Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6606 del 10/11/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 6606 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: SANDRINI ENRICO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SOTERA DOMENICO N. IL 24/10/1985
avverso l’ordinanza n. 204/2015 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 16/07/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ENRICO GIUSEPPE
SANDRINI;
le/sentite le conclusioni del PG Dott.
ermo pt v
I u

,

Uditi difensor Avv.; C ès kto A La q:.

,to ~LAY°

‘t o, eco 1

Pc1

FtP 11 0–uk.,

vl E ttiz

Data Udienza: 10/11/2015

RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 16.07.2015 il Tribunale di Caltanissetta, costituito ai
sensi dell’art. 309 cod.proc.pen., ha confermato l’ordinanza applicativa della
misura cautelare della custodia in carcere emessa il 26.06.2015 dal giudice per
le indagini preliminari in sede nei confronti di Sotera Domenico, gravemente
indiziato del reato di partecipazione ad associazione mafiosa nonché del delitto di
cui agli artt. 624, 624 bis e 625 cod. pen., aggravato ex art. 7 legge n. 203 del
1991, ascritti ai capi A e L dell’incolpazione provvisoria; annullava invece per

all’art. 424 cod. pen. ascritto al Sotera al capo I.
Il Tribunale ricostruiva la gravità del quadro indiziario in ordine all’esistenza di un
sodalizio mafioso operante nel territorio di Troina, dedito alle estorsioni e al
controllo delle slot machine, legato alla criminalità organizzata catanese e
capeggiato da Schinocca Davide; le relative indagini avevano tratto origine dalla
segnalazione effettuata dal sindaco di Troina, cui avevano fatto seguito le
dichiarazioni dei soggetti estorti Plumari Carmelo (titolare di un esercizio
commerciale) e Calabrese Luigi, vittima del furto di una cavalla che aveva
successivamente rinvenuto in un fondo di proprietà di terzi, rivendicandone la
proprietà nei riguardi dello Schinocca, che lo aveva picchiato, alla presenza
dell’indagato; i contenuti di tali dichiarazioni avevano trovato riscontro
nell’attività di captazione, da cui era emerso che il Calabrese riteneva l’indagato
appartenente a un gruppo mafioso insieme al fratello Gaetano, al cognato Bruno
Lombardo (che gli aveva rappresentato il suo collegamento col clan Cappello di
Catania) e a Coniglio Antonio.
Il Tribunale riteneva acquisita la prova indiziaria del coinvolgimento dell’indagato
nelle dinamiche dell’organizzazione mafiosa, avvalendosi dei contatti catanesi, in
particolare con Fraschilla Giovanni, partecipando alle riunioni organizzate con
esponenti di “cosa nostra” catanese per dirimere i contrasti interni insorti a
Troina, concorrendo alla commissione di furti di bestiame attraverso i quali
esercitava il controllo sul territorio; valorizzava, tra le altre, la conversazione
intercettata il 4.07.2014 tra il Lombardo e il Fraschilla, avente ad oggetto i
contrasti interni al sodalizio di Troina tra il capoclan Schinocca Davide e il gruppo
capeggiato dal Sotera, che si protraevano da anni e per la cui risoluzione alcuni
esponenti mafiosi catanesi avevano incontrato il Sotera a Troina 1’8.07.2014.
I contenuti delle intercettazioni riportati nell’ordinanza erano ritenuti idonei dal
Tribunale a dimostrare la partecipazione dell’indagato, insieme a Bruno
Lombardo e Compagnone Luigi, al furto di bestiame sub L, al quale il Sotera
aveva direttamente partecipato, mantenendosi in contatto coi complici, poi
arrestati in flagranza, nel corso dell’azione delittuosa, interessandosi anche di

