Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6483 del 17/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6483 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: FIDANZIA ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROCCELLA ARMANDO GIOVANNI N. IL 13/01/1941
avverso la sentenza n. 21/2014 TRIBUNALE di GENOVA, del
31/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANDREA FIDANZIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/11/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Vito D’Ambrosio, ha concluso per il
rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 31 ottobre il Tribunale di Genova – in funzione di
giudice d’appello – in riforma della sentenza di primo grado ed in accoglinnento
dall’appello proposto dalla sola parte civile Mali Roland, condannava Roccella Armando al
risarcimento dei danni materiali e morali patiti della parte civile da liquidarsi in separato
giudizio civile.

presentandosi nel suo studio medico alla presenza di pazienti e dipendenti e urlando
contro di lui le seguenti frasi: “non aspetto un bel niente, i debiti vanno pagati
non interessa dei suoi pazienti

A me

devo pignorare anche la poltrona così sarà obbligato a

pagare; voi dentisti fate nero poi non avete i soldi per pagare i dipendenti

Dovrebbero

vergognarsi i suoi concittadini svizzeri di avere uno come lei”.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
affidandolo a due motivi.
2.1. Con il primo motivo viene dedotta la carenza ed illogicità della motivazione della
sentenza in conseguenza del travisamento dei costituti processuali sia in punto natura
offensiva delle espressioni pronunciate che l’individuazione delle prove ritenute idonee a
motivare la condotta ingiuriosa.
Il ricorrente lamenta che la sentenza di secondo grado avrebbe travisato i fatti di causa
come acquisiti in sede dibattimentale ed ha prodotto, all’uopo, i verbali delle udienze di primo
grado nonché quello di pignoramento redatto il 14/1/2010, ed ha indicato le parti della
motivazione che ritiene abbiano travisato le prove acquisite in sede dibattimentale e
riguardano, e segnatamente:
1) la deposizione della teste Pelella, alla quale il giudice d’appello avrebbe attribuito
una minor valenza probatoria sul rilievo che la stessa teste aveva affermato che i
suoi ricordi erano relativi all’episodio nel suo complesso e non nel dettaglio, senza
valorizzare la precisione con cui la dottoressa Pelella aveva riferito quanto
accaduto nello studio dentistico della persona offesa;
2)

la valutazione dell’interesse del teste di difesa Pelella, erroneamente ritenuta dal
giudice d’appello meno attendibile sulla base di una mera congettura, ovvero
l’esistenza di una vertenza tra la stessa teste e la persona offesa;

3) Il rilievo che la teste Podestà avrebbe reso una dichiarazione inerente il fulcro
dell’imputazione diametralmente opposta a quella della persona offesa e dell’altro
teste di accusa;
4)

la dimenticanza da parte del giudice d’appello della testimonianza del traslocatore
che aveva accompagnato il prevenuto e l’ufficiale giudiziario, che smentiva la

2

E’ stata accertata la responsabilità dell’imputato per avere offeso la reputazione di Roland

deposizione della teste Potestà in ordine al suo allontanamento dallo studio
medico;
5) il mancato rilievo di quanto riferito dall’imputato e dai testi della difesa, ovvero
che l’iniziale atmosfera di forte tensione si fosse stemperata tanto è vero che i due
professionisti si erano salutati in maniera corretta se non cordiale;
2.2. Con il secondo motivo di ricorso l’imputato deduce la violazione dell’art. 598
c.p.. Nella denegata ipotesi in cui si ritenesse provata la pronuncia di frasi ingiuriose,
eccepisce il ricorrente la sussistenza della scriminante di cui all’articolo 598 CP o

