Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6471 del 28/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6471 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Ivan David, nato in Romania il 06/12/1985

avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Genova il 14/10/2014

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Gabriele Mazzotta, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della
sentenza impugnata

RITENUTO IN FATTO

1. Il 14/10/2014, la Corte di appello di Genova confermava la sentenza
emessa il 07/10/2013 dal Tribunale della stessa città nei confronti di David Ivan,
imputato del delitto di furto aggravato, in ipotesi commesso presso un centro
commerciale; secondo l’assunto accusatorio, l’Ivan si era impossessato di undici

Data Udienza: 28/10/2015

bottiglie di amaro, del valore complessivo di 123,75 euro.

Nella ricostruzione

dei fatti, la Corte territoriale precisava che doveva riconoscersi rilievo decisivo
alle «dichiarazioni del capo negozio del supermercato in questione, che aveva
riferito di aver notato il prevenuto nascondere in uno zaino la merce da lui
sottratta ed allontanarsi, senza averne corrisposto l’importo alla cassa».
In punto di qualificazione giuridica, dato atto che nei motivi di gravame la
difesa aveva sollecitato la derubricazione dell’addebito nella fattispecie tentata,
la Corte genovese richiamava la giurisprudenza di legittimità secondo cui

commerciale si realizza non già al superamento della barriera delle casse, bensì
(ancor prima) nel momento della amotio e del nascondimento dei beni in una
tasca od in una borsa, quando cioè il soggetto attivo predispone «le condizioni
per passare dalla cassa senza pagare». I giudici di secondo grado precisavano
altresì, sul punto, che non poteva rilevare la circostanza del perdurante controllo
posto in essere dal personale addetto alla vigilanza, giacché la sorveglianza era
stata comunque effettuata a distanza, senza la possibilità del teste (che ciò
aveva riferito) di interrompere l’azione dell’imputato.

2. Propone ricorso l’Ivan, con atto da lui personalmente sottoscritto.
Il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione della legge
penale, segnalando come le Sezioni Unite di questa Corte, componendo un
risalente contrasto interpretativo, abbiano recentemente affermato che – in
tema di furti presso esercizi commerciali dove i beni in vendita risultano esposti
su banchi liberamente accessibili alla clientela – il costante controllo da parte
degli organi di vigilanza non consente l’effettivo impossessamento della merce e
la conseguente consumazione del reato.
Con ulteriore motivo di ricorso, l’imputato deduce carenze motivazionali della
sentenza impugnata in punto di valutazione della congruità del trattamento
sanzionatorio, atteso che la Corte territoriale risulta essersi limitata a confermare
quanto precedentemente statuito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato.

2. Il motivo di doglianza afferente il presunto vizio di motivazione della
sentenza impugnata sulla dosimetria della pena è infatti inammissibile, atteso

2

l’impossessamento della merce sottratta dai banchi di vendita di un esercizio

che in sede di motivi di appello la difesa non aveva prospettato questioni in
punto di entità del trattamento sanzionatorio.

3. E’ invece fondata la censura concernente la ravvisabilità del tentativo,
piuttosto che di una ipotesi di furto consumato.
In ordine alla corretta qualificazione giuridica del reato contestato all’Ivan,
occorre infatti tenere conto delle recenti indicazioni delle Sezioni Unite di questa
Corte, di cui alla sentenza n. 52117 del 17/07/2014 (ric. P.g. in proc. Cukon):

appello di Genova a sostegno della propria tesi, il massimo organo di
nomofilachia è giunto all’affermazione del principio che «il monitoraggio
nell’attualità dell’azione furtiva avviata, esercitato sia mediante la diretta
osservazione della persona offesa (o dei dipendenti addetti alla sorveglianza o
delle forze dell’ordine presenti

in loco), sia mediante appositi apparati di

rilevazione automatica del movimento della merce, e il conseguente intervento
difensivo in continenti, a tutela della detenzione, impediscono la consumazione
del delitto di furto, che resta allo stadio del tentativo, in quanto l’agente non ha
conseguito, neppure momentaneamente, l’autonoma ed effettiva disponibilità
della refurtiva, non ancora uscita dalla sfera di vigilanza e di controllo diretto del
soggetto passivo».
Una situazione siffatta, considerando quanto evidenziato nella motivazione
delle pronunce di merito, risulta essersi verificata appunto nel caso di specie,
dove il personale addetto alla sorveglianza provvide a monitorare “in diretta” il
comportamento dell’imputato, organizzando di conseguenza la propria attività di
controllo. Si legge infatti nella sentenza di primo grado che il “capo negozio”
dichiarò di avere notato una persona entrare nel supermercato con indosso uno
zaino vuoto, e di averlo visto infilare le bottiglie di liquore, con azione molto
veloce, all’interno dello zaino medesimo; il soggetto era quindi uscito
dall’esercizio passando dal girello d’ingresso, ed il teste lo aveva subito fermato.
Non può dirsi, pertanto, che il ricorrente riuscì a realizzare una autonoma ed
effettiva disponibilità delle

res sottratte, il che impone la riqualificazione

dell’addebito ai sensi degli artt. 56 e 624 cod. pen., con la conseguente adozione
delle determinazioni di cui al dispositivo.

P. Q. M.

manifestando contrario avviso rispetto alle pronunce richiamate dalla Corte di

Qualificato il fatto come furto tentato, annulla la sentenza impugnata
limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio ad altra sezione della
Corte di appello di Genova per nuovo esame sul punto.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.

Così deciso il 28/10/2015.

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