Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6494 del 06/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6494 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: FOTI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MASIELLO MARCELLA N. IL 17/04/1970
avverso la sentenza n. 2095/2013 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
07/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Data Udienza: 06/11/2013

Con sentenza del 7 marzo 2013, il Gup del Tribunale di Lecce ha applicato a Masiello
Marcella, ex art. 444 c.p.p., riconosciute le circostanze attenuanti generiche, con la
diminuente del rito, la pena di due anni, otto mesi di reclusione e 12.000,00 euro di multa per
il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 del dpr n. 309/90, per avere detenuto sostanza
stupefacente de tipo cocaina, con la quale avrebbero potuto confezionarsi circa 73 dosi.
Propone ricorso per cassazione, per il tramite dei difensori, l’imputata, che deduce il vizio
di motivazione della sentenza impugnata con riguardo alla mancata valutazione, da parte del
giudice, della sussistenza delle condizioni per pervenire ad una sentenza di proscioglimento,
ovvero per riconoscere la sussistenza dell’attenuante di cui al 5° comma dell’art. 73 del
richiamato d.p.r.
Considerato in diritto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, non solo perché sostanzialmente diretto a
rimettere in discussione i termini del!’ accordo finalizzato all’applicazione della pena
oggetto di patteggiamento (ciò che, come ripetutamente ha affermato questa Corte, non è
consentito a nessuna delle parti, salvo i casi di palese violazione di legge), ma anche per la
sua manifesta infondatezza.
1) Certamente inammissibile è il motivo concernente il tema della responsabilità e la
verifica, da parte del giudicante, della sussistenza di elementi che imponessero il
proscioglimento dell’imputata. Invero, contrariamente a quanto si sostiene nel ricorso, il
giudice, nell’applicare la pena concordata, ha preso e dato atto del fatto che le emergenze
processuali (verbali di arresto in flagranza, di perquisizione e di sequestro, consulenza
tossicologica) evidenziavano l’assenza dei presupposti per pervenire ad una sentenza di
proscioglimento. Il ricorso, peraltro, si presenta anche generico, poiché, in concreto, tali
presupposti non sono neanche indicati dalla ricorrente, se non attraverso il vago riferimento a
“una serie di circostanze”, mai specificate.
La stessa ricorrente, d’altra parte, non considera, nel formulare le sue censure, che al
giudice, nell’ipotesi di pena concordata tra le parti, non spettano particolari obblighi
motivazionali o di approfondimento dei fatti contestati, sostanzialmente ammessi
dall’imputato che ha chiesto di patteggiare la pena, bensì solo di accertare, oltre che la
corretta qualificazione degli stessi e la congruità della pena concordata, l’eventuale presenza
di cause di non punibilità che impongano l’immediata relativa declaratoria, ex art. 129 c.p.p.
Compito al quale ha regolarmente atteso quel giudice.
2) Ugualmente inammissibile è il motivo di ricorso concernente la mancata concessione
dell’attenuante sopra indicata. Ciò, sia perché, essendo rimasta estranea al patto,
legittimamente il giudice del merito non l’ha presa in considerazione, sia perché le stesse
quantità e qualità dello stupefacente oggetto di sequestro, chiaramente precludono qualsiasi
possibilità di riconoscimento della stessa.
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue, per legge, la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della cassa
delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in

Ritenuto in fatto.

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