Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6462 del 14/10/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 6462 Anno 2016
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ERCOLI GIUSEPPE N. IL 03/06/1943
ERCOLI MAURO N. IL 12/01/1973
CETRARO TERESA N. IL 26/09/1949
avverso la sentenza n. 147/2012 CORTE APPELLO di SALERNO, del
06/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 14/10/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
sona i e ott.
che ha concluso per

Data Udienza: 14/10/2015

Udito il PG in persona del sost.proc.gen. dott. G. Izzo che ha concluso chiedendo annullamento
con rinvio, udito il difensore degmputatì, avv. M. Nitto che si è riportato al ricorso e ne ha
o
chiesto l’accoglimento.

1. La CdA di Salerno, con la sentenza di cui in epigrafe, ha confermato la pronunzia di
primo grado con la quale Ercoli Giuseppe, Ercoli Mauro e Cetraro Teresa furono
condannati a pena di giustizia in quanto ritenuti colpevoli del delitto di bancarotta patrimoniale
e documentale con riferimento al fallimento della sas MA.BA . che aveva assorbito la sas ZEFF
di Ercoli Mauro & C., della quale i due Ercoli erano soci accomandatari e la Cetraro socia
acco mandante.
2. Ricorre per cassazione il comune difensore, articolando sei censure.
3. Con alci, prima, deduce violazione di legge per essere stata la motivazione della
sentenza di appello redatta per relationem al di fuori dei casi previsti e consentiti dalla
giurisprudenza.
4. Con la seconda, deduce violazione dell’art. 192 cpp ed erronea valutazione delle
risultanze processuali in ordine alle condotte ascritte ai ricorrenti, con conseguente carenza
dell’apparato motivazionale. Ripercorrendo l’excursus logico della sentenza di secondo grado, il
ricorrente ne segnala le aporie e le inesattezze, sostenendo che dagli atti: a) non risultava che,
al momento della cessione delle quote, la ZEFF fosse in stato di decozione, come emerge dalle
dichiarazioni del teste Masoni in altro procedimento, teste non certo sospetto di avere
atteggiamento favorevole verso gli imputati dai quali si riteneva truffato, b) risultava che gli
imputati si erano rivolti alla srl PROGRESS, che li aveva posti in contatto con Bellone Antonio,
socio unico della MA.BA . Ebbene, i soggetti cui faceva capo la PROGRESS furono tratti in
arresto in quanto accusati di gravi reati, mentre il Bellone, cessionario di tutte le quote sociali
dei ricorrenti, è divenuto l’unico reale dominus del nuovo assetto societario e ha gestito in
piena autonomia la sas fino al fallimento. Non può dunque sostenersi né il carattere fittizio
delle cessioni, né il fatto che la MA.BA . fosse una “scatola vuota” creata ad hoc; come risulta
documentalmente, essa, contrariamente a quel che afferma la CdA, non fu creata poco tempo
prima della effettuazione delle cessioni (ma ebbe vita dal 1993 al 2007). La ZEFF inoltre era
società di persone, di talché i soci hanno continuato a rispondere dei debiti societari anche con
il loro patrimonio personale, c) risultava che la presenza degli Ercoli all’interno dei locali della
MA.BA . era del tutto giustificata (dato il breve lasso di tempo dalla avvenuta cessione) in
quanto essi stavano sgombrando detti locali dalle loro personali pertinenze, d) risultava che la
cessione del fabbricato industriale, già di proprietà della ZEFF fu del tutto regolare; detto
immobile poi era gravato da ipoteca per € 400.000 a favore BNL, dunque non è ipotizzabile
alcun intento distrattivo da parte degli imputati, in quanto esso non avrebbe avuto effetti
pratici, e) risultavano i contenuti positivi delle dichiarazioni dei numerosi testi, cui la CdA
incomprensibilmente non fa cenno alcuno. Se tali dichiarazioni fossero state prese in adeguato
conto, i giudicanti si sarebbero accorti che non ricorreva l’elemento oggettivo dei reati
contestati e neanche quello soggettivo, in quanto unico scopo dei ricorrenti era quello di
affidare a terzi i loro affari, ritirandosi dalla gestione attiva degli stessi. Essi dunque non
avevano intenzione alcuna di recare danno ai creditori della sas. Come scrive il curatore, è
certamente possibile che Bellone fosse un uomo di paglia, nelle mani dei soggetti che si
celavano dietro la srl PROGRESS, ma i ricorrenti sono rimasti del tutto estranei a tali operazioni
truffaldine, f) quanto alla bancarotta documentale, risultava che, all’atto della cessione di
quote, tutta la documentazione fu versata dagli imputati nello studio del notaio rogante.

RITENUTO IN FATTO

5. Con la terza censura, deduce violazione dell’art. 133 cp, atteso che lo stesso PM di
udienza aveva chiesto un trattamento sanzionatorio ben più favorevole e considerata, in
particolare, la posizione del tutto marginale della Cetraro.

