferrera Santo – i cui
contenuti sono riportati alle pagine 17, 18 e 19 dell’ordinanza – facente esplicito
riferimento al malfunzionamento dell’arma da sparo di cui gli interlocutori
procedono contestualmente ad effettuare ripetute operazioni di scarrellamento e
azionamento del cane, i cui tipici rumori di fondo sono stati anch’essi registrati
dall’attività di captazione.
Sulla scorta di tale conversazione, gli inquirenti erano riusciti quindi a localizzare
il luogo di occultamento delle pistole e delle munizioni sequestrate il 12.08.2014,
provocando negli associati le preoccupazioni esternate nelle conversazioni dei
giorni successivi circa il possibile furto subito, che induceva gli Schinocca (allora
ignari del sequestro) a interrogare i proprietari dei fondi interessati sulla sorte
delle armi, così confermando che si trattava delle armi del sodalizio.
La sostanziale mancanza di correlazione tra le ragioni argomentative del
provvedimento impugnato, che ha fondato la prova dell’aggravante di cui al
quarto comma dell’art. 416 bis cod. pen. sugli elementi concreti acquisiti in
ordine alla diretta e consapevole disponibilità delle armi da parte dell’indagato, e
le argomentazioni del ricorso dirette invece a contestare l’addebito soggettivo
dell’aggravante sotto il diverso (e distonico) profilo dell’ignoranza incolpevole ex
art. 59 secondo comma cod. pen. della natura armata dell’associazione, integra
pertanto una causa tipica di inammissibilità – per aspecificità – del ricorso per
cassazione (Sez. 2, n. 36406 del 27/06/2012, Rv. 253893).
5.

All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
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G1/4/3

pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende
della sanzione pecuniaria che si stima equo quantificare in 1.000 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 co. 1-ter, disp. att. c.p.p..

Così deciso il 10/11/2015

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