Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 646 del 06/12/2017
Penale Sent. Sez. 5 Num. 646 Anno 2018
Presidente: BRUNO PAOLO ANTONIO
Relatore: MOROSINI ELISABETTA MARIA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BELLANOVA LORENZO nato il 17/04/1978 a CEGLIE MESSAPICA
avverso l’ordinanza del 08/08/2017 del TRIBUNALE di LECCE
udita la relazione svolta dal Consigliere ELISABETTA MARIA MOROSINI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale OLGA
MIGNOLO, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità.
Data Udienza: 06/12/2017
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Lecce, in funzione di giudice del
riesame, ha respinto l’appello proposto dall’imputato Bellanova Lorenzo,
sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari, avverso l’ordinanza con
cui il Tribunale di Brindisi aveva respinto la richiesta di autorizzazione ad assentarsi
dal luogo di arresto per esercitare un’attività lavorativa ai sensi dell’art. 284
comma 3 cod. proc. pen. Il titolo cautelare era relativo ai delitti di detenzione e
2. Avverso il provvedimento ricorre l’imputato, per il tramite del difensore,
articolando un unico motivo, prospettato nei termini di violazione di legge e vizio
di motivazione.
Assume il ricorrente che la motivazione del giudice del riesame, sarebbe
contraddittoria e carente, poiché il Tribunale, da un lato, non avrebbe tenuto conto
del quid novi rappresentato dalla documentazione prodotta e, dall’altro lato, si
sarebbe arroccato su una interpretazione eccessivamente restrittiva dello stato di
indigenza di cui all’art. 284 comma 3 cod. proc. pen., condizione che si sarebbe
dovuta ravvisare nella specie, tenuto conto che l’imputato vive del proprio lavoro
e che ha a carico moglie casalinga e figlio di tre mesi.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. L’originario provvedimento, appellato dinanzi al Tribunale di Lecce, si
fondava su due diverse rationes decidendi: l’insussistenza di uno stato di indigenza
neppure allegato e men che meno provato; la vanificazione delle esigenze
cautelari, in ragione delle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa, essendo
richiesta un’autorizzazione ad assentarsi dal luogo di arresto per l’intera settimana
lavorativa e pressoché per tutta la giornata.
L’imputato ha proposto appello contestando solo il primo motivo, ma non il
secondo.
Neppure in questa sede il ricorrente formula censure sulla questione della
vanificazione delle esigenze cautelari.
Si tratta di un argomento dotato di autonoma decisività.
L’autorizzazione a recarsi al lavoro può essere ragionevolmente negata
laddove le modalità di svolgimento del lavoro, snaturino, come nella specie, il
regime della custodia domestica, vanificando di fatto le esigenze cautelari poste a
base della misura coercitiva (Sez. 3, n. 3472 del 20/12/2012, dep. 2013,
Barbullushi, Rv. 254428; Sez. 2, n. 9004 del 17/02/2015, Prago, P.v. 263237).
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porto di arma clandestina e di lesioni aggravate.
Ne consegue che il ricorso per cassazione è inammissibile, per difetto di
specificità, in quanto si limita alla critica di una sola delle rationes decidendi,
ciascuna delle quali è autonoma ed autosufficiente (Sez. 3, n. 30021 del
14/07/2011, F., Rv. 250972).
5. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 a favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso il 06/12/2017
Il Consigliere estensore
Elisab
orosini
Il Presidente
Paolo Antonio Bruno
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Depositato in
/Th
ammende della somma, che si stima equa, di Euro 2.000,00.