Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6598 del 16/01/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6598 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

Data Udienza: 16/01/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Leonardo Alfonso, nato a Torino il 29.6.1986
avverso la sentenza 1517/2012 della Corte d’appello di Trieste, ha sezione
penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Massimo Galli , che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
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M

il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato, l’avv. Wilmer Perga, che ha insistito per raccoglimento
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Trieste ,
Tolmezzo del 18.4.2011, che pronunciandosi ai sensi dell’art. 442 c.p.p ,
dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato per il fatto di
cui al capo a), riqualificato come tentativo di furto semplice, per difetto di
querela della P.O. e lo condannava per il delitto ascrittogli al capo b) di
rubrica e di quello residuo di percosse di cui al capo a) ,ritenuta la
continuazione, concesse le attenuanti generiche, e le attenuanti generiche e
per il rito, in ordine alle imputazioni ,in origine previste come di seguito
indicato:
a) 56 e 628 comma 2 c.p., perché, al fine di trarne profitto per sé, compiva
atti idonei diretti in modo non equivoco ad impossessarsi mediante violenza
di due bottiglie di coca-cola prelevandole dagli scaffali dell’autogrill, sito
presso l’area di servizio della A/23 denominata Campiolo, e nascondendole
sotto la maglia, non riuscendo nell’intento per l’intervento di due dipendenti
dell’autogrill ,addette al bar. Violenza consistita nello scagliare, al fine di
guadagnarsi la fuga, contro Almonte Maria Assunta, una delle due
dipendenti che lo avevano colto nei pressi dell’uscita mentre ancora stava
tentando di prelevare della merce, le bottiglie di coca-cola ,colpendo al capo
la Almonte.
In Moggio Udinese, all’altezza del km. 67 sud dell’autostrada A/23,
18.12.2005.
b) 594 c.p., perché offendeva l’onore ed il decoro di Almonte Maria Assunta
dicendole “puttane, succhiatemi il cazzo, troie”.
In Moggio Udinese, all’altezza del km. 67 sud dell’autostrada A/23,
18.12.2005.
1.1 In parziale riforma di tale sentenza la Corte, accogliendo l’appello del
P.G., dichiarava l’imputato colpevole dei reati in origine ascrittigli e
riconosciute le attenuanti generiche e quella dell’art.62 n.4 cod,pen.,
rideterminava la pena complessiva in mesi sei di reclusione ed euro 500,00
di multa, concedendo i doppi benefici e riducendo la somma liquidata a
titolo di risarcimento.
1.2Avverso tale sentenza propone ricorso l’avv.Wilmer Perga, difensore di

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riformava la sentenza ,del 18.4.2011, del G.U.P. presso il Tribunale di

fiducia di Leonardo, sollevando un unico motivo di gravame con il quale
deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ex art. 606
lett. b) c.p.p. in relazione alla mancata configurazione del fatto criminoso
nell’ipotesi di cui all’art. 56, 624 c.p., 581 c.p. in quanto l’atto di violenza,
avvenuto a seguito della sottrazione della res, è stato eseguito dall’imputato
non alfine di assicurarsi il profitto o l’impunità, ma al fine di schernire la
persona offesa.
alla configurabilità del delitto di tentata rapina, ritenuta dalla Corte in
contrasto con quanto stabilito dal Giudice di primo grado che aveva
valutato il fatto concreto rientrante nell’ipotesi delittuosa di cui agli artt. 56,
624 c.p., 581 cod.pen. La rapina impropria richiede, diversamente da quella
propria, un dolo doppiamente specifico, posto che la condotta successiva, di
violenza o minaccia viene posta in essere al duplice scopo di assicurare a sé
o ad altri il possesso della cosa o di procurare a sé o ad altri l’impunità,
presupponendo tali condotte a loro volta il fine di trarre profitto dalla
sottrazione. Pertanto, qualora manchi il dolo specifico previsto dalla norma,
ovvero la violenza non è posta in essere né per fuggire, né per ottenere e/o
mantenere il possesso della cosa sottratta, non può ritenersi integrato il
delitto di cui all’art. 628 co. 2 c.p.Nel caso di specie, il lancio della bottiglia,
integrante l’atto violento, non era finalizzato ad assicurarsi la fuga né al
mantenimento della merce sottratta posto che l’imputato lanciò proprio
l’oggetto della refurtiva, così come si evince dalle carte processuali, bensì è
finalizzato a schernire ed ingiuriare la persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel
giudizio di legittimità.
2.1 H ricorrente, infatti, si é limitato a riproporre le medesime
argomentazioni già prospettate ai giudici del merito , senza individuare gli
specifici elementi di crisi nella motivazione del provvedimento impugnato.
2.2 Ne consegue che il ricorso é soltanto volto ad ottenere dalla Corte di
legittimità l’avallo per una diversa ricostruzione dei fatti e delle prove,
meramente alternativa a quella prospettata in motivazione dalla Corte di
merito.
Una simile prospettazione ,tuttavia non intacca l’impostazione della
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Rileva il ricorrente l’erronea applicazione della legge penale con riferimento

motivazione e non fanno emergere profili di manifesta illogicità della stessa;
nella sostanza, nel ricorso si svolgono mere considerazioni in fatto, relative
all’interpretazione dello stato d’animo dell’imputato, insuscettibili di
valutazione in sede di legittimità, perché volte a provocare un intervento in
sovrapposizione di questa Corte rispetto ai contenuti della decisione
adottata dal Giudice del merito.In particolare quest’ultima non presenta
momenti di illogicità manifesta quando afferma che l’imputato, colto nella
in essere la violenza al fine di darsi alla fuga e di assicurarsi l’impunità.
3. Il ricorso,deve pertanto, essere dichiarato inammissibile: ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara
inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al versamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle
ammende.
Così ecisi ijn lora il 16 gennaio 2014

flagranza della sottrazione dei beni dagli espositori della merce, abbia posto

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