Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6446 del 05/11/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 6446 Anno 2016
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAGANO ELMELINDA N. IL 12/05/1965
avverso l’ordinanza n. 2616/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
NAPOLI, del 23/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO ESPOSITO;
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Udit i difen r Avv.;

Data Udienza: 05/11/2015

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del 01/07/2014, il Tribunale di Sorveglianza di Napoli rigettava il reclamo avverso l’ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Napoli del 19/11/2013 di rigetto dell’istanza
di liberazione anticipata per i periodi 19/05/2009 – 19/05/2010 e 16/04/2011 – 16.10.2012,
proposta da Pagano Elmelinda, condannata alla pena di anni 4 di reclusione per il reato di cui
all’art. 648 bis cod. pen..
L’organo giudicante riteneva sussistenti collegamenti con la criminalità organizzata, nono-

ato di cui all’art. 416 bis cod. pen..
In motivazione, infatti, evidenziava che, in base alle informazioni della Questura di Napoli e
della D.D.A., Pagano Elmelinda risultava moglie di Amato Raffaele e sorella di Pagano Cesare,
entrambi detenuti e sottoposti al regime speciale, in quanto ritenuti ai vertici del clan AmatoPagano, scissionisti di Secondigliano, e che la stessa non aveva mai prestato nessuna forma di
collaborazione e non aveva reciso i rapporti con la criminalità organizzata.
Rappresentava, peraltro, che la Pagano non aveva svolto attività trattamentali qualificate, risultando solo esente da rilievi disciplinari, e che per i condannati per delitti di particolare allarme sociale, l’evoluzione della personalità verso modelli socialmente validi doveva trovare riscontro non in una semplice condotta carceraria nella norma, bensì un particolare impegno, idoneo a segnalare un distacco anche psicologico dal crimine.
Riteneva insussistenti, pertanto, i presupposti per concedere la liberazione anticipata, stanti
l’assenza di rivisitazione critica del proprio vissuto delinquenziale, la tipologia dei reati in espiazione, l’assenza di collaborazione con la giustizia e l’attuale adesione al gruppo criminale.
Avverso tale provvedimento la difesa del condannato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., per inosservanza
o erronea applicazione degli artt. 54 e 4 bis, comma 3-ter, ord. pen., e per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Nell’atto di impugnazione era evidenziato che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale di Sorveglianza, non sussistevano collegamenti della condannata con la criminalità organizzata, in quanto attualmente in espiazione di condanna per il reato di cui all’art. 648 bis cod.
pen., vicenda per la quale i giudici di primo e secondo grado avevano escluso l’aggravante di
cui all’art. 7 L. 203/1991 originariamente contestata (agevolazione del sodalizio criminoso); inoltre, in epoca successiva, la Pagano era indagata e processata per il reato di cui all’art. 416
bis ord. pen., con condotta perdurante, vicenda per la quale era assolta dalla Corte di Appello
di Napoli, perché il fatto non sussiste ai sensi dell’art. 530, comma 1, cod. proc. pen., con sentenza (allegata al ricorso) divenuta definitiva.
Alla luce di tale ultima pronunzia, era lamentata l’impossibilità di rinvenire elementi concreti
e specifici, attestanti l’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata, non rilevando al
riguardo il mero rapporto di coniugio col capoclan Amato Raffaele. Era contestato che non po-

stante l’esibizione da parte della difesa del ricorrente di sentenza di assoluzione in ordine al re-

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tevano esigersi dalla condannata condotte collaborative o intenzioni dissociative, non essendo
mai appartenuta ad associazioni criminose e lontana da attività malavitose da undici anni.
Inoltre, la difesa del ricorrente rilevava che il Tribunale di Sorveglianza non aveva motivato
le ragioni per privilegiare le scarne informazioni della D.D.A., prive di ogni riferimento ai fatti,
rispetto alla decisione di assoluzione suindicata.
Chiedeva, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato per omissione del dovuto
controllo da parte del giudicante sulle notizie ricevute dalla D.D.A. in riferimento all’attualità

