Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6588 del 11/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6588 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALLARIN FRANCO N. IL 06/01/1988
CAMUGLIA FILIPPO N. IL 14/08/1955
lb
IR

••

5-timac,a-to

FALLETTA LORENZO N. IL 07/12/1987
RENARD VALERIO N. IL 17/10/1978
avverso la sentenza n. 6564/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
09/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/10/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
e ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’A
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 11/10/2013

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.Sante
Spinaci, il quale ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati
inammissibili,

Udito il difensore di fiducia di Franco Ballarin, avv.Mario Almondo che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso.
Uditi il difensore di fiducia di Lorenzo Falletta, avv.Ferruccio Rattazzi che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 15.7.2011, il GIP presso il Tribunale di Torino dichiarò
Ballarin Franco, Camuglia Filippo, Falletta Giuseppe, Falletta Lorenzo,
Renard Valerio (ed altri) responsabili dei reati di cui ai capi di imputazione
come agli stessi rispettivamente ascritti, e unificati i reati sotto il vincolo della
continuazione, condannò: Ballarin Franco alla pena di anni sei mesi sei e
giorni 20 di reclusione ed € 2600,00 di multa per i reati di associazione a
delinquere, rapina, furto ricettazione e riciclaggio; Camuglia Filippo alla
pena di anni di reclusione per i reati di cui agli artt.378 e 379 c.p.; Falletta
Giuseppe alla pena di anni dieci di reclusione ed € 3000,00 di multa per i
reati di associazione a delinquere, rapina, furto, ricettazione e riciclaggio;
Falletta Lorenzo alla pena di anni nove di reclusione ed € 2920,00 di multa
per i reati di associazione a delinquere, rapina, furto, ricettazione e
riciclaggio; Renard Valerio alla pena di mesi dieci e giorni dieci di reclusione
ed € 200,00 di multa in relazione ai reati di cui all’art.624 bis c.p. di cui ai capi
70 e 71.
Avverso tale pronunzia proposero gravame gli attuali ricorrenti ed altri
imputati, e la Corte d’Appello di Torino, con sentenza del 9.3.2012, in
parziale riforma della decisione di primo grado concesse a Ballarin Franco le

(

circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva e
riduceva la pena ad anni cinque di reclusione ed euro 2000,00 di multa.
Riduceva altresì la pena inflitta a Falletta Lorenzo ad anni sei e mesi otto di
reclusione ed euro 1800,00 di multa. Confermava la sentenza nei confronti di
Camuglia Filippo, Falletta Giuseppe, e Renard Valerio.
Ricorre per cassazione il difensore di BALLARIN Franco, deducendo

con due distinti motivi la violazione dell’art.606 lett. e) c.p.p., per mancanza e
manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla invocata prevalenza
delle attenuanti generiche sulla recidiva in considerazione dell’esplicita
ammissione di responsabilità rispetto ai capi di imputazione pur oggetto di
impugnazione, e alla quantificazione della pena in considerazione della
attenuata pericolosità e della drammatica situazione familiare.
Ricorre per cassazione CAMUGLIA Filippo, deducendo la violazione
dell’art.606 lett. e) c.p.p., per mancanza e manifesta illogicità della
motivazione, in relazione alla determinazione della pena.
Ricorre per cassazione il difensore di FALLETTA Giuseppe, deducendo
la violazione dell’art.606 lett.b) c.p.p. errata interpretazione della legge
penale, non potendo trovare applicazione la fattispecie di cui all’art.416 c.p.,
per insussistenza dell’elemento dell’ “affectio societatis”;
Ricorre per cassazione il difensore di FALLETTA Lorenzo, deducendo.
1) la violazione dell’art.606 lett. b) c) ed e) c.p.p. per inosservanza ed errata
applicazione di norme della legge penale e processuale, e mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato
di associazione a delinquere; 2) la violazione dell’art.606 lett. b) c) ed e) c.p.p.
per inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in
ordine alla determinazione della pena e sulla mancata concessione delle
attenuanti generiche con giudizio di prevalenza rispetto alle aggravanti, in
considerazione della confessione non necessitata e rilevante. In data
24.0.2013, è pervenuta memoria del difensore del ricorrente con i seguenti
motivi nuovi e aggiunti: 1) la violazione dell’art.606 lett. b) c) ed e) c.p.p. per
inosservanza ed errata applicazione di norme della legge penale e
2

processuale, e mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione in relazione alla condanna per i reati di cui ai capi 61), 63) e 64)
(ricettazione e/ o furto delle targhe apposte ed utilizzate sulle autovetture
Alfa Romeo ed Audi di provenienza anch’esse da reato, e per le quali erano
già contestati i reati di riciclaggio), essendo i reati assorbiti nella fattispecie di
reato prevista dall’art.648 bis c.p.; 2) la violazione dell’art.606 lett. e) c.p.p.

