Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6437 del 06/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 6437 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: BIANCHI LUISA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IACONIS UMBERTO N. IL 19/12/1954
avverso la sentenza n. 13479/2006 CORTE APPELLO di TORINO, del
25/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;

Data Udienza: 06/11/2013

48153/2012

La Corte di appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, confermava quella
di primo grado con la quale Iaconis Umberto era stato condannato alla pena di
giustizia per omicidio colposo. Osservava tra l’altro la Corte di appello che era del
tutto condivisibile la conclusione cui era giunto il Tribunale secondo cui lo Iaconis,
approssimandosi all’incrocio alla guida del proprio autocarro in condizioni di scarsa
visibilità stante l’oscurità serale e l’assenza di illuminazione pubblica, sarebbe stato in
grado di evitare l’investimento della signora Corgiat se solo avesse utilizzato al
meglio la potenzialità dell’impianto di illuminazione del veicolo o quanto meno se
avesse reagito prontamente alla presenza del pedone (che stava attraversando la
carreggiata) frenando ed arrestando la marcia dell’autocarro.
Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione l’ imputato lamentando la nullità della
sentenza in relazione agli artt.41 e 589 cp e 141 cds. Rileva che la sentenza di
appello ha riproposto in termini ancora più rigorosi la ricostruzione della vicenda
prospettata in primo grado e che pertanto occorre sottoporre a nuova attenzione gli
argomenti già illustrati con l’appello per verificarne la fondatezza con riferimento alle
risultanze di causa. Tali argomenti attengono al fatto che le modalità ricostruttive del
sinistro effettuata dal perito è avvenuta ex post e sulla base di criteri generali ed
astratti, senza tenere conto delle condizioni reali esistenti al momento dell’incidente;
dunque l’ampiezza del raggio visivo dei fari anabbaglianti può essere influenzata dal
fatto che gli stessi siano sporchi per l’asfalto bagnato; che la velocità del furgone
dell’imputato era di circa 50 km e quindi molto inferiore al limite dei 70 km imposto
dalla segnaletica; che l’attraversamento del pedone non era prevedibile in quanto il
tratto di strada era fuori del centro abitato di Volpiano. Con un secondo motivo si
duole della mancata concessione delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza.
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
Ai sensi dell’art. 606 lett. e) cpp i vizi della motivazione (anche il travisamento dei
fatti deducibile sotto questo profilo) devono risultare “dal testo del provvedimento
impugnato” , mentre non possono derivare da un controllo della Corte di Cassazione
sulla interpretazione e valutazione delle prove, che è compito del giudice di merito.
Anche a seguito delle modifiche introdotte all’ 606, comma primo, lett. e) cod. proc.
pen. dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, il ricorso non può riguardare la verifica della
rispondenza delle argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata alle
acquisizioni processuali e non è consentito sollecitare alla Cassazione una rilettura
degli elementi di fatto, atteso che tale valutazione è riservata in via esclusiva al
giudice del merito. Il sindacato della Cassazione è limitato alla sola legittimità, sì che
esula dai poteri della stessa quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione, anche laddove venga prospettata dal ricorrente una
diversa e più adeguata valutazione delle risultanze processuali.
Nella specie, nel formulare le proprie censure il ricorrente non evidenzia, come
imposto dalla legge, manifeste carenze o illogicità della motivazione, rese
immediatamente palesi dalla lettura della sentenza impugnata, ma argomenta sulla
possibile diversa interpretazione dei dati di fatto, per di più senza tenere conto delle
argomentate osservazioni della Corte di appello che ha già risposto, fondandosi sui
dati di cau§ concretamente accertati, alle censure qui riproposte.
Anche con riguardo alla alutazione delle circostanze , le censure del ricorrente in
ordine a pretese carenze
motivazionali della sentenza impugnata risultano
manifestamente infondate. La Corte di appello ha infatti indicato le ragioni per le quali

Motivi della decisione

è pervenuta a un giudizio di equivalenza con argomenti corretti, logici e insindacabili
in sede di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso fa seguito l’onere delle spese del
procedimento nonché del versamento di una somma in favore delle cassa delle
ammende che, anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n.186 del 2000,
stimasi equo fissare in 1000,00 euro.

– dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
del procedimento nonché al versamento di 1000,00 euro in favore delle cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 6.11.2013

p.q.m.

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