della causa in modo diretto e non mediato, si riferivano circostanze che avevano dato
luogo alla controversia e venivano manifestate nel corso del compimento di atti
processuali.
2.3. Con motivi aggiunti depositati in data 29.10.2015 il ricorrente ha dedotto la
violazione dell’articolo 606 lett. c) ed e) c.p.p. anche in riferimento all’art. 603 c.p.p.
nonchè all’art. 6 CEDU , 47 CDFUE e 111 Cost per essere giunti alla sua condanna
sulla base della mera rivalutazione di prove testimoniali assunte in primo grado di
giudizio senza rinnovazione del dibattimento.
Ha dedotto altresì, con riferimento al primo motivo di gravame, la carenza di
motivazione della sentenza della Corte di merito, tenuto anche conto del principio che
impone al giudice di appello che intende riformare totalmente la decisione di primo
grado una motivazione rafforzata che confuti specificamente gli argomenti più rilevanti
della motivazione della prima sentenza.
Infine, a sostegno del secondo motivo di gravame, è stata dedotta l’assenza o
carenza assoluta della motivazione del giudice d’appello in punto esclusione della
causa giustificazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Il ricorrente lamenta che il giudice d’appello avrebbe travisato le deposizioni testimoniali
assunte in sede dibattimentale con la conseguenza che la sentenza impugnata sarebbe viziata
ai sensi dell’art. 606 comma 10 lett c) ed e).
Questo Collegio non condivide l’impostazione del ricorrente.
In primo luogo, manifestamente infondata è la dedotta violazione dell’art. 606 comma 10 lett
c) c.p.p., che ricorre solo in caso di inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di
nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o decadenza.
A tal proposito, questa Corte ha già affermato che la specificità dell’art. 606, lett. e), cod. proc.
pen., dettato in tema di ricorso per Cassazione al fine di definirne l’ammissibilità per ragioni
connesse alla motivazione, esclude che tale norma possa essere dilatata per effetto delle
regole processuali concernenti la motivazione, attraverso l’utilizzazione del vizio di violazione di
legge di cui al citato articolo, lett. c). E ciò, sia perché la deducibilità per Cassazi ne è
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comunque la carenza dell’animus iniuriandi : le espressioni erano riferite all’oggetto

ammessa solo per la violazione di norme processuali stabilita a pena di nullità, inutilizzabilità,
inammissibilità o decadenza, sia perché la puntuale indicazione di cui al punto e) ricollega ai
limiti in questo indicati ogni vizio motivazionale; sicché il concetto di mancanza di motivazione
non può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione od errore che concernano
l’analisi di determinati, specifici elementi probatori (Sez. 3, n. 44901 del 17/10/2012, F., Rv.
253567).
Con riferimento alla dedotta violazione dell’art. 606 comma 10 lett e) c.p.p., va premesso che
costituisce orientamento consolidato di questa Corte che in sede di legittimità non possono

606, lettera e), cod. proc. pen.. La modifica normativa di cui alla legge 20 febbraio 2006 n. 46
lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo
di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è
quello che attiene alla motivazione, la cui mancanza, illogicità o contraddittorietà può essere
desunta non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo
specificamente indicati; è perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova,
che si realizza allorché si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste
nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della
pronunzia.
Peraltro, questa Corte ha più volte evidenziato che entrambe le forme di travisamento previste
dalla norma sopra indicata (utilizzazione di un’informazione inesistente o omissione della
valutazione di una prova) siano accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato o
omesso, abbia il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a
critica (Sez. 2, n. 19848 del 24/05/2006 – dep. 09/06/2006, P.M. in proc. Todisco, Rv.
234162), sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la
motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale /probatorio travisato
(Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014 – dep. 03/02/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 258774).
Nel caso di specie, a prescindere dal rilievo che il giudice d’appello non è incorso in alcun
travisamento della prova, che richiede l’esistenza di una palese e non controvertibile difformità
– nel caso di specie insussistente – tra i risultati obiettivamente derivanti dall’assunzione della
prova e quelli che il giudice di merito ne abbia inopinatamente tratto (Sez. 4, n. 14732 del
01/03/2011 – dep. 12/04/2011, Molinario, Rv. 250133), in ogni caso, i dati asseritamente
travisati non sono decisivi e quindi idonei a disarticolare l’intero ragionamento probatorio e
l’impianto motivazionale della sentenza di secondo grado.
In particolare, il ricorrente ha censurato come il giudice d’appello ha valutato non solo il
contenuto ma anche l’attendibilità della deposizione della teste Pelella, come non avrebbe
valutato le asserite difformità delle dichiarazioni della teste Podestà, come avrebbe omesso di
valutare la testimonianza del ItMEWRITal sig. D’Iglio.

