Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6529 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6529 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FRANCO AMEDEO

Data Udienza: 27/11/2012

SENTENZA
sul ricorso proposto da Lorenzi Vasco, nato a Monsummano Terme il
18.6.1931;
avverso la sentenza emessa il 26 maggio 2010 dal giudice del tribunale di
Cagliari;
udita nella camera di consiglio del 27 novembre 2012 la relazione fatta
dal Consigliere Amedeo Franco;
lette le conclusioni del Procuratore generale con le quali chiede
l’inammissibilità del ricorso;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe, emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il
giudice del tribunale di Cagliari applicò a Lorenzi Vasco la pena concordata tra
le parti in relazione al reato di cui all’art. 4 d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74, oltre al
rimborso delle spese in favore della parte civile Agenzia delle entrate, liquidato
in E 500,00.
L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo che egli non è responsabile della contabilizzazione delle fatture in questione che era fatta da
qualche collaboratore, e che pertanto doveva essere assolto ai sensi dell’art. 129
cod. proc. pen. per non aver commesso il fatto.
La parte civile Agenzia delle entrate ha depositato memoria di costituzione
chiedendo il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione
E’ sufficiente ricordare che, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, facendo richiesta di applicazione della pena, l’imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed esonera l’accusa dall’onere della prova; la sentenza che accoglie
detta richiesta contiene quindi un accertamento ed un’affermazione implicita
della responsabilità dell’imputato, e pertanto l’accertamento della responsabilità
non va espressamente motivato (Sez. Un. 27 marzo 1992, Di Benedetto, m.
191.134); e che pertanto, nello speciale procedimento di cui agli artt. 444 e

ti

segg. cod. proc. pen. la sentenza che applichi la pena «patteggiata» non può
formare oggetto di ricorso per cassazione per mancanza di motivazione sui presupposti di fatto della responsabilità dell’imputato, poiché la sussistenza di essi
viene da lui ammessa in modo implicito, ma univoco, nel momento stesso in cui
egli richiede il patteggiamento o aderisce ad analoga richiesta del P.M. (Sez.
VI, 21 maggio 1991, Grimaldi, m. 188.084).
Inoltre, nel caso di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle
parti, l’obbligo di motivazione non può non essere conformato alla particolare
natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non
potendo ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto
del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione; ne
consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui
all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano
concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione — anche implicita — che è stata compiuta la verifica
richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (Sez. Un., 27 settembre 1995, Serafino,
m. 202.270), il che nella specie si è appunto verificato, avendo la sentenza impugnata escluso la sussistenza dei presupposti per l’applicabilità dell’art. 129
cod. proc. pen.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
In applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che possano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare
in E 1.500,00.
Va altresì disposto il rimborso delle spese del grado in favore della parte
civile Agenzia delle entrate, liquidate come in dispositivo.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della cassa delle
ammende, nonché al rimborso in favore della parte civile Agenzia delle Entrate
delle spese del grado liquidate in complessivi 1.000,00, oltre spese generali ed
accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 27
novembre 2012.

-2,■.•

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