1

carenza di gravità indiziaria l’ordinanza del GIP con riguardo al reato di cui

procurare un avvocato difensore ai propri sodali.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale valorizzava la presunzione di
pericolosità sociale e di adeguatezza della misura carceraria discendente dal
titolo del reato, in assenza di segnali di dissociazione dell’indagato dal sodalizio
mafioso, tenuto conto della natura recente dei fatti e dei contatti del Sotera con
circuiti mafiosi esterni a Troina.
2. Ricorre per cassazione Sotera Domenico, a mezzo del difensore, deducendo
tre motivi di gravame.

per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione agli artt. 292
comma 2 lett. c) e c-bis), 273 e 192 del codice di rito; lamenta che l’ordinanza
gravata si era limitata a riportare stralci del materiale probatorio e investigativo
senza procedere a un’autonoma valutazione della sua valenza indiziaria, con
motivazione solo apparente e avulsa dalle risultanze processuali, che non si era
confrontata con le argomentazioni difensive e non aveva formulato alcun giudizio
prognostico sulla ragionevole probabilità di colpevolezza del Sotera in ordine al
reato associativo.
Il ricorrente, dopo aver ripercorso gli approdi giurisprudenziali in tema di prova
indiziaria della sussistenza di un’associazione di stampo mafioso e della relativa
condotta partecipativa, rileva l’inesistenza, nel caso di specie, degli elementi di
natura oggettiva e soggettiva richiesti dall’art. 416 bis cod. pen., con riguardo
sia ai requisiti tipici dell’intimidazione, dell’assoggettamento e dell’omertà, sia
alla stabile e organica compenetrazione dell’indagato nel tessuto organizzativo
del sodalizio e alla sua consapevolezza di partecipare alla vita dello stesso; rileva
la necessità che le dichiarazioni accusatorie descrivano fatti e comportamenti
specifici da cui ricavare la prova del consapevole apporto dell’associato al
perseguimento degli interessi criminali del sodalizio; deduce la genericità delle
dichiarazioni de relato del sindaco di Troina e l’inattendibilità delle dichiarazioni
di Calabrese Luigi, animate da astio immotivato verso l’indagato, conclamato dai
contenuti della captazione ambientale dell’8.03.2013 intercorsa tra Sotera
Gaetano e Grasso Sebastiano, che smentivano quanto riferito dal Calabrese agli
inquirenti sulla presenza di Sotera Domenico all’incontro tra il Calabrese e
Coniglio Antonio (nel corso del quale il primo aveva accusato il secondo di avergli
sottratto un cavallo, provocando l’intervento di Lombardo Bruno in soccorso del
Coniglio), nonché sul fatto che il Lombardo avrebbe in tale occasione minacciato
il Calabrese spendendo il nome del clan Cappello di Catania; deduce che il
Calabrese aveva in più occasioni denunciato i furti di cavalli da lui subiti,
allertando subito il servizio 112 allorchè aveva rinvenuto uno degli animali
sottratti, così dimostrando di non essere soggetto a un clima di omertà
2

2.1. Col primo motivo, il ricorrente deduce la nullità dell’ordinanza impugnata

intimidazione, tale da indurlo a rivolgere le sue istanze di tutela, anziché alle
autorità legittime, a Schinocca Davide in qualità di malavitoso di riferimento della
zona; rileva che il Calabrese non aveva mai indicato nell’indagato un soggetto
affiliato a una consorteria mafiosa e deduce l’inintelligibilità dei contenuti della
conversazione captata il 3.03.2014, dai quali il Tribunale aveva tratto
l’affermazione del coindagato Compagnone Luigi di essere “uomo del Sotera” e di
essere con “Gianni” (individuato dagli inquirenti in Giovanni Fraschilla); deduce
che l’indagato aveva intrattenuto col Fraschilla solo leciti rapporti d’affari,
riguardanti la vendita di autoveicoli e contratti immobiliari, che spiegavano la sua

