Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6462 del 22/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6462 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DUBOLINO PIETRO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) CALATAFIMI ANGELO N. IL 01/09/1953
avverso la sentenza n. 3084/2011 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
09/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO;

Data Udienza: 22/11/2012

CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto:
a) del tutto pretestuosa appare la doglianza in esso contenuta a proposito di quello
che viene presentato come l’erroneo principio affermato dalla corte di merito secondo
cui, nei processi condotti (come nella specie) con rito abbreviato la scelta operata in
tal senso dall’imputato dovrebbe “incidere non solo sull’individuazione del materiale
probatorio utilizzabile dal giudice ai fin j della decisione, ma anche sui criteri di
valutazione dello stesso”, non apparendo in alcun modo desumibile un tale principio
dalla parte della motivazione dell’impugnata sentenza cui la difesa ha inteso riferirsi,
dalla quale, in realtà, si evince soltanto che, posta l’utilizzabilità, derivante dalla
scelta del rito, dei verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia
giudiziaria, a tali verbali, secondo le normali regole interpretative di ogni atto scritto,
non può attribuirsi altro significato se non quello desumibile “da una piana lettura
delle parole che li compongono”, dandosi necessariamente per presupposto che “i
verbali e gli atti cristallizzino fedelmente quanto dichiarato dai testi e dagli altri
soggetti del processo e quanto compiuto dagli organi del procedimento”, con
esclusione, quindi, di ogni tipo di valutazione che implichi, per sua natura, il diretto
esame dibattimentale delle fonti; il che, all’evidenza, non significa affatto
pregiudicare la libertà di valutazione delle prove scritte da parte del giudice ma
soltanto ricordare le regole per la individuazione del loro esatto contenuto,
analogamente, del resto, a quanto si verifica nel processo civile, con riguardo alle
regole interpretative del contratto, quali dettate dagli artt. 1362 e segg. del codice
civile;
b) l’esclusione della legittima difesa che, nell’impugnata sentenza, risulta motivata
sulla base del richiamo alle dichiarazioni rese, oltre che dalla persona offesa, anche
da diversi altri testimoni, dalle quali si evinceva l’assoluta assenza di elementi
dimostrativi dell’ipotesi che il Fachin avesse posto in essere comportamenti
aggressivi nei confronti dell’imputato, non può, all’evidenza, essere tacciata di
illogicità o contraddittorietà per il solo fatto (al quale ci si richiama nel ricorso), che,
secondo quanto affermato nella stessa sentenza, il Facchin, prima di essere fatto
segno dei colpi di arma da fuoco esplosi dall’imputato, si fosse mostrato infastidito
dalla presenza di quest’ultimo in un locale pubblico nel quale anch’egli si trovava

RILEVATO IN FATO Y ;
Ci
– che con l’impugnata sentenza, in conferma, per quanto d’interesse, di quella di
primo grado, CALATAFIMI Angelo fu ritenuto responsabile del reato di lesioni
personali volontarie gravi e aggravate dall’uso di arma in danno di Facchin Ivo e dei
connessi reati di detenzione e porto illegali di una pistola, costituente arma comune
da sparo;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa
dell’imputato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al
mancato riconoscimento della legittima difesa; doglianze poi ribadite in una
successiva memoria fatta pervenire a seguito dell’avviso di cui all’art. 610, comma 1,
c.p.p.,

(non risulta specificato, nella sentenza e nel ricorso, a quale titolo), e lo avesse quindi
accompagnato all’esterno, ove poi era avvenuto il fatto, “tenendogli una mano sulla
spalla”;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso in Rmaii1 22 novembre 2012.

P. Q. M.

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