Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 653 del 12/11/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 653 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cottino Sergio, nato a Torino il 02/04/1941

avverso la sentenza del 18/10/2011 della Corte d’Appello di Ancona

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Gabriele
Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, in parziale riforma della sentenza del Giudice
dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Ancona del 16/02/2006, veniva
confermata l’affermazione di responsabilità di Sergio Cottino per il reato di cui
all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267, commesso quale amministratore di fatto
della Chiffon Club s.a.s., dichiarata fallita in Ancona il 13/12/2000, in concorso

1

Data Udienza: 12/11/2013

con il socio accomandatario Francesca Maria Grazia Guercia, distraendo beni per
£. 128.540.148, simulatamente alienati in favore della Taurinense s.r.l. di fatto
gestita dallo stesso Cottino, un autoveicolo ceduto a Renzo Orru senza
corrispettivo ed altro autoveicolo non rinvenuto, e tenendo le scritture contabili
in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari
della fallita, in particolare registrando fittizi pagamenti per la cessione in favore
della Taurinense e omettendo l’annotazione della vendita degli autoveicoli di cui
sopra e delle movimentazioni con la Banca della Marche; confermandosi altresì la

grado veniva riformata con l’assoluzione della Guercia dalle stesse imputazioni
per non costituire il fatto reato.
L’imputato ricorre sui punti e per i motivi di seguito indicati.
1. Sulla correlazione fra l’imputazione e la sentenza, il ricorrente deduce
violazione di legge e mancanza di motivazione sull’espresso riferimento della
contestazione, quale norma incriminatrice, all’art. 222 legge fall. e non al
successivo art. 223, che peraltro prevede la necessità del rapporto causale fra la
condotta ed il fallimento.
2. Sull’affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta
patrimoniale, il ricorrente deduce violazione di legge nel mero richiamo della
decisione di primo grado e mancanza di motivazione in ordine alla ininterrotta
attività di conduzione di un locale notturno da parta della fallita e della
Taurinense, con utilizzo degli stessi beni pertanto non oggetto di distrazione,
all’abbandono di uno dei veicoli in quanto incidentato ed alla vetustà dell’altro
automezzo, sulla destinazione del prezzo del quale non vi erano peraltro rilievi
nella relazione del curatore.
3. Sull’affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta fraudolenta
documentale, il ricorrente deduce mancanza di motivazione in ordine alla
ricostruzione delle registrazioni omesse, da parte del curatore, in base alla stessa
documentazione rinvenuta, ed alla sussistenza del dolo.
Con memoria successivamente depositata il 04/11/2013 ricorrente eccepiva
l’omessa notifica dell’estratto contumaciale della sentenza impugnata al
difensore dell’imputato ai sensi dell’art. 157, comma ottavo, cod. proc. pen.,
successivamente rinunciando tuttavia a detto motivo con comunicazione
pervenuta il 05/11/2013.

k,

2

condanna del Cottino alla pena di anni due di reclusione. La sentenza di primo

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso relativi alla correlazione fra l’imputazione e la sentenza
sono inammissibili.
Il ricorso ripropone infatti genericamente una questione già affrontata e
risolta nella sentenza impugnata con la corretta osservazione per la quale il
testuale richiamo dell’imputazione all’art. 222, anziché all’art. 223 legge fall., è il
risultato di un evidente errore materiale, immediatamente riconoscibile come

amministratore di fatto, per la quale l’imputato rispondeva ai sensi dell’art. 223,
primo comma, legge fall., era specificamente indicata nel corpo dell’imputazione,
e la mancanza dell’esatto riferimento alla norma non produceva assolutamente le
conseguenze dedotte dal ricorrente in tema di rapporto causale fra la condotta
ed il fallimento, previsto per le diverse fattispecie di cui al secondo comma del
citato art. 223.

2.

Anche i motivi di ricorso relativi all’affermazione di responsabilità

dell’imputato per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale sono
inammissibili.
Sulla contestata distrazione dei beni ceduti alla Taurinense, vi è pure in
questo caso la mera riproposizione della questione relativa alla riconducibilità dei
beni all’attività di un locale ininterrottamente gestito dalla fallita Chiffon Club
prima e dalla Taurinense poi, circostanza esaminata e correttamente ritenuta
ininfluente dalla Corte territoriale in base all’autonomia delle garanzie delle due
diverse società (Sez. 5, n. 23241 del 24/04/2003, Tavecchia, Rv. 224952; Sez.
5, n. 36595 del 16/04/2009, Bossio, Rv. 245136; Sez. 5, n. 37370 del
07/06/2011, Bianchi, Rv. 250492), per la quale i beni venivano sottratti alle
pretese dei creditori della fallita nel momento in cui quest’ultima non incassava
alcun corrispettivo dalla cessione. Quanto alla distrazione dei veicoli, le censure
di mancanza di motivazione sono manifestamente infondate nel momento in cui,
al riferimento della sentenza di primo grado alla carenza di supporto
documentale della versione dell’imputato, quest’ultimo opponeva un motivo di
appello che si limitava a richiamare tale versione, risultando pertanto generico e
tale da non richiedere espressa motivazione reiettiva (Sez. 4, n. 1982 del
15/12/1998 (16/02/1999), Iannotta, Rv. 213230).

3. E’ infine inammissibile il motivo di ricorso relativo all’affermazione di
responsabilità dell’imputato per il reato di bancarotta fraudolenta documentale.

3

tale e privo di conseguenze giuridiche nel momento in cui la qualifica di

La doglianza del ricorrente sulla ricostruzione contabile comunque effettuata
dal curatore è generica e non attinente al contenuto della motivazione della
sentenza impugnata, ove si rilevava che tale ricostruzione non aveva comunque
consentito di individuare i beneficiari di somme prelevate dai conti correnti
bancari della società; ed è in ogni caso manifestamente infondata nel momento
in cui, come pure osservato dalla Corte territoriale, l’offensività del reato è data
dalla inidoneità delle scritture contabili ad offrire ai creditori un’immediata e
completa visione della consistenza patrimoniale e dei flussi finanzieri della fallita,

resa difficoltosa o superabile solo con l’impiego di particolare diligenza da parte
della curatela (Sez. 5, n.21588 del 19/04/2010, Suardi, Rv. 247965; Sez. 5, n.
3115 del 17/12/2010, Clementoni, Rv. 249267). Generica è altresì la censura di
mancanza di motivazione sulla sussistenza del dolo, viceversa valutata dai
giudici di merito nel corretto riferimento al principio per il quale l’elemento
psicologico del reato, nella fattispecie qui contestata, consiste nel dolo generico
dato dalla consapevolezza che una determinata tenuta della contabilità possa
rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari
della fallita (Sez. 5, n. 21872 del 25/03/2010, Laudiero, Rv. 247444; Sez. 5, n.
48523 del 06/10/2011, Barbieri, Rv. 251709).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare
equo determinare in €.1.000.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di €.1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 12/11/2013

nsore

Il Presidente

ed il reato è pertanto ravvisabile anche laddove la ricostruzione di tali profili sia

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