Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6598 del 05/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6598 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MAZZOLA LUIGI N. IL 04/04/1968
FoGg(4
avverso la sentenza n. 12591/2008 TRIBUNALE di 132ZI, del
20/04/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 05/12/2012

,,

Motivi della decisione
Mazzola Luigi, a mezzo del difensore, ha proposto appello avverso la
sentenza del Tribunale di Foggia in data 20.04.2011, con la quale è stata affermata
la penale responsabilità del prevenuto in ordine al reato di cui all’art. 116, comma
13, cod strada, con condanna alla pena di C 2.000,00 di multa. Il deducente, con il
primo motivo, contesta l’affermazione di responsabilità penale, osservando che il
decreto prefettizio di revoca della patente di guida risultava di equivoca
interpretazione. Sotto altro aspetto, la parte si duole della eccessività della pena
prevalenza ovvero di equivalenza.
L’impugnazione, da convertirsi in ricorso per cassazione, trattandosi di
sentenza non appellabile, risulta inammissibile.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il Tribunale di Foggia ha evidenziato che, all’esito di un controllo effettuato il
19.08.2008, risultava accertato che Mazzola si era posto alla guida di

un

autoveicolo, senza patente di guida, in quanto revocata con decreto del Prefetto di
Foggia del 29.06.2005, notificato al prevenuto in data 1° agosto 2005. E, sulla
scorta di tale evenienza, ha del tutto legittimamente affermato la penale
responsabilità dell’imputato per il reato in iscrizione. E Deve osservarsi che le
deduzioni difensive, afferenti alla asserita difficoltà interpretativa del decreto
prefettizio ora richiamato, da parte del Mazzola, risultano meramente assertive e
perciò inammissibili.
Soffermandosi sui restanti motivi di ricorso, si osserva poi che la decisione
impugnata risulta sorretta da conferente apparato argomentativo, che soddisfa
appieno l’obbligo motivazionale, anche per quanto concerne la dosimetria della
pena. E’ appena il caso di considerare che in tema di valutazione dei vari elementi
per la concessione delle attenuanti generiche, ovvero in ordine al giudizio di
comparazione e per quanto riguarda la dosimetria della pena ed i limiti del
sindacato di legittimità su detti punti, la giurisprudenza di questa Suprema Corte
non solo ammette la c.d. motivazione implicita (Cass. sez. VI 22 settembre 2003 n.
36382 n. 227142) o con formule sintetiche (tipo “si ritiene congrua” vedi Cass. sez.
VI 4 agosto 1998 n. 9120 Rv. 211583), ma afferma anche che le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti,
effettuato in riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., sono censurabili in
cassazione solo quando siano frutto di mero arbitrio o ragionamento illogico (Cass.
sez. III 16 giugno 2004 n. 26908, Rv. 229298). Si tratta di evenienza che
certamente non sussiste nel caso di specie. Il Tribunale ha, infatti, considerato
l’imputato meritevole delle attenuanti generiche ed ha ritenuto congrua, ai sensi
dell’art. 133 cod. pen., la pena finale di C 2.000 di ammenda.

inflitta e della mancata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di

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Si osserva, infine, che ai sensi dell’art. 619, comma 2, cod. proc. pen.,
occorre procedere alla rettifica della denominazione della pena indicata nel
dispositivo della sentenza impugnata, sostituendo la parola “multa” con la parola
“ammenda”, demandando la competente Cancelleria per le annotazioni di rito.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Visto l’art. 619 comma 2 del codice di procedura penale rettifica la denominazione
della pena nella sentenza impugnata, sostituendo la parola “multa” con la parola
“ammenda”.
Manda alla Cancelleria competente per le annotazioni di rito.
Così deciso in Roma, in data 5 dicembre 2012.

P.Q.M.

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