Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6582 del 13/11/2012


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 6582 Anno 2013
Presidente: DE ROBERTO GIOVANNI
Relatore: DI SALVO EMANUELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) CERRITO ROBERTO N. IL 27/09/1966
avverso l’ordinanza n. 2133/2012 TRIB. LIBERTA’ di ROMA, del
19/07/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMANUELE DI
SALVO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. r t7 ‘L 411/70

l

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 13/11/2012

RITENUTO IN FATTO
Roberto Cerrito ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale
del riesame di Roma in data 20-7-12, con la quale è stata sostituita la misura
della custodia in carcere, applicata con provvedimento del Gip del Tribunale
di Civitavecchia del 5-7-12, con quella degli arresti domiciliari
2. Il ricorrente deduce, con il primo motivo , vizio di motivazione circa la
carenza dei gravi indizi di colpevolezza; travisamento del fatto ,risultante dal
testo del provvedimento impugnato e omessa valutazione degli elementi a
discarico indicati dall’indagato e quindi nullità in relazione all’art 292 co 1 lett.
C) bis cpp. Il Cerrito venne tratto in arresto allorchè , in località Focene, alla
guida del furgone Iveco di proprietà della cooperativa per cui egli lavorava,
Dino Santori , passeggero, in quel frangente, a bordo del camion, consegnò a
4 persone una busta contenente cocaina. Questo è l’unico elemento a carico
dell’indagato. Ma Cerrito , che ha un’ottima posizione lavorativa,
guadagnando 9000 euro al mese, è del tutto estraneo ai fatti e non era
consapevole di ciò che trasportava il Santori , che gli aveva soltanto chiesto
un passaggio, nell’ambito di un rapporto di cordialità poiché entrambi
lavoravano presso lo scalo aereo di Fiumicino . Cerrito aveva anche intravisto
alcuni generi alimentari, dentro il sacco che il Santori aveva con sé quando
era salito sul camion, per cui non aveva avuto alcun sospetto circa la reale
natura di ciò che il passeggero portava con sé e per questo era così tranquillo
al momento dell’intervento dei Carabinieri. Se avesse avuto consapevolezza
delle effettive finalità dell’operazione, avrebbe usato l’auto, veicolo assai più
adatto allo scopo, e non un camion da 13 metri. E’ comunque da precisare
che il Cerrito dichiarò, in sede di interrogatorio, non di avere accettato di
accompagnare il collega ad incontrare il Natali, che era un noto pregiudicato,
come afferma l’ordinanza gravata , travisando i fatti, ma soltanto che il
Santori aveva detto genericamente al Cerrito di dover incontrare una
persona, senza fare il nome del Natali. Solamente in un momento successivo il
ricorrente scorse il Natali, da lui conosciuto di vista , fra le persone che
stazionavano nel punto in cui, su indicazione del Santori , egli era giunto con il
camion. Tutt’al più il Cerrito poteva forse avere la consapevolezza di
trasportare una persona che aveva con sé alcune buste di succhi di frutta
sottratti sul luogo di lavoro, del valore di 6 euro circa, ma da ciò non può in
alcun modo inferirsi la consapevolezza che si trattasse invece di cocaina. Non
vi è dunque alcun elemento a supporto dell’asserto secondo cui la materiale
condotta di detenzione e di cessione dello stupefacente, da parte
dell’indagato , fosse accompagnata dal relativo elemento psicologico in capo
al Cerrito.
Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.

1.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. In tema di misure cautelari personali, allorchè venga denunciato, con
ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal
tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza
natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il
giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato ,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. La richiesta di
riesame ha infatti, come mezzo d’impugnazione, la precipua funzione di
sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai
requisiti enumerati dall’art 292 cpp e ai presupposti ai quali è subordinata la
legittimità del provvedimento coercitivo. La motivazione della decisione del
tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve pertanto
conformarsi al modello delineato dal citato articolo, che si ispira al modulo di
cui alli art 546 cpp , con gli adattamenti resi necessari dal particolare
contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove ma su indizi e
tendente all’accertamento non della responsabilità ma di una qualificata
probabilità di colpevolezza. Nei procedimenti incidentali de libertate, lo
sviluppo della motivazione è dunque inficiato dalla mancanza di
approfondimento critico e di rigore argomentativo , allorchè l’asserto relativo
al carattere di gravità degli indizi non trovi giustificazione in un organico e
coerente apprezzamento degli elementi di prova né risulti articolato
attraverso passaggi logici dotati dell’indispensabile solidità ( Cass. , Sez. un.
22-3-2000, Audino , Cass. pen. 2000, 2231).
La verifica del ricorrere, nell’apparato motivazionale del provvedimento
impugnato, dei requisiti appena indicati individua e, al tempo stesso, delimita
l’area della cognizione del giudice di legittimità, il cui compito non è quello di
sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito in ordine
alla valenza probatoria delle risultanze processuali, bensì di stabilire se i giudicanti
abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano fornito una
2

, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare

corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente risposta alle
deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole della logica nello
sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate
conclusioni a preferenza di altre ( Sez un.13-12-95 Clarke , rv 203428). Nel caso di
specie, la motivazione del provvedimento impugnato non risponde agli anzidetti
requisiti .Non è infatti dato comprendere quale sia l’itinerario logico — giuridico sulla
prospettazione difensiva offerta dall’indagato , che ha affermato di avere accettato
, per ragioni di cortesia , di accompagnare il Santori , suo collega di lavoro, ad un
appuntamento con una persona , alla quale doveva consegnare il contenuto di una
busta. Sulla base di quanto risulta dall’ordinanza impugnata, lo stesso Cerrito
ammise di aver visto , all’interno della busta, dei succhi di frutta e di aver pensato
che il Santori potesse averli sottratti sul luogo di lavoro. Ma non si comprende sulla
base di quale percorso logico —giuridico il giudice a quo inferisca da ciò la
consapevolezza, in capo al Cerrito , che la busta contenesse stupefacente.
L’eterogeneità dei due tipi di illecito e la radicale alterità delle condotte e del
disvalore ad esse connesso non consentono di desumere da un’ammissione relativa
a un semplice sospetto inerente ad un furto l’elemento psicologico di un reato
come la detenzione, a fini di spaccio, e la cessione di stupefacente . Ancor meno
può inferirsene il dolo di concorso come coscienza e volontà di offrire un contributo
alla realizzazione di quest’ultimo reato , accompagnando il Santori sul luogo
dell’appuntamento. In ogni procedimento inferenziale , certamente il giudice è, di
regola, libero, di scegliere i criteri di inferenza destinati a garantire le proprie
argomentazioni probatorie e le conseguenti conclusioni sui fatti rilevanti. Deve però
offrire idonea giustificazione di tale scelta , tenendo ben presente la distinzione fra
massime di esperienza e congetture ( Cass , Sez Il, 16-9-2003, n. 39985/03, rv n.
227200) . Come è noto, una massima di esperienza è un giudizio ipotetico a
contenuto generale, indipendente dal caso concreto, fondato su ripetute
esperienze ma autonomo da esse, e valevole per nuovi casi ( Cass Sez. VI 7-3-2003,
n. 31706, Abbate , rv n. 228401). Si tratta dunque di generalizzazioni empiriche
tratte, con procedimento induttivo, dall’esperienza comune, che forniscono al
giudice informazioni su ciò che normalmente accade, secondo orientamenti
largamente diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la
decisione. Dunque, nozioni di senso comune ( cornmon sense presumptions ) ,
enucleate da una pluralità di casi particolari, ipotizzati come generali, siccome
regolari e ricorrenti, che il giudice in tanto può utilizzare in quanto non si risolvano
3

base del quale il Tribunale è pervenuto all’asserto relativo all’inattendibilità della

in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi o addirittura contrastanti con
conoscenze e parametri riconosciuti e non controversi .Al riguardo, si è chiarito, in
giurisprudenza ,che il controllo di legittimità inerente alla giustificazione esterna
della decisione non può estendersi fino al sindacato sulla scelta delle massime di
esperienza delle quali il giudice abbia fatto uso nella ricostruzione del fatto, purchè
la valutazione delle risultanze processuali sia stata compiuta secondo corretti criteri
ragionamento e la motivazione fornisca una spiegazione plausibile e logicamente
corretta delle scelte operate. Ne deriva che la doglianza di illogicità può essere
proposta allorchè il ragionamento non si fondi realmente su massime di esperienza,
secondo la nozione poc’anzi precisata, ma valorizzi piuttosto una congettura ,e cioè
un’ipotesi non fondata sull’id quod plerumque accidit , insuscettibile di verifica
empirica, o anche una pretesa regola generale che risulti però priva di qualunque
pur minima plausibilità ( Cass , Sez VI, 7-3-2003, cit. ) . E’ ciò che è riscontrabile nel
caso in disamina, in cui il giudice a quo non esplicita le linee della giustificazione
esterna del decisum , non indicando quali massime di esperienza egli abbia
utilizzato per inferire dalle risultanze processuali la sussistenza, in capo al Natali,
della consapevolezza del reale contenuto della busta in possesso del Santori e,
conseguentemente, il dolo del concorso nel reato di cui all’art 73 DPR 309/90. Si
rende perciò necessario un nuovo esame della fattispecie concreta da parte del
Tribunale, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale che ha tracciato un netto
discrimen tra massima di esperienza e mera congettura : nella prima, il dato è
connotato da un elevato grado di corroborazione, correlato all’esito positivo delle
verifiche empiriche cui è stato sottoposto, e quindi la massima può essere
formulata sulla base dell’id quod plerumque accidit. La congettura invece si iscrive
nell’orizzonte della mera possibilità sicchè la massima è insuscettibile di riscontro
empirico e quindi di dimostrazione. Pertanto, nella concatenazione logica di vari
sillogismi, in cui si sostanzia la motivazione, possono trovare ingresso soltanto le
massime di esperienza, ad esclusione di ogni congettura ( Cass 22-10-1990, Grilli,
Arch n. proc. pen. 1991, 469). In tali sensi è formulabile il principio di diritto ex art
173 co 2 disp att. cpp.
L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al Tribunale di Roma
per nuovo esame.
PQM

4

di metodo e con l’osservanza dei canoni logici che presiedono alle forme del

ANNULLA L’ORDINANZA IMPUGNATA E RINVIA AL TRIBUNALE DI ROMA PER NUOVO ESAME

Così deciso in Roma il 13-11-12.

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