Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6465 del 06/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6465 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MATHLOUTHI ATEF N. IL 01/07/1976
avverso la sentenza n. 3779/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 14/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 06/11/2013

Osserva

Ricorre per cassazione Mathlouthi Atef avverso la sentenza emessa in data 14.6.2012
dalla Corte di Appello di Palermo che confermava quella in data 4.7.2011 del Giudice
monocratico del Tribunale di Palermo, con la quale il predetto era stato condannato
alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione ed C 9.000,00 di multa per il reato di cui
all’art. 73, comma 5 dPR 309/1990.
Deduce la violazione di legge in ordine alla mancata assoluzione dell’imputato
assumendo che lo stupefacente era destinato ad uso di gruppo come tale non

e al mancato riconoscimento delle attenuanti di cui all’art. 62 n. 4 e 62 bis c.p.,
nonchè di quella di cui all’art. 73 comma V dPR 309/1990.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mosse manifestamente infondate e non
consentite nella presente sede.
Inoltre la prima censura e quella attinente alla mancata concessione della attenuanti
generiche sono palesemente aspecifiche, avendo riproposto in questa sede
sostanzialmente le medesime doglianze, per giunta vaghe e scarsamente
circostanziate, rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese
con motivazione compiuta e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi
che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del
gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato
senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett.
c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Peraltro, le censure mirano ad una improponibile rivalutazione della prova e si

punibile. Rappresenta ancora la violazione di legge in relazione alla misura della pena

risolvono in deduzioni in punto di fatto, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel
presente giudizio di legittimità, sottraendosi la motivazione della impugnata sentenza
ad ogni sindacato per le connotazioni di coerenza, di completezza e di razionalità dei
suoi contenuti.
Le residue censure, dedotte sotto il profilo della violazione di legge, non risultano aver
formato oggetto di analoghi motivi in sede di appello, onde sono inammissibili ai sensi
dell’art. 603 comma 3 c.p.p..
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si
ritiene equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non

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ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 6.11.2013

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