Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6518 del 11/12/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6518 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TURCAN MARIUS IONUT N. IL 23/06/1992
avverso la sentenza n. 296/2015 TRIBUNALE di IVREA, del
16/03/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI
DEMARCHI ALBENGO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 11/12/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Turcan Marius Ionut propone ricorso per cassazione contro la
sentenza del tribunale di Ivrea che ha applicato, su sua richiesta, la
pena di 1 anno di reclusione ed euro 300 di multa per il reato di cui
agli articoli 624 e 625, comma 1, numero 2 e 3, e comma 2.
2. A sostegno del ricorso, proposto personalmente, deduce mancanza di

procedura penale, mancando un’accurata disamina logico giuridica
atta a far emergere il pensiero del medesimo giudice circa la
qualificazione giuridica del fatto e il concreto adeguamento della pena
all’effettiva gravità del fatto ed alla personalità dell’imputato.
3. Il procuratore generale presso questa suprema corte, dottor Izzo, ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è palesemente inammissibile; nel giudizio definito ex art.
444 cod. proc. pen. è inammissibile per genericità l’impugnazione
nella quale sia stata lamentata la mancata verifica o comunque
l’omissione di motivazione in ordine alla sussistenza di cause di non
punibilità, ove la censura non sia accompagnata dalla indicazione
specifica delle ragioni che avrebbero dovuto imporre al giudice
l’assoluzione o il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
(Sez. 6, n. 250 del 30/12/2014, Barzi, Rv. 261802); È inammissibile

il ricorso per cassazione proposto nei confronti della sentenza di
patteggiamento e diretto a far valere asseriti vizi afferenti a questioni
incompatibili con la richiesta di patteggiamento formulata per il fatto
contestato e per la relativa qualificazione giuridica risultante dalla
contestazione, poiché l’accusa, come giuridicamente formulata, non
può essere rimessa in discussione, in quanto l’applicazione
concordata della pena presuppone la rinuncia a far valere qualunque
eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti alla
richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato (Sez. 5,
n. 21287 del 25/03/2010, Legari, Rv. 247539; conforme, sez. H, 14
gennaio 2009, n. 5240, non massimata). La richiesta di applicazione
di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale
1

motivazione in relazione agli articoli 348 e 546 del codice di

,
,

recettizio che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può
essere modificato unilateralmente ne’ revocato, e, una volta che il
giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti
prospettare questioni e sollevare censure con riferimento alla
sussistenza e alla giuridica qualificazione del fatto, alla sua soggettiva
attribuzione, all’applicazione e comparazione delle circostanze,
all’entità e modalità di applicazione della pena. In tale ambito,
l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice

dell’accordo intervenuto fra le parti (Sez. 6, n. 3429 del 03/11/1998,
Gasparini, Rv. 212679). In materia di patteggiamento, qualora il
pubblico ministero abbia prestato il proprio consenso all’applicazione
di un determinato trattamento sanzionatorio, l’impugnazione della
sentenza, che tale accordo abbia recepito, è consentita solo qualora
esso si configuri come illegale. Peraltro, per qualificare illegale la
pena non basta eccepire che il giudice non abbia correttamente
esplicato i criteri valutativi che lo hanno indotto ad applicare la pena
richiesta, ma occorre che il risultato finale del calcolo non risulti
conforme a legge (Sez. 6, Sentenza n. 18385 del 19/02/2004, Rv.
228047). Non può proporsi ricorso per cassazione per violazione di
legge avverso una sentenza di patteggiamento, sotto il profilo
dell’erronea concessione delle circostanze attenuanti generiche,
laddove non sussistano palesi illegalità della pena concordata e in
quanto vi sia stata ratifica dell’accordo sanzionatorio tra le parti,
anche in ragione della natura semplificata propria della sua
motivazione (Sez. 6, Sentenza n. 42837 del 14/05/2013, Rv.
257146).
2. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.500,00.

p.q.m.

2

affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 a
favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 11/12/2015

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