richiesta di un intervento del Fraschilla per dirimere la controversia con lo
Schinocca concernente la compravendita di autovetture e la relativa valutazione
(come confermato dalla conversazione del 4.07.2014 tra il Fraschilla e il
Lombardo); rileva che la cena tra il Fraschilla e il Sotera oggetto della
conversazione dell’8.07.2014 trovava logica spiegazione nella conoscenza
reciproca dei due soggetti, mentre era priva di rilevanza l’eventuale presenza
alla cena di una o più persone arrestate il giorno successivo.
Anche con riguardo al reato sub L, il ricorrente deduce l’inidoneità dei contenuti
generici ed equivoci delle captazioni valorizzate nell’ordinanza gravata a
supportare l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del Sotera.
2.2. Col secondo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge in relazione
all’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991 contestata al capo L, che
comportava un’illegittima duplicazione sanzionatoria rispetto al reato associativo.
2.3. Col terzo motivo, il ricorrente lamenta la nullità dell’ordinanza impugnata
per mancanza e manifesta illogicità della motivazione, in relazione agli artt. 292
comma 2 lett. c) e c-bis) e 274 lett. c) del codice di rito; deduce l’assenza di
motivazione sulle esigenze cautelari e la natura apodittica delle affermazioni in
tema di pericolo di reiterazione del reato, non individualizzate sulla posizione
soggettiva dell’indagato, che non aveva precedenti penali, lavorava in modo
regolare e non aveva pregresse frequentazioni con pregiudicati; rileva la natura
di extrema ratio della misura carceraria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in ogni sua deduzione.
2. Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che l’impugnazione di
legittimità avverso le ordinanze emesse dal tribunale del riesame in materia di
misure cautelari personali è proponibile soltanto se denuncia la violazione di
specifiche norme di legge, ovvero la mancanza, la contraddittorietà o la
manifesta illogicità della motivazione del provvedimento gravato, secondo i
canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure
che – benchè formalmente prospettanti una violazione di legge o un vizio di

3

CP-5

motivazione – mirano in realtà a sollecitare una diversa lettura dei fatti o una
diversa valutazione degli elementi indiziari esaminati dal giudice di merito e da
questi ritenuti idonei a integrare un compendio indiziario munito della gravità
richiesta dall’art. 273 comma 1 cod.proc.pen. (Sez. 6 n. 11194 dell’8/03/2012,
Rv. 252178; Sez. 5 n. 46124 dell’8/10/2008, Rv. 241997).
L’apprezzamento dello spessore e della concludenza probatoria degli indizi è
riservato, infatti, in via esclusiva al giudice del merito cautelare, mentre alla
Corte di cassazione spetta soltanto di verificare, in relazione alla peculiare natura

l’adeguatezza della motivazione sul punto (Sez. 4 n. 26992 del 29/05/2013, Rv.
255460), senza alcun potere di revisionare le circostanze fattuali della vicenda
indagata e il peso degli indizi che il GIP e il Tribunale del riesame hanno ritenuto
idonei a supportare l’applicazione della misura coercitiva.
Il controllo demandato al giudice di legittimità è, dunque, circoscritto alla verifica
che il contenuto testuale del provvedimento del tribunale del riesame risponda a
due requisiti, uno positivo e l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto
incensurabile: l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che hanno
determinato l’applicazione della misura cautelare, e l’assenza di errori di diritto o
di illogicità evidenti dal punto di vista della congruità delle argomentazioni
rispetto al fine giustificativo del provvedimento, che – in relazione alla natura
incidentale del procedimento