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essere sottoposti giudizi di merito, non consentiti neppure alla luce del nuovo testo dell’art.

Tali deduzioni sono inammissibili atteso che tentano di sottoporre a questa Corte un giudizio di
merito, sollecitano una valutazione del materiale probatorio diversa da quella operata dal
giudice d’appello.
Giova, a tal proposito, ricordare che in sede di legittimità non è consentita una diversa lettura
ed interpretazione delle risultanze processuali finalizzata alla ricostruzione dei fatti. Né la Corte
di cassazione può trarre valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se
riprodotte nel provvedimento impugnato. Solo l’argomentazione critica che si fonda sugli

sottoposto al controllo del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza
alle regole della logica, oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6,
n. 40609/2008, Rv. 241214, Ciavarella).
Non è quindi sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della
motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e
attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e
interpretazioni dei fatti. (Sez. 2, n. 20806 del 05/05/2011 – dep. 25/05/2011, Tosto, Rv.
250362).
Nel caso di specie, l’esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la
motivazione sia congrua ed improntata a criteri di logicità e coerenza, anche con riferimento
alla valutazione delle risultanze processuali dalle quali emerge la responsabilità dell’imputato.
Il Tribunale di Genova ha fondato il giudizio di penale responsabilità dell’imputato sulla base
delle dichiarazioni della persona offesa e delle convergenti deposizioni dei testi Petterson e
Podestà, che hanno confermato che il ricorrente, con un’espressione obiettivamente ingiuriosa,
ha dato dell’evasore alla persona offesa.
Il Giudice di secondo grado ha fornito altresì nella motivazione la chiave di lettura
dell’apparente contraddizione tra l’espressione riferita in dibattimento dalla persona offesa
dott. Mall come rivoltagli dall’imputato” i miei concittadini svizzeri dovevano essere orgogliosi
di avere un cittadino come me” e il contesto complessivo della deposizione della persona
offesa da cui emergeva una condotta chiaramente offensiva posta in essere dall’imputato nei
suoi confronti. Il giudice d’appello ha evidenziato che con quell’espressione (evidentemente
ironica) l’imputato non voleva certo fare un complimento al dentista bensì ulteriormente
offenderlo di fronte ai clienti ed alla sua dipendente. Ed è in relazione a ciò che il giudice di
secondo grado non ha colto alcuna contraddizione tra la deposizione della persona offesa e
quella della teste Podestà, che ha invece dichiarato di aver sentito dire l’imputato all’indirizzo
della persona offesa che i concittadini dovevano vergognarsi di un connazionale come lui,
essendo stata colta la connotazione negativa di quell’espressione.
Il giudice di secondo grado con un ragionamento immune da vizi logici (incensurabile in sede di
legittimità in quanto attinente ad un giudizio di fatto) ha anche ritenuto la minor attendibilità
della teste Pelella, evidenziando correttamente in motivazione che la stessa aveva dic rato di
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elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato può essere

poter riferire i fatti solo nel loro complesso e non nel dettaglio, applicando una comune
massima d’esperienza (l’esistenza di un contenzioso giudiziario tra l’ufficiale giudiziario e la
persona offesa al fine di valutare la neutralità della deposizione) che non è certo contraria ad
un principio di ragionevolezza.
Ogni deduzione del ricorrente finalizzata ad una diversa ricostruzione del fatto, attenendo al
giudizio di merito, non può essere valutata in sede di legittimità, compresa la censurata
omessa valutazione della deposizione del teste D’Iglio, che da una valutazione incidentale,
finalizzata esclusivamente all’accertamento del vizio dedotto dal ricorrente, non appare in

secondo grado.
2. Il secondo motivo è infondato.
Va

premesso che la “ratio legis” della scriminante di cui all’art. 598 c.p.c. è quella di

consentire alla parte o al suo patrocinatore la massima libertà nella esplicazione del diritto di
difesa (Sez. 5, n. 22743 del 23/03/2011 – dep. 07/06/2011, P.G. in proc. Amato, Rv. 2504), e
quindi di tutelare la libertà di discussione giudiziale come condizione imprescindibile per
l’esercizio del diritto di difesa. E’ per questo motivo che l’applicabilità della scriminante di cui
all’art. 598, comma primo, cod. pen., presuppone che le espressioni offensive concernano, in
modo diretto ed immediato, l’oggetto della controversia, rilevino ai fini delle argomentazioni
poste a sostegno della tesi prospettata e siano adoperate in scritti o discorsi dinanzi all’autorità
giudiziaria. (In applicazione dì tale principio, la S.C. ha escluso la ricorrenza della scriminante
in relazione a frasi oltraggiose pronunziate dall’imputato all’indirizzo del P.M. in udienza, senza
alcun collegamento a specifiche argomentazioni difensive). (Sez. 6, n. 14201 de2I 06/02/2009
– dep. 31/03/2009, Dodaro, Rv. 243832).
Nel caso di specie, non può applicarsi la scriminante invocata atteso che l’espressione
ingiuriosa rivolta dall’avv. Roccella all’indirizzo della persona offesa – pronunciata in occasione
dell’accesso dell’ufficiale giudiziario presso la persona offesa, debitore esecutore, al fine di
eseguire le operazioni di pignoramento – non era in alcun modo funzionale all’esercizio del
diritto di difesa del suo assistito, non essendo né contenuta in uno scritto difensivo indirizzato
al Giudice né pronunciata in un discorso davanti all’Autorità Giudiziaria.
Peraltro, il codice di procedura civile non richiede, né quindi disciplina, la partecipazione del
difensore del creditore all’accesso presso il debitore esecutato per l’esecuzione del
pignoramento, il quale costituisce un atto dell’ufficiale giudiziario.
Il difensore del creditore esecutante può accompagnare l’ufficiale giudiziario ad eseguire il
pignoramento ma la eventuale presenza del patrocinatore non è funzionale all’esercizio del
diritto di difesa del creditore, il quale è già munito del titolo esecutivo che viene esibito
(unitamente al precetto) dall’ufficiale giudiziario al debitore esecutato all’atto dell’accesso.

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alcun modo decisiva e quindi idonea a disarticolare l’apparato motivazionale della sentenza di

Dunque, nel caso di specie, l’espressione ingiuriosa rivolta dall’avv. Roccella, oltre a

non

essere stata pronunciata al cospetto dell’Autorità Giudiziaria, si pone comunque al di fuori di
un’attività normativamente disciplinata e finalizzata alla tutela del diritto di difesa del proprio
assistito, con la conseguenza che il ricorrente non può invocare l’applicazione a suo favore
della scriminante di cui all’art. 598 c.p.
3. Va, infine, dichiarata inammissibile la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale
ed, in particolare, di nuova audizione dei testi, contenuta nel motivo aggiunto.

con i punti ed i capi della decisione impugnata investiti dai motivi originari del ricorso, a
corredo dei quali, essendo stato dedotto il travisamento della prova, sono state allegate le
deposizioni testimoniali – di cui con i motivi aggiunti si è chiesta la rinnovazione – affinchè
questa Corte le esaminasse al fine dell’eventuale accertamento del vizio dedotto.
.‘z

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 novembre 2015
Il consigliere

tensore

Il Presidente

Tale richiesta non solo non è in alcun modo connessa, ma è anzi palesemente incompatibile

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