Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6591 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6591 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: VERGA GIOVANNA

Data Udienza: 03/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUTI TOMMASO N. IL 09/09/1966
BUTI FRANCESCO N. IL 20/10/1961
CANU SALVATORE N. IL 19/04/1951
avverso la sentenza n. 3025/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
31/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNA VERGA
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Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. EoLu-cd’A'” v noli°
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza in data 31 maggio 2012 la corte d’appello di Firenze in parziale riforma della
sentenza emessa dal locale tribunale che in data 3 novembre 2009 aveva condannato Buti
Tommaso, Buti Francesco e Canu Salvatore per il reato di appropriazione indebita aggravato
dall’abuso di relazioni di prestazione d’opera e dal danno patrimoniale di rilevante gravità,
dichiarava non doversi procedere nei loro confronti per essere il reato estinto per prescrizione
confermando le statuizione civili.

In particolare Buti Francesco e Buti Tommaso, a mezzo del loro difensore, deducono che la
sentenza impugnata è incorsa in vizio della motivazione. Sostengono che manca la prova che i
funzionari di Banca abbiano prestato i soldi a loro e agli altri intestatari dei conti correnti con la
consapevolezza che costoro non li avrebbero restituiti, così come non è emersa la prova di
qualsiasi vantaggio da parte dei funzionari coinvolti nelle condotte sopra descritti. Non è
emersa alcuna prova circa la sussistenza di un accordo collusivo con i funzionari di banca e
neppure una consapevolezza da parte dei ricorrenti di essere avvantaggiati dal personale della
banca. Chiedono inoltre l’annullamento della sentenza con riferimento al capo relativo al
risarcimento del danno in ragione della evidente illogicità della pronuncia d’appello che sbaglia
nel calcolo dei conferimenti. Sostengono che la parte relativa alla gestione Giannotti doveva
essere espunta dal calcolo stante la prescrizione del reato già con la sentenza di primo grado.
Alla cifra così ottenuta dovevano essere sottratti euro 246.000 corrisposti in più riprese dai
Buti. Richiamano sul punto alcune testimonianze ed evidenziano altresì che già nel 2004 e poi
ancora nel 2006 i Buti avevano concordato con la Banca un piano di rientro in base al quale
erano stati corrisposti euro 74.000.
Canu Salvatore denuncia che la sentenza impugnata è incorsa in violazione di legge e il vizio
della motivazione. Contesta la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove operata dai
giudici di merito. Sostiene che non vi è prova della sua responsabilità nella vicenda processuale
I ricorso devono essere dichiarati inammissibili, giacché i motivi in esso dedotti sono
manifestamente infondati e ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare, per di più, non specifici. La mancanza di
specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla
decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo
ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità,
conducente a mente dell’art. 591 cod. proc. pen., comma primo, lett. c), all’inammissibilità.
Sono manifestamente insussistenti, del resto, i vizi di motivazione pur genericamente
denunciati, perché la Corte territoriale ha compiutamente esaminato le doglianze difensive ed
ha dato conto del proprio convincimento sulla base di tutti gli elementi a sua disposizione,

Ricorrono per cassazionSrimputati

esaurientemente argomentando circa la responsabilità dei prevenuti nei fatti contestati rispetto
ai quali vi è stata declaratoria di prescrizione.
Nell’esame operato dai giudici del merito le acquisizioni probatorie risultano interpretate nel
pieno rispetto dei canoni legali di valutazione e risultano applicate con esattezza le regole della
logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la conferma delle conclusioni
di colpevolezza
Deve aggiungersi che le argomentazioni esposte nei

motivi relativi all’affermazione di

responsabilità si risolvono in generiche censure in punto di fatto che tendono unicamente a

ingresso in questa sede di legittimità a fronte di una sentenza, come quella impugnata che
appare congruamente e coerentemente motivata proprio in punto di responsabilità nei
confronti di tutti i ricorrenti.
Analoghe considerazioni valgono anche con riguardo alla doglianza, sollevata dalla difesa Buti,
in ordine alla condanna al risarcimento dei danni. La Corte territoriale ha compiutamente
esaminato le doglianze difensive ed ha dato conto di avere tenuto in considerazione non solo i
pagamenti parziali, ma anche i fatti esclusivamente addebitabili al Gianotti.
I ricorsi sono pertanto inammissibili e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di C 1000,00 da versare alla Cassa delle Ammende,
nonché alla rifusione in favore della parte civile Monte dei Paschi di Siena S.p.A. delle spese
dalla stessa sostenute, liquidate in complessivi euro 2000,00 oltre Iva e Cpa.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi condanna i ricorrenti al pagament delle spese processuali e
ciascuno della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammencì, nonché alla rifusione in
favore della parte civile Monte dei Paschi di Siena S.p.A. delle spie dalla stessa sostenute,
liquidate in complessivi euro 2000,00 oltre Iva e Cpa
Così deliberato in Roma il 3.12.2013
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

prospettare una diversa ed alternativa lettura dei fatti di causa, ma che non possono trovare

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