Il Sostituto Procuratore Generale dr. Alfredo Pompeo Viola, mediante requisitoria scritta,
chiedeva l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, deducendo quanto segue: a)
l’assenza di concreti elementi di fatto idonei a ritenere l’assenza in capo alla Pagano “di una rivisitazione critica del proprio vissuto delinquenziale”; b) la natura non ostativa della tipologia
dei reati in espiazione alla concessione del beneficio; c) l’acritico recepimento della valutazione
della Procura Nazionale Antimafia in ordine alla presunta attuale adesione al sodalizio capeggiato dal consorte; d) la mancata verifica dell’apprezzamento della fondatezza dei dati fattuali
esposti dalla difesa della condannata, comparazione resa ancor più necessaria dall’allegazione
dell’esito assolutorio di procedimento a suo carico per reati associativi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato, nei termini che seguono.
Nell’atto di impugnazione la difesa di Pagano Ermelinda si doleva della circostanza che il Tribunale di Sorveglianza di Napoli aveva respinto il reclamo avverso il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza di rigetto dell’istanza di concessione sulla base principalmente
dell’esistenza di attuali collegamenti della condannata con la criminalità organizzata.
Nel ricorso per Cassazione, la difesa evidenziava che la propria assistita versava in espiazione di condanna definitiva per il reato di cui all’art. 648 bis ord. pen., per il quale era stata esclusa l’esistenza di aggravante di cui all’art. 7 L. 203/1991 e che, in relazione ad altro procedimento, era stata assolta con sentenza definitiva dal reato di cui all’art. 416 bis cod. pen.
nonché di aver allegato già in sede di reclamo dinanzi al Tribunale di Sorveglianza oltre che al
ricorso in esame la documentazione idonea a comprovare il proprio assunto.
Ebbene, nel provvedimento impugnato, il Tribunale di Sorveglianza, senza considerare che la
condanna in espiazione riguardava un reato non ostativo alla concessione del beneficio, si limitava a ricavare l’esistenza di collegamenti tra la criminalità organizzata e la condannata, in
modo automatico, esclusivamente in base al suo stretto rapporto familiare col marito Amato
Raffaele e col fratello Pagano Cesare, entrambi detenuti e sottoposti al regime speciale, ritenuti
ai vertici del clan Amato-Pagano, scissionisti di Secondigliano, nonché all’inesistenza di suo
condotte collaborative o dissociative dal clan.

cit

dei collegamenti con la criminalità organizzata.

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L’organo giudicante, peraltro, appariva configurare la necessità di una collaborazione con
l’autorità giudiziaria o, quantomeno, di una dissociazione dal clan, ai fini dell’accesso al beneficio, sebbene si tratti di condotte entrambe non previste quale indefettibile presupposto ai fini
del riconoscimento di detto beneficio. Nè si comprende in quali termini si potrebbero realizzare
in riferimento a persona mai condannata per il reato di cui all’art. 416 bis ord. pen.. Inoltre,
non si evince da quali dati sia stata ricavata l’assenza di concreti elementi di fatto idonei a ritenere l’assenza in capo alla Pagano “di una rivisitazione critica del proprio vissuto delinquen-

Il provvedimento impugnato non contiene nessuna motivazione idonea a confutare le argomentazioni difensive e la documentazione allegata a sostegno delle stesse; il Tribunale di Sorveglianza non evidenziava le ragioni per le quali aveva ritenuto di disattendere i predetti pregnanti elementi favorevoli alla condannata.
Costituisce orientamento consolidato di questa Corte che l’attualità dei collegamenti del detenuto in carcere per delitti dolosi con la criminalità organizzata, preclusiva ex art. 4-bis, comma 3-bis, ord. pen. della concessione dei benefici penitenziari, ivi inclusa la liberazione anticipata, deve essere accertata in concreto, in modo da far ritenere, sulla base di specifici elementi sintomatici, una perdurante e qualificata pericolosità del condannato, tale da giustificare (a
prescindere dall’entità della pena da scontare e dalla natura o gravità del reato commesso) la
sua sottrazione alle misure alternative e ai benefici premiali (conf. Cass., Sez. 1,
05/12/2013/12/02/2014 n. 6707, Mazzei, non massimata; Sez. 1, 23/10/2012/17/01/2013 n.
2602, Suarino, Rv. 254249, e i numerosi precedenti giurisprudenziali richiamati nella motivazione della sentenza).
L’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza recepiva acriticamente la comunicazione della Procura Antimafia. In proposito, tuttavia, va osservato che la comunicazione demandata in materia al Procuratore Nazionale o Distrettuale Antimafia, segnalante l’attualità di tali collegamenti,
non può assumere efficacia vincolante per il giudice, che deve sottoporla a controllo sia in ordine all’apprezzamento dei dati fattuali ivi esposti che alla valutazione sull’attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata ivi contenuta, avendo riguardo agli ulteriori elementi di
giudizio disponibili tratti da altre fonti informative (cfr. Cass., Sez. 1, 20/03/2015 n. 16374,
Ruggeri, Rv. 263381; Sez. 1, 16/05/2013 n. 49130, Spiritoso, Rv. 258413; Sez. 1,
09/01/2009 n. 4195, Calcagnile, Rv. 242843).
Una tale rigorosa valutazione non risulta compiuta dall’ordinanza impugnata, pur a fronte del
positivo apprezzamento del comportamento, esente da rilievi, serbato in carcere dalla detenuta
nei semestri oggetto della richiesta ex art. 54 ord. pen..
La carenza motivazionale così rilevata comporta l’annullamento dell’ordinanza impugnata,
con rinvio al Tribunale di Sorveglianza di Napoli, affinché proceda a un nuovo esame alla stregua dei criteri sopra indicati, tenendo conto anche di eventuali elementi sopravvenuti di valutazione.

ziale”.

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P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Napoli.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 novembre 2015.

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