Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6499 del 06/11/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6499 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CAMELIO ANTONIO N. IL 17/05/1974
avverso la sentenza n. 4282/2013 TRIBUNALE di NAPOLI, del
11/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
Data Udienza: 06/11/2013
Osserva
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Camelio Antonio avverso la sentenza
emessa in data 11.3.2013 ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal Giudice monocratico del
Tribunale di Napoli con la quale, tra l’altro, veniva applicata al predetto la pena concordata
di mesi quattro di reclusione ed C 300,00 di multa per il delitto di furto pluriaggravato, con
le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate.
Deduce la violazione di legge ed il vizio motivazionale in relazione all’accertamento della
concreta volontà delittuosa del prevenuto e alla ricorrenza delle aggravanti contestate.
non consentiti nella presente sede di legittimità e manifestamente infondati.
Come questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis, Cass. pen. Sez. Un., n.
10372 del 27.9.1995, Rv. 202270, Serafino), l’obbligo della motivazione della sentenza di
applicazione concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima e
deve ritenersi adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, come nel
caso di specie, di aver proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la
sussistenza dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto,
l’applicazione di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della
pena, la concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della
richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere pronunciata
sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129 c.p.p.).
Non può l’imputato che abbia consentito all’applicazione della pena, rimettere in
discussione gli altri profili oggettivi o soggettivi della responsabilità e non può, in
particolare, proporre in sede di legittimità eccezioni o censure attinenti al merito nè
recriminare sulla qualcazione giuridica del fatto e la ricorrenza delle circostanze o la
congruità della pena ovmancata concessione di benefici non pattuiti a meno che si tratti di
statuizioni palesemente illegittime: evenienza questa che, nel caso di specie, è senz’altro
da escludere.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
equo liquidare in C 1.500,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 6.11.2013
Il ricorso è inammissibile, ex articolo 606, comma 3, c.p.p., perché proposto per motivi