per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in
relazione alla mancata concessione della attenuante di cui all’art.114 c.p., non
emergendo neanche il ruolo ricoperto dal Falletta all’interno
dell’associazione.
Ricorre per cassazione il difensore di RENARD Valerio, deducendo la
violazione dell’art.606 lett. e) c.p.p., per mancanza e manifesta illogicità della
motivazione, in relazione alla determinazione della pena. La sentenza
impugnata ha condiviso l’entità di pena inflitta all’imputato con la pronuncia
di primo grado che – dopo aver quantificato la pena base per il reato ritenuto
più grave al capo 70 dell’imputazione (e di cui agli artt.110, 624 bis in
relazione all’art.625 nr.2 e nr.5 c.p. furto aggravato in una tabaccheria valore della merce sottratta euro 10.550,00) in una misura solo leggermente
superiore ai minimi edittali (anni uno mesi due di reclusione ed € 250,00 di
multa) aveva disposto un aumento a titolo di continuazione con la fattispecie
di cui al capo 71 (e di cui agli artt.110, 624 bis in relazione all’art.625 nr.2 e
nr.5 c.p. furto aggravato all’interno della stazione di servizio Agip -valore
della merce sottratta euro 5000,00) di ben mesi 1 giorni 15 di reclusione ed
euro 50,00 con motivazione illogica essendo la pena per il reato più grave
contenuta in misura prossima ai minimi edittali, e marginale l’apporto
causale della condotta dell’imputato, che durante la consumazione del reato
in questione si è limitato ad attendere i coimputati, seduto sui sedili
posteriori dell’autovettura. In modo del tutto apodittico, la Corte ha poi
ritenuto giustificata l’applicazione della recidiva per il grave precedente e
l’obiettiva gravità delle condotte poste in essere, e congrua la pena rigettando
la richiesta di concessione delle attenuanti generiche con giudizio di
prevalenza.
3

Tutti i ricorrenti chiedono pertanto l’annullamento della sentenza.
All’udienza odierna è stato disposto lo stralcio degli atti con riferimento
a Falletta Giuseppe.

Motivi della decisione

1. I ricorsi sono tutti inammissibili.
2. Le censure formulate dai ricorrenti Ballarin, Camuglia e Renard,
concernenti unicamente la determinazione della pena (e per Ballarin anche le
attenuanti generiche pur concesse dalla Corte territoriale ma con giudizio di
equivalenza rispetto alla recidiva), oltre che manifestamente infondate, sono
prive della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’art 591
lett. c) c.p.p., non tenendo conto delle argomentazioni esposte dalla sentenza
impugnata, e consistendo in una mera reiterazione dei motivi dell’atto
d’appello, ai quali – contrariamente a quanto sostenuto nei ricorsi – la Corte
ha risposto, con motivazione congrua ed esente a vizi logici, in modo
coerente e rispondente agli elementi presi in considerazione.
In particolare, e premesso che ai fini del giudizio di comparazione, il
giudice di merito non è tenuto a prendere in considerazione tutte le
circostanze prospettate dalle parti, essendo, invece, sufficiente che egli dia
rilievo a quegli elementi ritenuti di valore decisivo con la conseguenza che
debbono considerarsi disattese, e non già pretermesse, tutte le
argomentazioni e le risultanze non espressamente esaminate, nell’implicito
raffronto con gli elementi giudicati fondamentali (v.Cass.Sez.II, Sent. n.
14463/ 2003 Rv. 228774), rileva il Collegio che la Corte territoriale ha
ampiamente illustrato le ragioni per le quali, sulla scorta delle risultanze
processuali, ha ritenuto congrue le pene irrogate dal primo giudice a
Camuglia Filippo e Renard Valerio, e ridotto quella inflitta al Ballarin,
rilevando, per quanto riguarda il CAMUGLIA, che sia la condotta integrante
il reato di favoreggiamento reale protrattasi per lungo tempo che quella
tenuta dall’imputato in occasione della rapina del 5 maggio 2010 (allorchè
4

con prontezza aveva risposto alla richiesta di aiuto del Falletta, adoperandosi
in vario modo in favore suo e dei suoi sodali, affinchè sfuggissero alle
ricerche degli organi investigativi) sono di indubbia gravità mentre la pena tenuto conto anche della capacità a delinquere del prevenuto desumibile dal
suo percorso criminale – è finanche mite (anni uno e mesi sei, ben inferiore al
massimo edittale di anni cinque), e l’aumento per la continuazione (mesi tre)

