Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6486 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6486 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARCADU LUCIANO N. IL 06/08/1968
avverso la sentenza n. 4707/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
09/12/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 24/11/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Francesco Salzano ha concluso per
la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 9.12.2014 la Corte d’Appello di Milano ha confermato la sentenza di
primo grado con cui Arcadu Luciano è statecondannato alla pena di giustizia per un furto ed
un tentato furto in un’abitazione ed un furto aggravato di chiavi di appartamento che si
trovavano all’interno dell’autovettura nella titolarità del proprietario dell’abitazione svaligiata.
Con atto sottoscritto dal suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato

2.1 Con il primo motivo viene dedotta la violazione di legge in relazione agli artt. 192 e
533 comma 10 c.p.p. con riferimento al solo capo c) dell’imputazione e vizio di motivazione.
Lamenta il ricorrente che la Corte Territoriale è pervenuta ad un giudizio di responsabilità
per il furto delle chiavi all’interno dell’autovettura sulla base di solkargomentazion4 di natura
induttiva, che si pongono in contrasto con le regole di valutazione della prova nella prospettiva
di un’affermazione di responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio.
La Corte non considererebbe che il furto delle chiavi possa essere stato perpetrato da un
terzo e che l’Arcadu sia stato coinvolto nella sola incursione domiciliare, tenuto conto del
diverso luogo di commissione dei due delitti.
2.2. Con il secondo motivo,i1 ricorrente ha dedotto violazione di legge in relazione agli artt.
62 bis e 133 c.p. e carenza di motivazione in relazione alla mancata concessione delle
attenuanti generiche.
Lamenta il ricorrente che nessuna valutazione è stata operata dai giudici di merito in
merito alla gravità del fatto, alla confessione rilasciata dallo stesso rilasciata ed alla contestuale
consegna spontanea dell’unico corpo di reato rinvenuto nella sua disponibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo è inammissibile.
Tutte le doglianze del ricorrente reiterano pedissequamente, senza alcuna effettiva
correlazione con la motivazione della sentenza impugnata, i motivi già dedotti con l’appello e
che la Corte territoriale ha specificamente valutato.
Va in proposito rammentato il principio di diritto secondo il quale la mancanza di specificità
del motivo deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma
anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, che comporta, a norma
dell’art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., l’inammissibilità (Sez. 5, n. 28011 del
15/02/2013 – dep. 26/06/2013, Sammarco, Rv. 255568; Sez. 4, 18.9.1997 – 13.1.1998, n.
256, rv. 210157; Sez. 5, 27.1.2005 -25.3.2005, n. 11933, rv. 231708; Sez. 5, 12.12.1996, n.
3608, p.m. in proc. Tizzani e altri, rv. 207389).

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affidandolo a due motivi.

,

,

Peraltro la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il
provvedimento cui si riferisce, che si realizza con la presentazione di motivi che, a pena di
inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), debbono indicare specificamente le ragioni di
diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità. Deve
essere senz’altro conforme all’art. 581, lett. c, cod. proc. pen. ovvero contenere l’indicazione
delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al
giudice dell’impugnazione; ma quando censura le ragioni che sorreggono la decisione deve,

sussumibile fra i tre soli vizi previsti dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.,
deducendo poi, altrettanto specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso
logico seguito dal giudice del merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre
a decisione differente (Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo ed altri, Rv. 254584).
E’ pertanto evidente che se il motivo di ricorso si limita – come nel caso in esame- a
riprodurre il motivo d’appello, viene meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e
ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il
provvedimento impugnato, invece di essere destinatario di specifica critica argomentata, è di
fatto del tutto ignorato (tra le tante, Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012, Pierantoni; Sez. 6 n.
22445 del 8 maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27 gennaio
2005, Giagnorio, rv. 231708).
Peraltro, le censure mosse dal ricorrente implicano valutazioni di fatto e si risolvono nella
sollecitazione ad una valutazione del materiale probatorio diversa da quella operata dal giudice
d’appello che è preclusa in sede di legittimità. In proposito, va osservato che il giudizio sulla
rilevanza ed attendibilità delle fonti di prova, costituendo un giudizio di fatto, è devoluto
insindacabilmente ai giudici di merito e la scelta che essi compiono, per giungere al proprio
libero convincimento, con riguardo alla prevalenza accordata a taluni elementi probatori,
piuttosto che ad altri, ovvero alla fondatezza od attendibilità degli assunti difensivi, quando
non sia fatta con affermazioni apodittiche o illogiche, si sottrae al controllo di legittimità della
Corte Suprema (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011, Tosto, Rv. 250362).
A tal proposito, l’esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la
motivazione del giudice d’appello sia congrua ed improntata a criteri di logicità e coerenza.
La Corte di merito ha evidenziato con argomenti di natura logica che i ladri penetrati in
casa hanno potuto, proprio grazie alle chiavi sottratte nell’autovettura, sia aprire la porta senza
scasso .sia disattivare l’antifurto.
I
Il ricorrente ha ritenuto che tale argomentazione si ponga in contrasto con i criteri di
valutazione della prova nella prospettiva di un’affermazione di responsabilità al di là di ogni
ragionevole dubbio.
Questo Collegio non condivide tale assunto.

3

altresì, enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente

4

4

A tal proposito, va osservato che in tema di valutazione della prova, è pur vero che il
ricorso al criterio di verosimiglianza e alle massime d’esperienza conferisce al dato preso in
esame valore di prova solo se può escludersi plausibilmente ogni spiegazione alternativa che
invalidi l’ipotesi all’apparenza più verosimile (Sez. 6, n. 49029 del 22/10/2014 – dep.
25/11/2014, Leone e altri, Rv. 261220), tuttavia, va aggiunto che questa Corte ha affermato
che la regola di giudizio compendiata nella formula “al di là di ogni ragionevole dubbio”,
impone dì pronunciare condanna a condizione che il dato probatorio acquisito lasci fuori

rerum natura” ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva del
benché minimo riscontro nelle emergenze processuali (Sez. 1, n. 17921 del 03/03/2010 – dep.
11/05/2010, Giampa’, Rv. 247449).
Orbene, nel caso di specie, non vi neppure una mera allegazione del ricorrente che
l’ipotesi alternativa dallo stesso invocata in astratto (furto delle chiavi opera di un terzo
mandante o correo rimasto ignoto) trovi un minimo riscontro nelle emergenze processuali.
2. Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Va osservato che questa Corte ha reiteratamente affermato che la determinazione del
trattamento sanzionatorio, la concessione o meno delle attenuanti generiche, o il
bilanciamento delle circostanze rientrano nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla
discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far
emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità
effettiva del reato ed alla personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28 ottobre 2010, Straface,
rv 248737).
Il diniego delle attenuanti generiche è stato giustificato dalla Corte territoriale con riferimento
ai gravi precedenti penali dell’imputato ed alla mancanza di resipiscenza.
In proposito, deve rilevarsi che, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche non è
necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli
dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli
ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale
valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899).
Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle Ammende,
che si stima equo stabilire nella misura di 1.000,00 Euro.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2015
Il consiglire

tensore

Il Presidente

soltanto eventualità remote, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili “in

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