Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6477 del 06/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6477 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEN BOUBAKER JIHED N. IL 17/10/1979
avverso la sentenza n. 800/2013 TRIBUNALE di BRESCIA, del
20/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 06/11/2013

/2013

ULLIO-t

2. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità dei motivi.
Questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre
1995, Serafino) che l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione
concordata della pena va conformato alla particolare natura della medesima: lo
sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto
negoziale (c.d. patteggiamento) con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo
in ordine alla ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’articolo 129 c.p.p. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la
verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una pronuncia di
proscioglimento ai sensi della disposizione citata (cfr. ex plurimis Cass. .S. U. 27
marzo 1992, Di Benedetto; Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino). Tale
orientamento è stato concordemente accolto dalla giurisprudenza successiva
essendosi opportunamente messo in evidenza che nel procedimento speciale di
applicazione della pena su richiesta delle parti, il giudice decide, invero, sulla base
degli atti assunti ed è tenuto, pertanto, a valutare se sussistano le anzidette cause di
proscioglimento soltanto se le stesse preesistano alla richiesta e siano desumibili dagli
atti medesimi.
Anche per quanto riguarda gli altri tratti significativi decisione, che riguardano
precipuamente la qualificazione giuridica del fatto, la continuazione, l’esistenza e la
comparazione delle circostanze, la congruità della pena e la sua sospensione
condizionale, la giurisprudenza di questa Corte, nel solco delle enunciazioni delle
Sezioni Unite, ha affermato che la motivazione può ben essere sintetica ed a struttura
enunciativa, purchè risulti che il giudice abbia compiuto le pertinenti valutazioni. Può
pertanto il giudice limitarsi a dare atto, succintamente, di aver proceduto alla
delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza dell’accordo delle parti, la
corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione di eventuali circostanze ed il
giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la concedibilità della sospensione
condizionale della pena ove la efficacia della richiesta sia ad essa subordinata) e di
quelli negativi (che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento a
norma dell’art. 129 c.p.p.). Né l’imputato può avere interesse a lamentare una
siffatta motivazione, censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice, che egli ha richiesto, coincide
esattamente con quanto dal medesimo proposto. Attesa la natura pattizia del rito, chi
chiede la pena ex art. 444 e sgg. cpp rinuncia alla facoltà di contestare l’accusa; ne
consegue, come questa Corte ha sempre ribadito, che dopo l’intervenuto e ratificato
accordo, non è possibile proporre con il ricorso per cassazione censure che
coinvolgono il “patto”.
Nella specie, il giudice dà conto che, alla luce degli atti di indagine, non doveva essere
pronunciata sentenza di proscioglimento e che le valutazioni di cui sopra sono state
compiute.

1.L’imputato 0>eAk
tiu_ct ricorre per cassazione contro la sentenza di
applicazione concordata della pe a in epigrafe indicata, deducendo, in riferimento
all’art. 129 cpp, la mancanza di motivazione della stessa per non avere il giudice
esaustivamente argomentato in ordine a tutti gli elementi del reato.

3. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1500,00 (millecinqucento/00)
a titolo di sanzione pecuniaria.
p.q.nn.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1500,00 (millecinqucento/00) a favore della cassa
delle ammende.

Così deciso il 6.11.2013

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