di cui ai capi 70 e 71, la Corte ha evidenziato come il grave precedente penale
per reati di analoga natura a quelli per cui si procede, l’obiettiva gravità delle
condotte poste in essere, le modalità e la tempistica delle condotte criminose
siano indici di una non modesta capacità a delinquere, e giustifichino quindi
la ritenuta sussistenza della recidiva contestata come in concreto significativa
della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità
dell’imputato. Quanto all’invocata prevalenza delle attenuanti generiche
sulle aggravanti contestate, ha spiegato la Corte di non poter accogliere la
richiesta e di condividere il giudizio di bilanciamento del primo giudice, in
considerazione della natura dei reati ascritti e della vita anteatta del reo
nonché dell’atteggiamento dal medesimo tenuto dopo la commissione dei
reati, già benevolmente valutato dal GUP ai fini della concessione delle
attenuanti generiche, nonostante l’assenza di effettive ammissioni di
responsabilità e risultanze probatorie inconfutabili. La determinazione in
concreto della pena base da applicare per il reato più grave (anni 1 mesi 2 ed
euro 250,00 di multa) è poi solo leggermente superiore ai minimi edittali, e
l’aumento per la continuazione contenuto in un mese e giorni 15.
In ordine alla posizione di BALLARIN Franco, al quale in primo grado
erano state negate le attenuanti generiche per la tardiva e parziale
ammissione di responsabilità, la Corte ha ben spiegato le ragioni della
disposta riduzione di pena, ritenendo rivisitabile la valutazione operata dal
primo giudice alla luce della condotta successivamente tenuta dall’imputato
che pur avendo interposto appello in ordine al giudizio di responsabilità per
i reati di furto e tentato furto di cui ai capi 37 e 76, nel corso dell’udienza
d’appello, aveva ammesso la propria responsabilità anche rispetto a tali

estremamente contenuto. Per Valerio RENARD, condannato per i due furti

imputazioni. Tale comportamento unitamente all’intervenuta elargizione
operata in favore di un ente benefico sono stati ritenuti segni di un auspicato
mutamento di atteggiamento nei confronti delle regole della convivenza
civile e quindi tali da giustificare la concessione delle attenuanti generiche, in
rapporto però di sola equivalenza, e non prevalenza, con la recidiva e con le
aggravanti contestate, in considerazione della indubbia gravità dei fatti

commissione, dalla considerazione della personalità del reo il quale
nonostante l’arresto subito a fine giugno 2009 e la conseguente condanna,
rimesso in libertà, aveva proceduto alla reiterazione nelle condotte criminose
con significativa cadenza (ventuno sono i reati contestati e di cui al
procedimento in questione), e con modalità efferate (v.pagg.8,9 e 36).
3. FALLETTA Lorenzo, con il primo motivo di ricorso, contesta la
sussistenza del reato di associazione a delinquere per mancanza degli
elementi tipici del reato, e mancanza di motivazione circa il ruolo da lui
rivestito nell’associazione medesima.
Il motivo è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’art 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice
d’appello, che non risultano viziate da illogicità manifeste.
La motivazione della Corte territoriale, che va necessariamente
integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, si
appalesa completa, priva di vizi logici, del tutto aderente alle premesse
fattuali acquisite in atti, compatibile con il senso comune, precisa e puntuale
nell’illustrare gli elementi dimostrativi della concreta esistenza tra gli
imputati di un accordo associativo, dedito principalmente alla commissione
di un numero indeterminato di rapine e furti (oltre che al riciclaggio di
vetture e alla ricettazione di beni di illecita provenienza) nonché
dell’esistenza di una struttura organizzativa per la realizzazione degli
obiettivi criminosi. Tali elementi vengono quindi indicati dalla Corte, in
particolare, nella predisposizione di mezzi adeguati per porre in essere
l’attività criminosa (disponibilità di numerose armi custodite in luogo
accessibile agli associati, comune utilizzabilità delle diverse vetture per la

contestati, del ruolo fondamentale svolto dall’imputato nella loro

commissione dei delitti, frequente utilizzo e cambio di telefoni cellulari con
schede intestate a terze persone), nei continui contatti tra gli imputati per
motivi attinenti all’attività in questione, nell’assoluta frequenza con cui le
condotte criminose erano poste in essere in un arco temporale limitato
(inconciliabile con accordi conclusi in via estemporanea di cui non vi è
peraltro traccia nelle numerose intercettazioni operate), nella circostanza che