de libertate – è

preordinato a un giudizio

prognostico in termini di qualificata probabilità di colpevolezza dell’indagato, e
non all’acquisizione della certezza processuale della sua responsabilità, riservata
al successivo giudizio di merito (Sez. 1 n. 19517 dell’1/04/2010, Rv. 247206).
Nel caso di specie, dalla lettura del ricorso emerge immediatamente che il
ricorrente – oltre a dilungarsi per numerose pagine in un richiamo tanto teorico
quanto generico degli approdi giurisprudenziali in tema di gravità indiziaria e di
nozione di partecipazione a un’associazione di stampo mafioso, ampiamente noti
a questa Corte (che quelle nozioni e quei principi ha direttamente elaborato) – si
esaurisce nel proporre e nel sollecitare una lettura alternativa, in punto di fatto,
dei numerosi elementi di prova indiziaria, costituiti (tra gli altri) dalla denuncia
sporta dal sindaco di Troina sull’esistenza e sull’operatività sul territorio di un
gruppo criminale strutturatosi secondo le caratteristiche tipiche di
un’organizzazione mafiosa, dalle dichiarazioni di soggetti imprenditoriali del
luogo vittime di furti, di condotte estorsive, di violenze fisiche e di atti di
intimidazione sia psicologica che materiale, dal contenuto di conversazioni
intercettate coinvolgenti le vittime (in particolare Calabrese Luigi) e i componenti
del sodalizio criminale, questi ultimi anche nei loro rapporti con soggetti ritenuti
appartenere ad organizzazioni mafiose di più ampio spessore (come Fraschilla
4

del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, la congruenza logica e

Giovanni, legato agli esponenti del clan catanese dei Cappello), che il GIP e il
Tribunale del riesame hanno giudicato idonei, con decisioni conformi supportate
da adeguata motivazione, ad integrare un compendio indiziario munito della
necessaria gravità e capacità dimostrativa in ordine alla sussistenza di un
sodalizio mafioso operante in Troina, facente capo a Schinocca Davide e
all’indagato Sotera Domenico (progressivamente entrati in conflitto tra loro),
dedito alla commissione di reati fine tra i quali si colloca quello sub L, costituito
da un furto di bestiame in danno di un allevatore della zona cui aveva concorso

L’ordinanza impugnata ha operato una valutazione coordinata e sinergica dei
relativi elementi indiziari, valorizzandone con argomentazioni logiche e coerenti,
che non si limitano a un mero recepimento acritico dei dati investigativi e delle
motivazioni dell’ordinanza genetica, la congruenza dimostrativa in ordine
all’esistenza di una struttura associativa capace di imporsi sul territorio di Troina
in virtù della forza intimidatrice e della condizione di assoggettamento delle
vittime derivante dal vincolo conseguente alla natura organizzata del gruppo
criminale, che dispone di armi ed è in grado di imporre con la violenza le pretese
estorsive e la soluzione obbligata delle questioni relative ai furti di bestiame (di
cui era stato vittima in particolare il Calabrese), nell’ambito della quale il Sotera
risulta compartecipe attivo ed esponente della fazione, composta – oltre che dalla
sua persona – dal fratello Gaetano, da Lombardo Bruno e da Compagnone Luigi,
entrata in conflitto con lo Schinocca per la leadership del sodalizio, ciò che aveva
determinato l’indagato a chiedere, tramite il Fraschilla (col quale intratteneva
diretti rapporti d’affari), l’intervento di esponenti di “cosa nostra” catanese per
dirimere i conflitti interni al gruppo, concretizzatosi nell’incontro e nella cena con
tali soggetti dell’8.07.2014.
Le deduzioni del ricorrente, intese a proporre una lettura scriminante o
comunque minimizzante degli elementi acquisiti e valorizzati dal Tribunale nel
provvedimento gravato – con riguardo all’allegata natura astiosa ed equivoca
delle dichiarazioni del Calabrese circa la sua effettiva soggezione a condotte
intimidatorie ed estorsive, provenienti anche dal Sotera, che sarebbe
contraddetta dalla scelta della vittima di presentare denuncia di furto ai
carabinieri invece di rivolgersi direttamente allo Schinocca e ai suoi sodali per
chiedere protezione e tutela, nonché ai contenuti prospettati come ambigui e
suscettibili di interpretazione alternativa delle conversazioni intercettate sul ruolo
e sulle frequentazioni dell’indagato, nonché ancora all’esistenza di normali
rapporti d’affari tra il Sotera e il Fraschilla in grado di supportare una lecita
causale dei contatti tra i due soggetti e della richiesta di intervento rivolta al
Fraschilla per dirimere una controversia di natura contrattuale con lo Schinocca 5

direttamente il ricorrente.

