Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6521 del 19/09/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6521 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CURRO’ GIUSEPPE N. IL 08/09/1966
avverso l’ordinanza n. 2445/2011 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
19/12/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
141te/sentite le conclusioni del PG Dott. ftQ4.cH i W) (tiro
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 19/09/2012

RITENUTO IN FATTO

1.1 Con ordinanza del 19 dicembre 2011, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del
Riesame, confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP di quel Tribunale in
data 9 novembre 2011 nei confronti di CURRO’ Giuseppe, indagato per il reato di cui all’art. 10
ter del D. L.vo 74/00 (evasione IVA per complessivi C 286.604,00): detto sequestro aveva per

corrispondente al profitto derivante dalla evasione del pagamento dell’IVA.
1.2 Osservava il Tribunale, quanto alla sussistenza del fumus commissi delicti, che esso
era agevolmente desumibile dalla circostanza che il CURRO’, legale rappresentante di una
società di capitali, non aveva provveduto nei termini di legge al versamento dell’acconto di
imposta IVA per l’anno 2007, dovuta sulla base della dichiarazione annuale. Rilevava, poi, che
trovando applicazione il disposto di cui agli artt. 312 e 322 ter cod. proc. pen. in tema di
confisca per equivalente, non era necessario verificare la sussistenza del duplice requisito della
pertinenzialità rispetto al reato e del periculum in mora, valendo quale unico limite il non
superamento del valore dei beni sequestrati rispetto all’entità del profitto del reato.
1.3 Per l’annullamento del detto provvedimento ricorre l’indagato a mezzo del proprio
difensore di fiducia articolando tre distinti motivi: a) violazione di legge per carenza assoluta
di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus criminis nella misura in cui il Tribunale ne
aveva confermato la sussistenza, disattendendo in modo apodittico le argomentazioni difensive
riferite alla crisi di liquidità aziendale ed alla mancanza dell’elemento psicologico; b) violazione
di legge per carenza di motivazione, avendo il Tribunale omesso ogni valutazione in ordine al
valore dei beni che era stato calcolato in modo approssimativo e lesivo dei limiti entro i quali il
sequestro poteva essere ammesso e/o disposto; c) violazione di legge per omessa motivazione
in merito al rilevo difensivo formulato in sede di riesame, secondo il quale non era stato tenuto
conto della intervenuta formazione del c.d. “giudicato cautelare” in relazione a due distinte
ordinanze di rigetto da parte del Gli’ di altrettante richieste di sequestro l’ultima delle quali non
impugnata dal P.M. e dunque passata in giudicato: per effetto di ciò, rileva la difesa la
manifesta illogicità dell’ordinanza per avere confermato un provvedimento di sequestro basato
sulle medesime argomentazioni prospettate dal P.M. rispetto a quelle che avevano formato
oggetto delle precedenti richieste non accolte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non può essere accolto. Va premesso che versandosi in tema di misure
cautelari reali aventi per oggetto la conferma del decreto di sequestro preventivo per
equivalente, il vizio deducibile in sede di legittimità è unicamente quello della violazione di
legge: violazione di legge che – relativamente alla motivazione – si traduce o nel suo difetto
assoluto, ovvero in una motivazione apparente e, come tale, tamquam non esset, non

oggetto il sequestro di beni immobili finalizzato alla confisca per equivalete per un valore

trovando invece ingresso il vizio correlato ad una motivazione insufficiente e/o non puntuale
(in termini Cass. Sez. 1″ 31.1.2012 n. 6821, Chiesi, Rv. 252430; Cass. Sez. 3^ Ord.
6.10.2011 n. 45343, P.M. in proc. Moccaldi ed altro, Rv. 251616).
2. Quanto alle regole di valutazione del fumus criminis ed ai poteri di verifica riservati al
giudice del riesame, ancorché essa non debba tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza
dell’accusa, è necessario accertare la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi
di reato. Pertanto ai fini dell’individuazione del fumus commissi delicti, il giudice del riesame

concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e
dimostrare la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la
misura cautelare sottoposta al suo vaglio. (in termini Cass. Sez. 5^ 26.1.2010 n. 18078, De
Stefani, Rv. 247134; da ultimo, Cass. Sez. 4^ 14.3.2012 n. 15448, Secchione, Rv. 253508).
3. A tali regole non si è di certo sottratto il Tribunale, non potendosi considerare né
apparente, né inesistente la motivazione relativa al

fumus criminis in quanto, per linee

essenziali, ma esaurienti, è stata esposta la ragione della configurabilità, a livello indiziario, del
delitto fiscale. Né il vizio denunciato può riguardare la mancata valutazione da parte del
Tribunale delle argomentazioni difensive (argomentazioni incentrate sul mancato
conseguimento di un utile economico derivante, da un lato, dalla mancata riscossione dell’IVA
dichiarata a causa della insolvenza degli acquirenti e, dall’altro, dalla assenza dell’elemento
psicologico del reato conseguente alle denunciate difficoltà di liquidità dell’azienda), posto che
il tribunale non si è limitato ad affermare – come ritenuto dal ricorrente – l’insostenibilità delle
tesi difensive, ma le ha disattese perché basate su circostanze non documentate. Si è quindi
soddisfatto quel requisito motivazionale minimio richiesto dall’art. 325 cod. proc. pen. che
impedisce di individuare il vizio di motivazione dedotto nel ricorso.
4.

Quanto al secondo motivo afferente ad una approssimativa – e dunque

insufficientemente motivata – valutazione dei beni sottoposti al sequestro rispetto al profitto
derivante dal reato, trattasi di motivo inammissibile non solo perché viene in realtà dedotto un
vizio di motivazione sotto il profilo della insufficienza e non – come richiesto dalla norma
processuale – della sua totale assenza e/o apparenza, ma anche perché il Tribunale ha operato
la propria valutazione di tipo economico con riferimento ai valori catastali: in questo senso la
giurisprudenza di questa Corte ha già affermato il principio di diritto secondo il quale è
legittima la determinazione del valore economico dei beni da assoggettare al sequestro
funzionale alla confisca per equivalente desunta dagli estimi catastali, ben potendo gli
interessati far valere eventuali difformità rispetto al valore commerciale attraverso una
successiva istanza di revoca ovvero mediante il sistema delle impugnazioni ex art. 324 cod.
proc. pen. (in termini, Cass. Sez. 3^ 8.2.2012, n. 10438, P.M. in proc. Genovese ed altro, Rv.
242344).

nella motivazione dell’ordinanza deve enunciare, o indicare, in modo puntuale e coerente le

5. Generico, e come tale inammissibile, il terzo motivo riguardante la illogicità manifesta in
relazione alla dedotta violazione del principio del “giudicato cautelare”, ricordandosi, peraltro,
che per trovare esso applicazione occorre che siano riproposte istanze o richieste basate sugli
stessi argomenti posti a fondamento di precedenti provvedimenti divenuti poi definitivi:
circostanza che nel caso in esame non si è verificata, stante la indicazione dei beni e del loro
valore da parte del P.M. a differenza di quanto accaduto in precedenza e che aveva indotto il
GIP a rigettare le precedenti richieste di sequestro preventivo.

preclusione processuale conseguente al c.d. “giudicato cautelare” opera su un duplice piano
rispettivamente riferito alla inammissibile (perché non consentita) rivalutazione del materiale
probatorio già compiutamente esaminato e all’obbligo di specifica motivazione – nella specie
assolto – circa l’intrinseca idoneità degli elementi di novità incidenti sul compendio indiziario
(così Cass. Sez. 6^ 27.4.2012 n. 18199, Gerbino, Rv. 252646).
6. Il ricorso va, pertanto, rigettato: segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso ì i Roma, 19 settembre 2012.
,

5.1 Invero vige in materia il principio affermato da questa Corte secondo il quale la

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