Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6594 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6594 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

Data Udienza: 03/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GATTA GIANCARLO N. IL 29/09/1950
MARCON LUIGINA N. IL 16/03/1941
MESCUGLIO VINCENZA N. IL 21/12/1957
MARINONI PIERGIORGIO N. IL 07/10/1961
avverso la sentenza n. 5544/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
26/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. e ,AA.L…0,1-,4° i”‘ i i 0-1- ,
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MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 26 novembre 2012 la corte d’appello di Milano dichiarava inammissibile
l’appello di Gatta Giancarlo e rigettava gli appelli proposti da Marcon Luigina, Mescuglio
Vincenza e Marinoni Piergiorgio presentati avverso la sentenza tribunale di Monza che aveva
condannato Gatta e Marinoni per associazione per delinquere e ricettazione di assegni e la
Marcon e la Marinoni per ricettazione (capo 102)
Ricorrono per cassazione gli imputati.

così come indicati nell’atto di gravams con l’indicazione delle pagine della sentenza impugnat9
dovevano essere ritenuti idonei dalla corte di merito a sollecitare una pronuncia in secondo
grado
Mescuglio Vincenza contesta la competenza territoriale del tribunale di Monza sostenendo la
competenza del tribunale di Busto Arsizio. Lamenta il diniego delle attenuanti generiche e
contesta il trattamento sanzionatorio.
Marcon Luigina lamenta:
1. vizio della motivazione. Sostiene che i giudici di secondo grado hanno apoditticamente
affermato l’attendibilità delle dichiarazioni del coimputato Zonca
2. omessa motivazione in ordine alle prove a favore. Evidenzia di avere presentato querela
nei confronti del Cicatelli per consegna di assegni, circostanza non valutata dalla corte
di merito neppure ai fini della concessione delle circostanza attenuanti generiche.
Marinoni Piergiorgio deduce:
1. vizio della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato e dalle
risultanze dell’esame reso dai coimputati Pezzoli Renato e Vegro Eugenio (esame
26.6.2009) travisamento per omissione di valutazione della prova a discarico costituita
dall’esame dei testi Pezzoli e Vegro. Violazione di legge per aver omesso di motivare in
merito all’inattendibilità di prove contrarie.
2. violazione di legge per inosservanza dell’articolo 192 comma tre. Assenza di riscontri.

Il ricorso di Gatta Giancarlo è inammissibile perché generico e comunque manifestamente
infondato.
Pur nella libertà della loro formulazione, i motivi d’impugnazione (anche nel giudizio d’appello)
devono indicare con chiarezza le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondano le censure, al fine
di delimitare con precisione l’oggetto dell’impugnazione e di evitare impugnazioni generiche o
dilatorie. In punto di diritto, ciò implica che la parte impugnante deve esplicitare con sufficiente
chiarezza la censura d’inosservanza o di violazione della legge penale, non potendo ritenersi
che la semplice menzione di un articolo del codice possa integrare “l’indicazione specifica”
richiesta dall’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c). In punto di fatto, è necessario indicare le
ragioni per cui si ritiene errata la valutazione che il giudice ha compiuto. Nè può ritenersi che,

Gatta Giancarlo contesta la declaratoria di inammissibilità dell’appello sostenendo che i motivi

rispetto al giudizio di cassazione, le esigenze di specificità dei motivi siano attenuate nel
giudizio d’appello, che è competente a rivalutare anche il fatto. Tale rivalutazione, essendo
l’appello un’impugnazione devolutiva, può e deve avvenire nei rigorosi limiti di quanto la parte
appellante ha legittimamente investito il giudice d’appello con il mezzo d’impugnazione
(conforme alle previsioni di cui all’art. 581 cod. proc. pen.), che serve sia a circoscrivere
l’ambito dei poteri del giudice sia a evitare impugnazioni dilatorie., che impegnano inutilmente
e dannosamente le risorse giudiziarie, limitate e preziose, e che concorrono a impedire la
realizzazione del principio della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost., comma 2).