tutti si avvalevano della medesima struttura organizzativa (il box di Borgaro
Torinese posto a disposizione del Falletta da parte di Camuglia Filippo) per
nascondere la refurtiva ed operare indisturbati. All’associazione in questione
appartenevano con ruoli paritari (quantomeno) i due Falletta, Ballarin
Franco e Lagaren Daris, che “non solo risultano essere stati continuamente
in contatto tra loro per porre in essere attività criminose (cfr.intercettazioni
telefoniche ed ambientali), ma concretamente risultano aver posto in essere
insieme molte delle condotte illecite ad essi ascritte avvalendosi della
medesima struttura organizzativa (v.pagg27-29 della sentenza impugnata).
4. Anche il secondo motivo di ricorso di FALLETTA Lorenzo è generico
nonché manifestamente infondato.
Ribadito quanto già affermato per il giudizio di comparazione al punto
2 in riferimento ai ricorsi di Renard e di Ballarin, osserva il Collegio che, nel
negare la prevalenza delle già concesse attenuanti generiche rispetto alle
aggravanti contestate, la motivazione della Corte non è né illogica né
contraddittoria; la Corte, condividendo e richiamando le argomentazioni del
primo giudice, che nel concedere le attenuanti generiche con giudizio di
equivalenza aveva tenuto conto anche del buon comportamento processuale
dell’imputato e dell’ammissione degli addebiti, ha affermato, in piena
coerenza con le risultanze processuali così come esposte in entrambe le
sentenze, che “nell’operare il giudizio di bilanciamento non può non tenersi
conto, da un lato che le ammissioni dell’imputato siano intervenute in modo
pieno ed esaustivo allorchè gli investigatori avevano già acquisito consistenti
elementi di prova rispetto alla maggioranza delle imputazioni formulate a
suo carico (avendo proceduto alla più ampia confessione solo nel gennaio
2011, dopo la notifica dell’avviso ex art.415 bis c.p.p.) e, dall’altro, della
7

capacità a delinquere dimostrata dall’imputato quale è comprovata dalla
obiettiva gravità dei fatti, posti in esse impugnata).
Per quanto riguarda infine la dosimetria della pena, la Corte, pur
accogliendo parzialmente le doglianze in ordine al trattamento sanzionatorio
apparendo eccessiva la pena in rapporto all’incensuratezza dell’imputato e al
coinvolgimento nell’attività criminosa da parte del padre, ha – con logica e
congrua motivazione – rilevato che la gravità dei fatti commessi anche con

modalità violente e la gravità della condotta reiteratamente tenuta
dall’imputato “ben giustifica la determinazione della pena in misura
superiore al minimo edittale ed un apprezzabile aumento per la
continuazione riconosciuta per i diversi reati ascrittigli” (ben 56).
5. I motivi di cui alla memoria in favore di FALLET’TA Lorenzo,
pervenuta il 24.9.2013 sono entrambi inammissibili.
In tema di ricorso per cassazione, infatti, la presentazione di motivi
nuovi è consentita solo entro i limiti in cui essi investano capi o punti della
decisione già enunciati nell’atto originario di gravame, poiché la “novità” è
riferita ai “motivi”, e quindi alle ragioni che illustrano ed argomentano il
gravame su singoli capi o punti della sentenza impugnata, già censurati con
il ricorso (v.Cass.Sez.I, Sent. n. 40932/2011 Rv. 251482).
I motivi in questione non riguardano i capi o punti censurati della
sentenza, ovvero la ritenuta responsabilità per il reato di associazione a
delinquere, il bilanciamento delle circostanze e la dosimetria della pena,
bensì la ritenuta responsabilità per i reati di cui ai capi 61), 63) e 64) relativi ai
reati di ricettazione delle targhe automobilistiche e di riciclaggio delle
vetture, e la mancata concessione dell’attenuante di cui all’art.114 c.p.
I motivi, peraltro, in quanto meramente reiterativi dei motivi d’appello,
sono pure privi della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione
all’art 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle ampie motivazioni svolte dal giudice
d’appello, sia sul concorso dei reati di riciclaggio delle vetture e di
ricettazione delle targhe apposte sulle medesime autovetture (v.pagg.30-32)
che sulla non configurabilità dell’attenuante di cui all’art.114 c.p. (v .pag.49).

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Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono
essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa (v.Corte Cost. sent.n.186/ 2000), nella
determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro ciascuno, così

equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille ciascuno alla Cassa delle
ammende.

et5Q2L

9

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