Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6478 del 13/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6478 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Santalucia Alessandro, n. a Patti(ME), il 2/11/1968

avverso la sentenza del 7/03/2014 della Corte di Appello di Messina

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi Orsi, che ha
concluso per l’inammissibilità.

RITENUTO IN FATTO

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Data Udienza: 13/11/2015

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Messina riformava parzialmente — in relazione
alla pena inflitta — la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in composizione
monocratica in data 8/10/2010, con cui il ricorrente era stato riconosciuto colpevole del delitto di
cui all’art. 612, comma 2, c.p. — per aver minacciato di un danno grave Ricciardi Salvatore con la
frase “vedi quel cavallo là, se succede come questa notte ti sparo qua (indicando la fronte)”; in
territorio di Montalbano 1 6.6.2008.

ricorre per:
2.1.Violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606 lett. b) ed e), c.p.p. in relazione agli artt.
125, 192 c.p.p., 612 c.p., in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare con il dovuto
rigore le dichiarazioni rese dalla costituita parte civile, unica fonte di prova e portatrice di un
interesse personale, nonostante l’affermazione dei rapporti conflittuali sussistenti tra le parti, come
riconosciuto in sentenza, rilevando altresì la totale assenza di riscontri al narrato della persona
offesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
La motivazione fornita dalla Corte territoriale appare priva di contraddizioni e/o vizi logici. Si legge
infatti nella sentenza impugnata che la versione resa dalla persona offesa è stringata ed essenziale,
oltre che riferibile ad un episodio svoltosi in un breve arco di tempo: la persona offesa stava
tornando a casa in auto ed aveva trovato la strada ostruita da un cavallo legato; egli aveva suonato il
clacson ed era comparso il ricorrente che aveva pronunciato la frase di cui al capo d’imputazione; la
persona offesa, inoltre, non era stata in grado di fornire una spiegazione di detto comportamento.
La Corte territoriale ha rilevato come la stringatezza del racconto rendesse evidente l’attendibilità
della persona offesa che, se avesse inteso costruire una falsa accusa, avrebbe certamente fornito una
versione più ricca di particolari. A ciò la sentenza ha aggiunto come lo stesso imputato avesse
implicitamente confermato la vicenda, dapprima ammettendo la conflittualità dei rapporti con la

2

2.Con ricorso depositato il 28/10/2014, il difensore del ricorrente, Avv.to Tommaso Calderone,

persona offesa per motivi di transito, quindi aggiungendo di aver posto il cavallo al centro della
strada solo per fasi una fotografia, infine negando detta condotta su domanda della difesa.
Si tratta, all’evidenza, di una motivazione in fatto immune da vizi logici e da contraddizioni con
altri elementi di prova.
La doglianza contenuta nel ricorso — secondo cui sarebbe illogica la motivazione in quanto proprio i
motivi di tensione avrebbero dovuto indurre la Corte territoriale a considerare una falsa accusa da

generica, di una spiegazione alternativa dei fatti alla luce degli elementi emersi nel corso
dell’istruttoria dibattimentale, come tale inammissibile.

Va infatti ricordato che esula dal controllo della Cassazione la rilettura degli elementi di fatto posti
a base della decisione, per cui la mera prospettazione di una diversa, più favorevole, valutazione
delle emergenze processuali, non costituisce vizio comportante controllo di legittimità, giacché tale
attività è riservata esclusivamente al giudice di merito, potendo riguardare il giudizio di legittimità
solo la verifica dell’iter argomentativo di detto giudice, al fine di accertare se questi abbia o meno
dato conto adeguatamente delle ragioni che lo hanno condotto ad emettere la decisione ( Sezione V,
sentenza n. 7569 del 21/04/1999, Rv. 213638; Sezione VI, sentenza n. 1354 del 14/04/1998, Rv.
210658).

Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso discende, ai sensi dell’art. 6161 c.p.p., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 13/11/2015

Il Consigliere estensor

Il Presidente

parte della persona offesa in danno del ricorrente — si traduce nella prospettazione, peraltro

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