Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6602 del 04/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6602 Anno 2016
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEMINARA DAVIDE N. IL 29/08/1980
avverso l’ordinanza n. 742/2015 TRIB. LIBERTA’ di CATANIA, del
18/05/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
l/sentite le conclusioni del PG Dott. Qe-eteS22,,
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 04/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 18-21.5.2015, il Tribunale del riesame di Catania annullava,
limitatamente al capo H), il provvedimento, confermato nel resto, con il quale il G.I.P. della
sede aveva applicato a SEMINARA Davide la misura della custodia cautelare in carcere in
relazione ai reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (capo A), associazione per
delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti (capo L) e a numerosi delitti-fine (estorsioni e

1.1. In via preliminare, il Tribunale rigettava l’eccezione d’inefficacia della misura,
dedotta dalla difesa in ragione dell’omessa trasmissione, da parte dell’A.G. procedente, dei file
audio delle intercettazioni telefoniche ed ambientali e delle copie video dei filmati di
sorveglianza.
Premetteva il Collegio che, in base a quanto affermato dal rappresentante del Pubblico
Ministero all’udienza camerale del 18.5.2015, i file audio erano stati depositati presso l’ufficio
intercettazioni della Procura della Repubblica e non erano stati trasmessi al G.I.P., circostanza
che privava di fondamento l’eccezione sollevata.
Quanto alle riprese video, nessuna prova della trasmissione al G.I.P. dei relativi supporti
era stata fornita dalla difesa, né era possibile argomentare diversamente in base al contenuto
dell’ordinanza impugnata, che faceva evidentemente ed esclusivamente richiamo alle relazioni
di servizio esplicative di quanto verificato visivamente dagli operanti.
Doveva, dunque, nel caso di specie, trovare applicazione il principio secondo cui
l’inefficacia dell’ordinanza cautelare per mancato invio al Tribunale degli atti trasmessi al G.I.P.
non si verifica se non risulta che l’atto, asseritamente non inviato, sia stato trasmesso al G.I.P.
unitamente alla richiesta della misura.
1.2. Dopo aver illustrato il tema dei gravi indizi di colpevolezza, peraltro non contestati
dalla difesa, il Collegio passava a trattare il quadro delle esigenze cautelari.
Richiamata la presunzione legale di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p., dato atto della
mancata rappresentazione di circostanze che escludessero dette esigenze, i Giudici del riesame
osservavano che la molteplicità degli addebiti mossi all’indagato, il ruolo di rilievo assunto
nell’ambito dell’organizzazione mafiosa e di quella finalizzata al narcotraffico, la pervicacia
manifestata nel portare a termine delitti, quali quelli estorsivi, di elevata gravità e
particolarmente allarmanti per l’ordine pubblico, rendevano attuale e concreto il pericolo di
reiterazione criminosa e adeguata e proporzionata la misura prescelta.
2. Ha proposto ricorso per cassazione SEMINARA Davide per il tramite del difensore di
fiducia.
2.1. Con il primo motivo, si deducono violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione all’art. 309, comma 5, c.p.p. per omessa trasmissione al Tribunale del riesame dei file
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violazioni della legge sugli stupefacenti).

audio delle intercettazioni ambientali e telefoniche, nonché delle copie video dei filmati di
sorveglianza.
Assume il difensore del ricorrente che, nella vicenda oggetto di riesame, l’individuazione
dei singoli indagati è legata alla visione dei filmati di video-sorveglianza, nel senso che gli
inquirenti prendevano visione di detti filmati e contemporaneamente procedevano alle relative
intercettazioni ambientali e telefoniche, attribuendo di volta in volta la paternità della voce alla
persona che poco prima aveva fato ingresso presso l’abitazione del presunto capo