7. Con la quinta censura, deduce mancata acquisizione dei fascicoli inerenti le vicende
dei soggetti facenti capo alla PROGRESS, tratti in arresto in esecuzione di provvedimenti
cautelar’ emessi su richiesta di diverse Procure della Repubblica. Tale omissione costituisce
aperta violazione del comma 2 dell’art. 495 cpp.
8. Con la sesta censura, deduce mancata applicazione dell’indulto, in quanto era stato
richiesto al giudice dell’appello di considerare che la condotta addebitata agli imputati si
sarebbe conclusa nel novembre 2005, con la conseguenza che era certamente applicabile il
provvedimento di clemenza di cui alla legge 241/2006. Sul punto la CdA è rimasta silente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La prima censura è generica. Invero la motivazione per relationem, secondo
consolidata giurisprudenza, è certamente ammissibile a condizione che il provvedimento
richiamato sia, a sua volta, adeguatamente motivato in relazione alle censure e/o alle
argomentazioni proposte e che esso sia disponibile per “il lettore” (e dunque allegato al
provvedimento che lo richiama, ovvero trascritto nello stesso o presente in atti). Poiché
certamente il secondo requisito sussiste (la sentenza di primo grado è ovviamente presente in
atti e nota all’imputato e al suo difensore), sarebbe stato necessario che il ricorrente avesse
chiarito quali punti dell’apparato motivazionale del primo giudice non avrebbero potuto essere
utilmente spesi dal secondo.
2. La seconda censura è inammissibile in quanto sostanzialmente generica e articolata
in fatto. Invero la CdA ha posto in rilievo alcune significative (in quanto sintomatiche)
circostanze e le ha valutate congiuntamente e non atomisticamente, come pretendono di fare i
ricorrenti. Viene innanzitutto chiarito che non vi è tracciabilità alcuna del prezzo che avrebbe
dovuto essere versato per la cessione delle quote della ZEFF. Dal capo di imputazione (che,
pur non brillando per nitore sintattico, appare chiaro nel suo contenuto), emerge che il valore
della cessione era molto elevato (C 1.769.435, di cui 1.200.000 come valore dell’immobile
societario). Ebbene, si legge in sentenza che, all’atto della cessione, i protagonisti della vicenda
affermano che l’importo (da Bellone agli imputati) risulta già interamente versato. In
mancanza di qualsiasi indicazione dei mezzi di pagamento, i giudici di merito, ipotizzano – non
certo illogicamente – che si intendesse che l’importo sia stato versato per contanti. Altrettanto
logicamente, essi ritengono tale circostanza non credibile e (anche da ciò) deducono la natura
fittizia dell’operazione. Ebbene, nelle ben 30 pagine di ricorso, il difensore non si cura di
prendere in considerazione tale (molto significativa) emergenza processuale e, meno che mai,
ad essa replica. E in ciò consiste il più evidente profilo di genericità del ricorso. Che poi gli
Ercoli e la Cetraro fossero anche personalmente responsabili per i debiti della sas, non sta
certo a significare che essi non avessero interesse alla distrazione, atteso che figurare come
meri percettori di pensioni o di redditi da lavoro subordinato è cosa ben diversa che essere
proprietari di un patrimonio stimabile in oltre un milione di euro. Nel primo caso,
evidentemente, nessuno potrebbe pretendere che, di fatto, essi rispondano ultra vires. Quanto
poi al fatto che l’immobile era gravato da ipoteca, basterà considerare che tale garanzia reale

6. Con la quarta censura, deduce, violazione di legge per mancata applicazione delle
attenuanti generiche rispetto alla aggravante contestata ai due Ercoli. Si tratta di soggetti
incensurati, uno dei quali quasi settantenne, che hanno sempre lavorato onestamente avendo
quale unico obbiettivo il mantenimento della famiglia.

3. La quinta censura è inammissibile per manifesta infondatezza. La scelta del rito
abbreviato comporta che l’imputato non abbia accettato, ma abbia scelto di andare incontro a
una decisione allo stato degli atti. Ciò tempera non poco la portata del comma 2 dell’art. 495
del cpp, atteso che, oltretutto, la richiesta aveva ad oggetto l’acquisizione di atti la cui
pertinenza al giudizio in corso non risulta essere stata chiarita. Trattandosi di decisione in
campo processuale, quel che conta, poi, è la sua correttezza, non la sua giustificazione
motivazionale.
4. Le censure in tema di trattamento sanzionatorio (terza e quarta) sono infondate;
invero la sentenza fa riferimento alla “pianificazione scientifica” con la quale furono poste in
essere le condotte fraudolente, l’entità dei beni sottratti e il ruolo, solo apparentemente
secondario, della Cetraro; circostanze tutte che sono state ritenute ostative a un più favorevole
bilanciamento tra aggravanti e circostanze attenuanti generiche.
5. L’ultima censura è inammissibile per manifesta infondatezza. La data di commissione
del delitto di bancarotta è quella della dichiarazione di fallimento.
Conclusivamente i ricorsi meritano rigetto e i singoli ricorrenti vanno condannati alle spese del
grado.
PQM
rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, addì 14 ottobre 2015.-

gravava solo per un terzo del suo valore. Il (veramente molto) lungo excursus che nel ricorso
si fa alla situazione di fatto e alle vicende cristallizzate in altri procedimenti rappresenta, ad
evidenza, un’incursione nel merito, certamente intollerabile in sede di legittimità. Restano i
fatti obiettivi, evidenziati dalla sentenza, vale a dire: a) che la MA.BA . (avente sede presso un
ufficio di mail-box) fu sciolta subito dopo aver ricevuto i beni della ZEFF, non prima tuttavia di
aver ceduto l’immobile alla CATIM. L’immobile stesso poi fu ulteriormente ceduto (altre due
volte) fino a finire nella disponibilità di una società irlandese, b) che, a distanza di mesi dalla
cessione, gli Ercoli furono trovati ancora nel capannone industriale della ditta e qui essi
tentarono di opporsi al pignoramento di beni. Ebbene, la CdA, considerando unitariamente tali
emergenze, è giunta, senza alcun apprezzabile salto logico, alla conclusione della natura fittizia
della cessione, della natura meramente interpositiva della figura del Bellone, delle contiguità
gestionale in capo agli attuali imputati, i quali dunque devono rispondere anche della
bancarotta documentale.

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