legge con la determinatezza necessaria a porre il giudice dell’impugnazione in condizione di
verificare l’eventuale fondatezza del vizio lamentato. L’appellante si era limitato a contestare il
giudizio di responsabilità e l’eccessività della pena. Non aveva perciò espresso censure con la
determinatezza necessaria a porre il giudice dell’impugnazione in condizione di verificare
l’eventuale fondatezza del vizio lamentato. Correttamente, pertanto, il giudice d’appello ha
concluso per la declaratoria d’inammissibilità dell’appello.
Deve aggiungersi che aspecifiche sono anche le doglianze avanzate in questa sede dove si
lamenta genericamente vizio di motivazione con riguardo al giudizio di inammissibilità e a tale
lacuna non si può ovviare mediante rinvio a motivi d’appello di cui però non si indica il
contenuto, così non consentendo l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono
irrisolte o malamente risolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l’atto di
ricorso essere autosufficiente, cioè contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e
degli elementi di fatto da sottoporre alla verifica di questa Corte Suprema (cfr. ad es. Cass.
Sez. 6^ n. 21858 del 19.12.2006, dep. 5.6.2007; Cass. Sez. 2^ n. 27044 del 29.5.2003, dep.
20.6.2003; Cass. Sez. 5^ n. 2896 del 9.12.98, dep. 3.3.99; Cass. S.U. n. 21 dell’11.11.94,
dep. 11.2.95).

Il ricorso di Mescuglio Vincenza deve essere dichiarato inammissibile, giacché i motivi in esso
dedotti sono manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute
infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici.
Premesso che in tema di competenza, il vincolo tra i reati, determinato dalla competenza per
connessione, costituisce criterio originario ed autonomo di attribuzione di competenza
indipendentemente dalla contemporanea pendenza dei relativi procedimenti: ne deriva che la
competenza così radicatasi resta invariata per tutto il corso del processo – per il principio della
“perpetuatio iurisdictionis” – anche nel caso di separazione della posizione del coimputato
accusato dei reati che, in conseguenza del ritenuto vincolo di connessione, avevano
determinato la competenza anche per gli altri coimputati, deve osservarsi che la ricorrente – in
violazione del canone della autosufficienza del ricorso, il quale rappresenta la necessaria
esplicazione del requisito della specificità dei motivi, laddove la impugnazione inerisca a
elementi extra testuali – ha trascurato di rappresentare compiutamente (e di documentare) le
2

In conclusione, l’appellante non aveva espresso censure di inosservanza o di violazione di

emergenze processuali che sorreggono la eccezione di incompetenza a fronte delle
argomentazioni dei giudici di merito che hanno affermato che nel caso di specie si vede in
un’ipotesi di connessione, ai sensi dell’articolo 12 lett. C) codice di procedura penale con
ipotesi di reato più grave ascritti a coimputati la cui posizione è stata stralciata.
Aspecifica è anche la doglianza in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche e al trattamento sanzionatorio. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la
mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a

censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente a mente dell’art. 591 cod. proc.
pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità. La Corte territoriale ha indicato che la pena era
stata fissata nei minimi edittali e che le attenuanti generiche, genericamente richieste, non
potevano essere concesse considerata la gravità dei fatti. La sussistenza di circostanze
attenuanti rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto, e può
essere esclusa dal giudice con motivazione, come quella in esame, fondata sulle sole ragioni
preponderanti della propria decisione. Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti
generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli
o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia
riferimento, come è avvenuto nel caso di specie, a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti,
rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Cass. sez.VI 16 giugno 2010
n.34364, Giovane, Sez. 6, Sentenza n. 34364 del 16/06/2010 Ud. (dep. 23/09/2010 ) Rv.
248244)