Era, dunque, evidente la fondamentale rilevanza, per la difesa, sia dei file audio che dei
filmati, atteso che dalle semplici immagini riportate su carta, in bianco e nero, rinvenute nel
fascicolo trasmesso al Tribunale del riesame non era possibile giungere alle stesse conclusioni
cui era pervenuta la Procura della Repubblica di Catania in ordine alla identificazione dei
soggetti ripresi dalle telecamere, cui, poi, veniva attribuita la voce intercettata.
In particolare, dalla visione dei documenti ritraenti fotogrammi delle immagini video,
non era possibile riuscire a distinguere neppure le caratteristiche fisiche del ripreso, in quanto i
fotogrammi riportati su carta erano stati trasmessi all’organo del riesame in copia fotostatica e,
per di più, ritraenti immagine relative a soggetti ripresi al buio, così da non permettere alcun
effettivo riconoscimento.
Tutto ciò in palese violazione del diritto di difesa.
A nulla rilevava l’argomentazione svolta nel provvedimento impugnato in relazione
all’onere per la difesa di provare la effettiva trasmissione degli atti mancanti dalla Procura della
Repubblica all’ufficio del G.I.P., avendo il Tribunale ritenuto erroneamente che, per la richiesta
dell’applicazione della misura cautelare, il P.M. non sarebbe tenuto a trasmettere gli atti in
forma integrale “…ma solo gli atti rappresentativi degli elementi posti a sostegno
dell’applicazione della misura…”.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia violazione di legge in relazione all’art.
275, comma 3, come modificato dalla L. 16 aprile 2015, n. 47.
Il Tribunale del riesame aveva ritenuto infondata la censura difensiva circa la genericità
della motivazione del primo Giudice sul tema delle esigenze cautelari, richiamando la
presunzione legale di pericolosità ed evidenziando che le argomentazioni svolte dal G.I.P.
attenevano alla molteplicità degli addebiti ascritti all’indagato e alla elevata gravità del reato
associativo, senza tener conto del decorso di un significativo lasso di tempo dai fatti e
dell’orientamento espresso sul punto dalla Suprema Corte a Sezioni Unite (sent. n. 40538 del
24.9.2009).

CONSIDERATO IN DIRITTO

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dell’organizzazione LO MONACO Vincenzo.

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
2. E’, in primo luogo destituito di fondamento il primo motivo di ricorso, con il quale si
deduce, sotto il duplice profilo della violazione di legge (art. 309, comma 5, c.p.p.) e del vizio di
motivazione, l’omessa trasmissione al Tribunale del riesame dei file audio delle intercettazioni
ambientali e telefoniche, nonché delle copie video dei filmati di sorveglianza.
Questa Corte ha costantemente affermato che, in tema di riesame di misure cautelari
personali, non è configurabile alcun obbligo, a carico del Pubblico Ministero che ha richiesto la

relativi alle intercettazioni utilizzate per l’adozione dell’ordinanza cautelare, ovvero i supporti
informatici contenenti le video riprese utilizzate ai fini dell’applicazione della misura, quando gli
esiti delle stesse siano contenuti nell’annotazione di polizia giudiziaria e la difesa non abbia
formulato una esplicita richiesta di rilascio di copia dei supporti medesimi (Sez. 6, n. 22145 del
3/12/2014, dep. 27/5/2015, Germani e altri, Rv. 263635; Sez. 1, n. 33819 del 20/6/2014,
Iacobazzi, Rv. 261092; Sez. 1, n. 34651 del 27/5/2013, Ficorri, Rv. 257440; Sez. 6, n. 208 del
21/1/1999, Vitale G., Rv. 213582).
A tale ultimo proposito va detto che il diritto di difesa, nella specifica declinazione
connessa alla sentenza della Corte costituzionale n. 336 del 2008, non può considerarsi violato
per il sol fatto della materiale indisponibilità tra gli atti, in un dato momento storico, dei file
sonori raccolti nel corso delle operazioni di intercettazione telefonica.
La decisione additiva della Consulta ha avuto riguardo esclusivo alla possibilità per il
difensore di “ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o
comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell’adozione del provvedimento cautelare, anche se
non depositate”.
Ciò implica, per un verso, l’irrilevanza dell’omesso deposito, e per l’altro, l’evidente
necessità, perché si pongano questioni effettive di garanzia dei diritti di difesa, che il rilascio di
una copia dei documenti sonori sia stato effettivamente richiesto dal difensore.
In tal senso depone anche il tenore letterale della motivazione della sentenza: “i
difensori devono avere il diritto incondizionato ad accedere, su loro istanza, alle registrazioni
poste a base della richiesta del pubblico ministero e non presentate a corredo di quest’ultima,
in quanto sostituite dalle trascrizioni, anche sommarie, effettuate dalla polizia giudiziaria”. La
delimitazione è conforme alla ratio decidendi che ha prodotto la sentenza, la quale non ha
inteso introdurre una nuova forma di ostensione obbligatoria o di deposito, ma solo la
possibilità di attivare, a fronte e solo a fronte di un concreto interesse della difesa, un
subprocedimento per l’accesso alla documentazione sonora.
Non è un caso, del resto, che la giurisprudenza di questa Corte abbia chiaramente
stabilito che la violazione del diritto di difesa può essere dedotta solo quando sia stato
ingiustificatamente rifiutato o ritardato, dal Pubblico ministero procedente, il rilascio di una
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misura cautelare, di depositare nella cancelleria del tribunale i supporti magnetici o informatici

