Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6553 del 09/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6553 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PICCONE ALEXANDER N. IL 21/02/1976
avverso la sentenza n. 8/2012 TRIBUNALE di SAVONA, del
07/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 09/12/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Savona, giudice d’appello, ha confermato la sentenza
emessa in data 17 gennaio 2012 dal locale Giudice di pace, appellata da PICCONE Alexander,
dichiarato responsabile del delitto di minacce, commesso il 22 dicembre 2007.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto le censure prospettate tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento
del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Giudice di pace che dal Tribunale.
Nel caso in esame, difatti, le pronunce dei giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato
che la prova del fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la
cui credibilità è adeguatamente argomentata, secondo la pacifica regola di giudizio secondo cui
tali dichiarazioni possono, anche da sole, sostenere un’affermazione di penale responsabilità, ove
sottoposte ad un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva, non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non v’è ragione di dubitare della loro attendibilità
(cfr., tra le altre, Cass. sez. 3^, 27.3.2003, n. 22848, RV. 225232).
La sentenza impugnata, che ha anche affrontato la questione sul valore di mera constatazione dato dal primo giudice alla mancata prospettazione alternativa dell’imputato, non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel caso in esame, sorretta da validi elementi
dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P. Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 dicembre 2013.

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