Le doglianze sollevate da Marcon Luigina sono formulate in modo assolutamente generico, in
violazione di quanto prescritto dall’art. 581 c.p.p., lett. c). Sono manifestamente insussistenti,
del resto, i vizi di motivazione pur genericamente denunciati, perché la Corte territoriale ha
compiutamente esaminato le doglianze difensive ed ha dato conto del proprio convincimento
sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, esaurientemente argomentando circa la
pronuncia di responsabilità.
Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate nel
pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le regole della
le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la conferma
delle conclusioni di colpevolezza
Inammissibile perché manifestamente infondata è la doglianza in ordine al diniego delle
circostanze attenuanti generiche. Richiamati i principi espressi allorchè si è trattata la posizione
di Gatta Giancarlo deve rilevarsi che anche in questo caso il motivo in ordine al diniego delle
attenuanti generiche è stato correttamente dichiarato inammissibile perché l’appellante non
aveva espresso censure con la determinatezza necessaria a porre il giudice dell’impugnazione
in condizione di verificare l’eventuale fondatezza del vizio lamentato.
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fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice

Anche il ricorso di Marinoni Piergiorgio deve essere dichiarato inammissibile.
.

Deve premettersi, con riguardo alle doglianze formulate dal ricorrente, attinenti alla tenuta

argomentativa della sentenza, che ai sensi di quanto disposto dall’art. 606 c.p.p., comma 1,
lett. e), che il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne nè la ricostruzione dei fatti
ne’ l’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto
impugnato risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile: a) l’esposizione delle ragioni
giuridicamente significative che lo hanno determinato; b) l’assenza di difetto o
contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle

l’illogicità della motivazione, deve risultare percepibile ictu oculi, in quanto l’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il
sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della
rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Cass., Sez. 4, 4 dicembre 2003,
Cozzolino ed altri). Inoltre, va precisato, che il vizio della “manifesta illogicità” della
motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugnato, nel senso che il relativo
apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica “rispetto a sè
stessa”, cioè rispetto agli atti processuali citati.
Va altresì ricordato che, anche alla luce del nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e),
come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, non è tuttora consentito alla Corte di
cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del
contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al
giudice del merito. La previsione secondo cui il vizio della motivazione può risultare, oltre che
dal “testo” del provvedimento impugnato, anche da “altri atti del processo”, purché
specificamente indicati nei motivi di gravame, non ha infatti trasformato il ruolo e i compiti del
giudice di legittimità, il quale è tuttora giudice della motivazione, senza essersi trasformato in
un ennesimo giudice del fatto. In questa prospettiva il richiamo alla possibilità di apprezzarne i
vizi anche attraverso gli “atti del processo” rappresenta null’altro che il riconoscimento
normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto “travisamento della
prova” che è quel vizio in forza del quale la Corte, lungi dal procedere ad una (inammissibile)
rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova
risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato veicolato o meno, senza
travisamenti, all’interno della decisione.
In tal senso, per chiarire, si può apprezzare il travisamento della prova nei casi in cui il giudice
di merito abbia fondato il suo convincimento su una prova che non esiste (ad esempio, il
testimone indicato in sentenza non esiste) o su un risultato di prova incontestabilmente
diverso da quello reale (ad esempio, il testimone ha dichiarato qualcosa di diverso da quello
rappresentato in sentenza oppure nella ricognizione il soggetto ha “riconosciuto” persona

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argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento. Deve aggiungersi che

diversa da quella indicata in sentenza) (v., Sezione 4, 14 dicembre 2006, p.c. Bambini ed altri
in proc. Guarneri).
Mentre, giova ribadirlo, non spetta comunque alla Corte di cassazione “rivalutare” il modo con
cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito, giacché attraverso
la verifica del travisamento della prova il giudice di legittimità può e deve limitarsi a controllare
se gli elementi di prova posti a fondamento della decisione esistano o, per converso, se ne
esistano altri inopinatamente e ingiustamente trascurati o fraintesi. Per intenderci, non
potrebbe esserci spazio per una rinnovata considerazione della valenza attribuita ad una