copia effettivamente richiesta dal difensore, restando solo da discutere sui modi in cui la parte
privata è chiamata a documentare l’elusione od il rigetto della propria istanza (da ultimo, tra le
molte, Sez. 6, n. 28156 del 17/6/2014, Rv. 262141).
Ciò detto, resta da rilevare che non si deduce dagli atti, e men che meno emerge la
prova, che il difensore del SEMINARA abbia chiesto invano la copia delle tracce sonore cui si
riferisce anche l’odierno ricorso.
Analoghe considerazioni valgono riguardo alla mancata trasmissione da parte del

riesame del supporto informatico sul quale erano registrate le videoriprese utilizzate ai fini
dell’applicazione della misura.
Invero, il Tribunale di Catania ha correttamente applicato i principi di diritto su
richiamati nel ritenere infondata l’eccepita inefficacia della misura cautelare in ragione della
utilizzazione degli elementi tratti da videoriprese eseguite all’interno dell’abitazione
dell’indagato LO MONACO Vincenzo, i cui esiti erano contenuti negli atti di P.G. in cui si dava
atto di quanto esaminato dagli investigatori e degli elementi desunti dalla visione.
Il giudice, pertanto, ben poteva fondare la propria valutazione su detti elementi, fatta
salva la possibilità per l’indagato di richiedere ai fini difensivi il supporto informatico (Sez. 6, n.
45984 del 10/10/2011, Cosentino, Rv. 251274) che, all’evidenza, è cosa diversa dalla
inefficacia della misura cautelare eccepita dal ricorrente.
D’altro canto, la contestazione difensiva afferente alla nitidezza e qualità delle immagini
riportate “su carta”, oltre a introdurre nella presente sede di legittimità inammissibili profili di
merito, si pone in aperta contraddizione con l’acquiescenza prestata dalla difesa stessa, già in
sede di riesame, in merito alla sussistenza della gravità indiziaria a carico del suo assistito.
3. E’ infondato anche il secondo motivo di ricorso.
Nessun profilo di illegittimità è, infatti, ravvisabile nell’ordinanza impugnata con
riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari, atteso l’esauriente e corretto
riferimento alla presunzione legale di pericolosità di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p. – non
contrastata da elementi capaci di escludere le esigenze cautelari – alla pluralità di addebiti
mossi all’indagato, al ruolo di rilievo dal medesimo assunto nell’organizzazione mafiosa
investigata ed alla pervicacia mostrata nel portare a termine delitti di grave allarme sociale
quali quelli estorsivi.
4. Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
La cancelleria dovrà provvedere all’adempimento prescritto dall’art. 94, comma 1-ter,
disp. att. c.p.p..

P.Q.M.
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Pubblico Ministero con la richiesta di applicazione della misura cautelare e al Tribunale del

Trasmessa copia ex art. 2à
n. 1 ter L. 8 – 8 – 95 n. 332
figga, li i Q FEB. 516
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore
dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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