Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6485 del 22/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6485 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) DULCAMARE STEFANO N. IL 22/11/1989
avverso la sentenza n. 1522/2010 CORTE APPELLO di LECCE, del
22/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVAN

Data Udienza: 22/11/2012

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza emessa in data
26 marzo 2010 dal Tribunale di Brindisi, appellata da DULCAMARE Stefano, dichiarato responsabile dei reati di minaccia, molestie e percosse, commessi dal gennaio al marzo 2008.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità.
Osserva il Collegio che le censure prospettate con il ricorso sono inammissibili in quanto tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza del giudice di merito e già
adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente e sufficientemente argomentata, trovando conferma nelle deposizioni della madre
della p.l. ed in quelle degli operanti della polizia giudiziaria intervenuti nel caso, né il ricorso supera il livello della genericità quando fa riferimento al proprio contributo dibattimentale, che la
Corte di merito esamina e considera ininfluente con argomentazioni del tutto logiche.
La sentenza impugnata non è quindi sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione non
deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come nel
caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto
decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia logica:
insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in e. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 22 novembre 2012.

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