considerazione di altra deposizione testimoniale di segno opposto esistente in atti ma non
considerata dal giudice ovvero la valenza ingiustamente attribuita ad una deposizione
testimoniale inesistente o presentante un contenuto diametralmente opposto a quello recepito
dal giudicante.
Ponendosi nella richiamata prospettiva ermeneutica,le doglianze del ricorrente, contenute nei
motivi in cui lamenta il travisamento della prova con riferimento alla deposizione dei testi
Pezzoli e Vegro si palesa manifestamente infondata, non apprezzandosi nella motivazione della
sentenza gravata alcuna illogicità che ne vulneri la tenuta complessiva.
In ogni caso la doglianza sarebbe inammissibile anche alla luce di alcuni arresti di questa Corte
(Cass Sez. 6° 10 maggio 2007, Contrada; Cass Sez. 4° n. 15556/08), secondo i quali, alla luce
della nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20
febbraio 2006, n. 46, che consente di dedurre il vizio di motivazione desumibile dagli “atti del
processo” specificamente indicati, deve per vero rilevarsi che una “fonte dichiarativa” è per sua
stessa definizione scandita da significanze non univoche, sì da doversi escludere che essa
possa in linea di principio integrare gli “altri atti del processo” cui potrebbe o dovrebbe
estendersi in sede di legittimità lo scrutinio sulla completezza e logicità della decisione
impugnata. Infatti, la testimonianza, salvi i casi limite in cui l’oggetto della deposizione sia del
tutto definito o attenga alla proposizione di un dato storico semplice e non opinabile (ad
esempio: il teste dice bianco, il giudice valuta la deposizione come se avesse detto nero o non
avesse detto nulla), è sempre il frutto di una percezione soggettiva del dichiarante anche se
attiene a fatti di sua diretta scienza, con la conseguenza che il giudice di merito, nel valutare i
contenuti della deposizione testimoniale, è sempre chiamato a “depurare”, in diversa misura, il
dichiarato dalle cause di interferenza provenienti dal dichiarante: ossia dalla sua capacità
cognitiva, dalla sua sensibilità percettiva ed emotiva, dal suo stato di coinvolgimento o meno
negli accadimenti che riesuma e descrive. Per l’effetto, affinché il giudice di legittimità possa
esprimere un eventuale giudizio sulla completezza, logicità e non contraddittorietà della
motivazione in rapporto all’apprezzamento (di fatto) di una fonte testimoniate operato o non
operato dal giudicante, diverrebbe necessario che avesse contezza dell’intero compendio
probatorio (tutti gli atti processuali) raccolti fino al momento della decisione, sulla base dei
quali svolgere l’analisi comparativa inerente la decisività o non della fonte testimoniale e della
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U

determinata deposizione testimoniale, mentre potrebbero farsi valere la mancata

incidenza causale dalla stessa svolta (cioè della sua lacunosa o preterita considerazione) nel
.

percorso decisionale del giudice di merito: ciò che è impraticabile in rapporto alla natura del

,

giudizio di legittimità.
Nel caso in esame, la Corte di merito argomenta la responsabilità dell’imputato, dando conto di
avere compiutamente esaminato le doglianze difensive e di avere fondato il proprio
convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione, esaurientemente
argomentando circa la pronuncia di responsabilità facendo puntuale riferimento alle
dichiarazioni dei coimputati riscontrate dal teste Pezzoli e dalle conversazioni intercettate,

I ricorsi sono pertanto inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle
spese processuali. Gatta Giancarlo e Marinoni Piergiorgio devono anche essere condannati alla
rifusione in favore della parte civile Toro Assicurazioni SpA delle spese dalla stessa sostenute in
questo grado di giudizio liquidate in C 3.500,00 oltre Iva e CpA.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile i ricorsi condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e
ciascuno della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, nonché Gatta Giancarlo e
Marinoni Piergiorgio alla rifusione in favore della parte civile Toro Ass curazioni SpA delle spese
dalla stessa sostenute in questo grado di giudizio liquidate in C 3.500, O oltre Iva e CpA.
Così deliberato in Roma il 3.12.2013

espressamente indicate.

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