Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6595 del 05/12/2012

Penale Ord. Sez. 7 Num. 6595 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 05/12/2012

‘ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
avverso la sentenza n. 5692/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
21/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

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Osserva
Ricorre per cessazione il difensore di fiducia di A.A. avverso la sentenza emessa in
data 21.11.2011 dalla Corte di Appello di Milano che, in parziale riforma di quella del GUP del
Tribunale di Monza in data 12.5.2011 con la quale, all’esito del giudizio abbreviato, era stata
riconosciuta la penale responsabilità del predetto in ordine a tre delitti di cui all’art. 73 dPR
309/1990, riduceva la pena inflitta ad anni due e mesi otto e giorni venti di reclusione ed C
14.000,00 di multa.

motivazione in relazione al diniego dell’attenuante di cui al quinto comma dell’art. 73 dPR
309/1990.
Il ricorso è inammissibile non essendo consentite in questa sede di legittimità le censure
mosse.
Infatti, le doglianze prospettate risultano essere di puro fatto laddove tendono a sovrapporre
una diversa valutazione dei fatti rispetto a quella fatta dal Giudice di merito: al riguardo, giova
rammentare che il nuovo testo dell’art. 606 cod. proc, pen., comma 1, lett. e), come
modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cessazione di
apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli “atti del processo” non ha alterato la
fisionomia del giudizio di cessazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un
ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte
di Cessazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione
del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al
giudice del merito (Cass. pen. Sez. IV, 19.6.2006, n. 38424). E la motivazione addotta dai
giudice a quo sia in ordine alla ritenuta colpevolezza dell’imputato sia in relazione
all’impossibilità di riconoscere l’attenuante di cui al quinto comma dell’art. 73 dPR cit.,
s’appalesa puntuale ed esaustiva nonché esente da qualsivoglia vizio logico o giuridico.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di
colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 5.12,2012

Deduce il vizio motivazionale in ordine alla ritenuta penale responsabilità e l’insufficienza della

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