Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6500 del 06/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6500 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
HACHIMI MARWAN N. IL 02/02/1977
avverso la sentenza n. 635/2013 TRIBUNALE di PADOVA, del
21/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 06/11/2013

Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 21 febbraio 2013, il Tribunale di Padova, in composizione monocratica,
sull’accordo delle parti, ex art. 444 c. p. p., ha applicato a Hachimi Marwan -imputato del
delitto di concorso in furto aggravato-, con la diminuente del rito, la pena di due anni di
reclusione e 200,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce il vizio di
motivazione della sentenza impugnata.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non solo perché tende a rimettere in
discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del
patteggiamento (ciò che, come ripetutamente ha affermato questa Corte, non è consentito a
nessuna delle parti, salvo i casi di palese violazione di legge), ma anche perché non tiene in
alcun conto del fatto che al giudice del merito, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non
spettano particolari obblighi motivazionali o di approfondimento dei fatti contestati,
sostanzialmente ammessi dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di
accertare, oltre che la corretta qualificazione dei fatti e la congruità della pena concordata,
l’eventuale presenza di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa
declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha regolarmente atteso quel giudice, che ha puntualmente preso e dato
atto, seppure in termini sintetici, che, alla stregua degli atti processuali (verbali di arresto in
flagranza, di perquisizione e sequestro), non emergevano elementi che potessero autorizzare
una sentenza di proscioglimento. Elementi, peraltro, neanche individuati dallo stesso
ricorrente, che si limita a proporre generiche censure.
Quanto alla determinazione della pena in concreto applicata, la censura, ugualmente
generica, si presenta ancor più manifestamente infondata, avendo il giudice del merito preso
e dato atto della congruità di quella concordata tra le parti e dallo stesso ratificata. Deve,
peraltro, in proposito essere richiamato il principio ripetutamente affermato da questa Corte
(Cass. n. 18385/04), secondo cui non è consentito all’imputato proporre con il ricorso per
cassazione censure che coinvolgono il patto dallo stesso accettato, e ratificato dal giudice,
trarme che la pena determinata sia stata illegittimamente quantificata. Situazione non
ricorrente nel caso di specie e, peraltro, neanche denunciata.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa delle
ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2013.

Considerato in diritto.

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