si risolvono dunque in un’inammissibile contestazione del merito delle valutazioni
sulla concludenza probatoria del quadro indiziario che non può trovare ingresso
nel giudizio di legittimità.
Il primo motivo di ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile.
3. Anche il secondo motivo di doglianza non supera la soglia dell’ammissibilità,
limitandosi a una censura, del tutto generica e contraddittoria, della possibilità di
contestare l’aggravante di cui all’art. 7 legge n. 203 del 1991 con riferimento al
furto di bestiame di cui al capo L – in relazione al quale la prova della

organizzative ed esecutive è stata puntualmente argomentata dall’ordinanza
impugnata sul contenuto esplicito delle coeve intercettazioni telefoniche – che
sarebbe inibita, secondo il ricorrente, dalla contestuale attribuzione all’indagato
della qualità di partecipe dell’associazione mafiosa, che invece è proprio ciò che
dà legittimo fondamento alla contestazione dell’aggravante de qua con riguardo
al reato fine commesso dagli associati.
4. Generico e manifestamente infondato, e perciò anch’esso inammissibile, è il
terzo motivo di ricorso, diretto a censurare la ritenuta sussistenza delle esigenze
cautelari e l’adeguatezza della misura coercitiva applicata, che omette
completamente di confrontarsi col dato normativo, puntualmente richiamato
nell’ordinanza impugnata, rappresentato dall’operatività nel caso di specie della
presunzione stabilita dall’art. 275 comma 3 del codice di rito, che, con riguardo
alla condotta partecipativa di cui all’art. 416 bis cod. pen., legittima – anche alla
stregua del testo novellato dalla legge n. 47 del 2015 – la duplice presunzione di
attualità delle esigenze di prevenzione di cui all’art. 274 lett. c) cod.proc.pen. e
di adeguatezza della custodia in carcere come unica misura idonea a cautelare il
pericolo di recidiva; si tratta di una presunzione che ha superato il vaglio di
compatibilità costituzionale sul presupposto che la partecipazione ad associazioni
di tipo mafioso, come quella ascritta al Sotera, implica un’adesione permanente
a un sodalizio criminoso fortemente radicato nel territorio, caratterizzato da una
fitta rete di collegamenti personali connotati da intensa fiducia reciproca e dotato
di particolare forza intimidatrice, da cui discende la condivisa regola d’esperienza
per cui solo la custodia inframuraria può ritenersi in grado di troncare i rapporti
tra l’indagato e l’ambito delinquenziale di appartenenza, neutralizzandone la
pericolosità (Corte Costituzionale, sentenza n. 265 del 2010).
Il Tribunale ha congruamente argomentato, anche in punto di fatto, la ricorrenza
concreta dei presupposti di operatività della presunzione normativa con specifico
riguardo alla permanente attualità della pericolosità sociale del Sotera, sotto i
plurimi profili dell’assenza di qualsiasi segnale di dissociazione o rescissione del
vincolo associativo, della natura recente dei fatti, dei preoccupanti collegamenti
6

partecipazione diretta del Sotera, in concorso con altri sodali, alle relative fasi

dimostrati dall’indagato con soggetti legati a circuiti mafiosi (anche) esterni
all’ambito territoriale di Troina, con motivazione logica e coerente che non è
scalfita dalle inconferenti deduzioni di merito del ricorrente.
5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla cassa delle ammende
della sanzione pecuniaria che si stima equo quantificare in 1.000 euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Ammende.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 co. 1-ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso il 10/11/2015

spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA