Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6476 del 13/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6476 Anno 2016
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: CATENA ROSSELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Caputo Giovan Battista, n. a Palermo il 22/03/1969

avverso la sentenza del 5/04/2013 della Corte di Appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere dott.ssa Rossella Catena;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Luigi Orsi, che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio e trasmissione degli atti al Trib. Palermo;

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 13/11/2015

1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo riformava parzialmente la sentenza
emessa dal Tribunale di Palermo in composizione monocratica il 21/07/2011 nei confronti di
Caputo Giovanbattista, dichiarando non doversi procedere per essere estinto per intervenuta
prescrizione il reato di cui all’art. 610 c.p., ascritto al ricorrente — per avere con violenza e minaccia
consistita nel dire ad Enfiomusi Danilo che avrebbe dovuto chiudere il locale altrimenti lo avrebbe
ammazzato, e per avere costretto l’Enfiomusi e la moglie Montisanti Ivana a tollerare il distacco del
contatore Enel di pertinenza del locale pubblico gestito dalle persone offese – confermando, nel

2.Con ricorso presentato il 2/10/2013 personalmente, il Caputo Giovan Battista ricorre per:
2.1.Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ex art. 606 lett. c), c.p.p., in
relazione agli artt. 179, 525, comma 2, 511 c.p.p., in quanto il giudice di prime cure aveva svolto, in
prossimità dell’esercizio delle funzioni giudicanti, il ruolo di vice procuratore onorario presso il
medesimo Tribunale, essendosi per tale ragione verificata una nullità assoluta, insanabile e
rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. In secondo luogo, all’udienza del 21/07/2011,
verificato il mutamento della persona fisica del giudice, si era proceduto alla rinnovazione degli atti
di istruttoria dibattimentale e la difesa dell’imputato, diversamente da p.m. e dalla difesa della parte
civile, non aveva prestato il consenso alla utilizzabilità degli atti di istruttoria dibattimentale già
compiuti; ciò nonostante il giudice aveva proceduto, disponendo la lettura degli atti contenuti nel
fascicolo del dibattimento, senza considerare quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione
con sentenza del 15/01/1999 e dalla Corte Costituzionale con ordinanza dell’11/12/2001, n. 399;
inoltre su questa doglianza la Corte territoriale avrebbe omesso ogni valutazione.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) ed e), c.p.p., in quanto la
motivazione si baserebbe su atti inutilizzabili in assenza del consenso della difesa e, comunque,
sull’acritico accoglimento della versione delle persone offese, nonostante le prove contrarie offerte
dalla difesa avessero dimostrato la sussistenza di un clima di conflittualità tra le parti, sfociato in un
giudizio civile risalente al 2003, determinato da un’iniziativa del Caputo e degli altri condomini
interessati a causa del rumore scaturente dall’attività del locale gestito dalle persone offese. In
particolare, in relazione all’episodio di interruzione di energia elettrica verificatosi nel locale delle
persone offese la sera del 31/12/2013, né l’Enfiomusi Danilo né la moglie Montisanti Ivana
avevano dichiarato di aver visto il ricorrente staccare l’energia elettrica, avendo riferito di aver solo
supposto che egli fosse stato l’autore del fatto, mentre le dichiarazioni degli altri testi del pubblico
ministero, Osmanno e Montisanti Antonio, avrebbero contraddetto la versione delle persone offese;
così come in ordine all’episodio di minacce telefoniche le dichiarazioni dell’Enfiomussi Danilo non
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resto, la sentenza impugnata.

coinciderebbero con quelle del teste Osmanno e della teste Montisanti Ivana; né, infine, la Corte
territoriale avrebbe valutato le dichiarazioni dei testi della difesa, i quali tutti avevano dichiarato che
il quadro del contatore dell’energia elettrica era accessibile a tutti i condomini; in particolare la
Corte è addivenuta alla pronuncia di una sentenza declaratoria di estinzione per intervenuta
prescrizione, piuttosto che addivenire ad una sentenza di proscioglimento ex art. 129, comma II,
c.p.p., omettendo un’approfondita valutazione delle prove..

578 c.p.p., in quanto la Corte territoriale non avrebbe assolto all’onere motivazionale richiesto dalla
presenza delle parti civili, nonostante l’intervenuta prescrizione, alla quale il ricorrente
espressamente dichiara di non rinunziare, pur ribadendo che la Corte territoriale avrebbe dovuto
addivenire alla pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129, comma II, c.p.p.,
rilevante ai fini civili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso va dichiarato inammissibile.
Con la sentenza impugnata la Corte territoriale, dopo aver descritto la vicenda sottoposta al proprio
esame ed i motivi di appello, ha ritenuto infondati i motivi di gravame con motivazione basata sulle
dichiarazioni sia delle persone offese che degli altri testi escussi, facendo specifico riferimento alle
dichiarazioni della persona offesa Enfiomussi Danilo.
La sentenza di primo grado — il cui contenuto motivazionale si salda con la struttura giustificativa
della sentenza di appello, formando un corpo argomentativo complessivo ed inscindibile,
allorquando i giudici del gravame, esaminando le censure proposte dall’appellante con criteri
omogenei rispetto a quelli del primo giudice ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico
giuridici della prima sentenza, come verificatosi nel caso di specie, concordino nell’analisi e nella
valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della decisione (Sezione III, sentenza n.
44418 del 16/07/2013, Rv. 257595) — aveva, a sua volta, esaminato le dichiarazioni dei testi
Osmanno, Montisanti Antonio – ritenendole del tutto confermative della versione della persona
offesa Enfiomusi Danilo -, così come aveva esaminato le dichiarazioni del teste di p.g., Ispettore
Ferrarello – che era intervenuto sul posto in occasione della lite nella notte tra il 31 dicembre e l’ l
gennaio 2003 ed aveva proceduto al sequestro di un manganello nei confronti del Caputo — ed,
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2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione ex art. 606, lett. b) ed e), c.p.p., in relazione all’art.

infine, le dichiarazioni dei testi che avevano confermato, a vario titolo, la sussistenza di
problematiche afferenti i rumori provenienti dal locale gestito dall’Enfiomusi Danilo — in
particolare il teste Saia, del Commissariato P.S. San Lorenzo, che aveva effettuato diversi
sopralluoghi presso il locale dell’Enfiomusi a seguito di segnalazioni del Caputo; la teste Trapani,
amministratrice del condominio, che aveva iniziato, su incarico dei condomini, una causa civile per
il disturbo arrecato dai rumori provenienti dal locale dell’Enfiomusi Danilo.

possibile addivenire ad un riforma della sentenza di condanna emessa in primo grado ed ha rilevato
l’intervenuta prescrizione dei reati ascritti al ricorrente, la cui responsabilità, essendo stata accertata,
giustificava la fondatezza delle statuizioni civili, per le quali rimetteva le parti innanzi al
competente giudice civile.
Appare quindi evidente come sia del tutto condivisibile ed immune da censure il percorso
argomentativo della sentenza impugnata, che risulta, in particolare, rispettoso del principio
affermato da questa Corte, secondo cui allorquando il giudice di appello dichiara l’estinzione del
reato per amnistia o per prescrizione, è tenuto a decidere sull’impugnazione agli effetti delle
disposizioni dei capi della sentenza concernenti gli interessi civili, il che comporta necessariamente
che i motivi di impugnazione dell’imputato debbano essere compiutamente esaminati, non
potendosi, in tal caso, limitarsi a dare conferma della condanna al risarcimento del danno solo in
ragione della mancanza di prova manifesta ed evidente dell’innocenza dell’imputato in base a
quanto disposto dall’art. 129, comma II, c.p.p., dovendo, al contrario, la sentenza di appello
effettuare un esaustivo apprezzamento della responsabilità dell’imputato (Sezioni Unite, sentenza n.
35490 del 28/05/2009, Rv. 244273; Sezione VI, sentenza n. 16155 del 20/03/2013, Rv. 255666).
Tanto premesso, va rilevato come senza alcun dubbio nel corso del giudizio di primo grado si fosse
verificata una nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, a seguito della violazione
del principio di immutabilità del giudice ai sensi degli artt. 525 e 179 c.p.p., essendo stata la
sentenza di primo grado emessa da un giudice diverso da quello innanzi al quale si era svolta
l’istruttoria dibattimentale, in mancanza del consenso della difesa dell’odierno ricorrente alla
rinnovazione del dibattimento mediante lettura degli atti relativi alle prove già acquisite (Sezione V,
sentenza n. 6432 del 7/01/2015, Rv. 263424); risulta infatti documentato, con allegazione di copia
del verbale dell’udienza del 21/07/2007, che la difesa, nel corso del giudizio di primo grado, si era
opposta alla utilizzazione degli atti di istruttoria dibattimentale computi innanzi ad un diverso
giudice, e ciò nonostante il giudice avesse disposto la lettura degli atti medesimi ai sensi dell’art.
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Sulla scorta di detto complesso probatorio la Corte territoriale ha affermato come non fosse

511 c.p.p.; risulta altresì che, nonostante la formulazione di specifico motivo di gravame sul punto,
la sentenza di appello non avesse fornito alcuna motivazione.

Tuttavia dalla declaratoria di nullità della sentenza, nel caso di specie, discenderebbe ilinvio degli
atti al giudice di merito per un nuovo giudizio, che non potrebbe che concludersi con una sentenza
di estinzione del reato per intervenuta prescrizione: ciò sia alla luce sia dell’oggettivo decorso del
tempo e della conseguente maturazione del termine di prescrizione massimo, pari ad anni sette mesi

sia, infine, dalla esaustiva valutazione del compendio probatorio effettuato dalla sentenza
impugnata, immune da censure di legittimità.

Va ricordato che, secondo pacifica giurisprudenza di legittimità, l’immediata declaratoria di
determinate cause di non punibilità prevista dall’art. 129 c.p.p., impone che nel giudizio di
cassazione, qualora ricorrano contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale
assoluta ed insanabile, sia data prevalenza alla prima, salvo che l’operatività della causa estintiva
non presupponga specifici accertamenti e valutazioni riservati al giudice di merito, nel qual caso
assume rilievo pregiudiziale la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del relativo
giudizio (Sezioni Unite, sentenza n. 17179 del 27/02/2002, Rv. 221403, preceduta da Sezioni
Unite, sentenza n. 1021 del 28/11/2001, Rv.220511, seguita da Sezione VI, sentenza n. 21459 del
26/03/2008, Rv. 240066; Sezione III, sentenza n. 1550 dell’1/12/2010, Rv.249428; Sezione VI,
sentenza n. 20065 dell’1/04/2014, Rv. 25972; Sezione II, sentenza n. 6338 del 18/12/2014, Rv.
262761). In particolare, infatti la sentenza delle Sezioni Unite n. 17179 del 27/02/2002, Rv. 221403,
aveva affermato come il principio di immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità,
sancito dall’art. 129 c.p.p., impone che nel giudizio di cassazione, qualora ricorrano
contestualmente una causa estintiva del reato e una nullità processuale assoluta e insanabile, sia data
prevalenza alla prima, salvo che l’operatività della causa estintiva non presupponga specifici
accertamenti e valutazioni riservati al giudice del merito, nel qual caso assume rilievo pregiudiziale
la nullità, in quanto funzionale alla necessaria rinnovazione del giudizio. Inutilmente dispendioso
risulterebbe, infatti, l’accertamento del dedotto vizio procedurale in quanto in ogni caso si
imporrebbe la declaratoria di cui all’art. 129 c.p.p.

Pur in presenza di numerose pronunce conformi, sono però intervenute delle pronunce di segno
contrario, secondo la quale l’imputato conserverebbe l’interesse alla declaratoria di nullità in quanto
ciò gli assicurerebbe il vaglio circa la sussistenza delle condizioni per il proscioglimento ai sensi
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sei, sia della espressa volontà manifestata dal ricorrente di non voler rinunciare alla prescrizione,

dell’art. 129, comma 2, c.p.p., da parte del giudice del merito (Sezione II, sentenza n. 42411 del
4/1072012, Rv. 254351; Sezione VI, sentenza n. 28478 del 27/6/2013, Rv. 255862).

Ciò premesso, va osservato come, proprio nel caso di specie, alla pronuncia di estinzione del reato
la Corte territoriale fosse pervenuta all’esito dell’istruttoria dibattimentale svolta nel corso del
giudizio di primo grado, e non in base ad una preliminare valutazione operata ai sensi dell’art. 129,

Pertanto, dichiarare la nullità e restituire gli atti al giudice del merito, a seguito della rilevata
violazione del principio di immutabilità del giudice significherebbe semplicemente ottenere la
pronuncia di una nuova sentenza d’improcedibilità per estinzione del reato, il che appare
evidentemente in contrasto con il principio di ragionevole durata del processo.

Se, come più volte affermato in sede di legittimità, appare contrastante con il principio di cui all’art.
111, comma 2, Costituzione, costringere il giudice alla pronuncia di una nuova sentenza,
allorquando l’estinzione per prescrizione sia stata pronunciata in una situazione nella quale dagli
atti non emerge evidenza d’innocenza ai sensi dell’art. 129, comma II, c.p.p., a maggio ragione ciò
deve essere ritenuto quando, nella sostanza, la valutazione di merito ha condotto ad un
riconoscimento di colpevolezza e la declaratoria di improcedibilità appaia il frutto di una mera
constatazione avente ad oggetto il decorso del tempo. Non si comprende quale sarebbe, in tal caso,
infatti, l’interesse del ricorrente ad una pronuncia che, rilevata la nullità, non potrebbe che preludere
ad una successiva sentenza declaratoria di prescrizione che non potrebbe che essere fondata sulle
medesime valutazioni di merito, in quanto già effettuate e ritenute immune da censure i sede di
legittimità. Nel caso di specie, in cui la causa di estinzione del reato è già stata rilevata all’esito del
giudizio di appello e di una completa valutazione del merito della vicenda, a maggior ragione, non
avrebbe alcuna utilità la celebrazione di un nuovo giudizio di appello che non potrebbe che
pervenire ad una identica pronuncia.

Ne discende, quindi, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente,
aisensi dell’art. 6161 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

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I comma, c.p.p.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 13/11/2015

Il Presidente

Il Consigliere estensore

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