Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6497 del 06/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6497 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
AMAR RACHID N. IL 30/09/1987
avverso la sentenza n. 128/2013 TRIBUNALE di REGGIO EMILIA,
del 22/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 06/11/2013

Ritenuto in fatto.
Con sentenza del 22 febbraio 2013, il giudice monocratico del Tribunale di Reggio Emilia,
sull’accordo delle parti, ex art. 444 cod. proc. pen., ha applicato a Amar Rachid -imputato ex
art. 73 del d.p.r. n. 309/90-, ritenuta l’ipotesi attenuata di cui al 5 0 comma dello stesso art. 73
e con la diminuente del rito, la pena di un anno di reclusione e 2.000,00 euro di multa.
Avverso tale sentenza, propone ricorso per cassazione l’imputato, che deduce la violazione
di legge, laddove il giudice non ha ritenuto di applicare il disposto dell’art. 129 cod. proc.
pen. nonché vizio di motivazione in punto di determinazione della pena.

Il ricorso è manifestamente infondato e generico.
In realtà, contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il giudice, nell’applicare la pena
concordata, ha preso e dato atto del fatto che dalle emergenze processuali (verbali di arresto
in flagranza, di perquisizione e sequestro, esiti del narcotest) appariva evidente l’assenza dei
presupposti per l’applicazione della norma oggi invocata.
Il ricorrente, d’altra parte, non considera, nel formulare le sue censure, che al giudice,
nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi motivazionali o
di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi dall’imputato che ha
chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la corretta qualificazione degli
stessi e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza di cause di non punibilità
che impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito cui, nel caso di specie, ha regolarmente atteso il giudice del merito, in ossequio al
disposto dell’art. 444 cod. proc. pen.
Per quanto più specificamente attiene alla determinazione della pena, le censure si
presentano ancor più manifestamente infondate, non avendo il giudice del merito fatto altro,
dopo avere dato atto della congruità della pena concordata tra le parti, che ratificare l’accordo
al quale l’imputato ha prestato il proprio consenso.
Il ricorso deve essere dichiarato, dunque, inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 novembre 2013.

Considerato in diritto.

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