Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6425 del 11/11/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6425 Anno 2016
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ROSI ELISABETTA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
FIRENZE
nei confronti di:
HONG VANLU N. IL 26/01/1963
avverso la sentenza n. 4741/2010 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
03/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ELISABETTA ROSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per .e ‘Li_a_tutAA„,>s,a,
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Data Udienza: 11/11/2015

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv. ‘

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CA-a.11-0

0e2e.)4£01-2.

Rilevato che con sentenza del Tribunale di Portoferraio del 3 aprile 2014 Hong
Vanlu era stato dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74
del 2000, perché al fine di evadere le imposte sui redditi o IVA, si era avvalso
della fattura n. 11 del 23 giugno 2006, emessa dalla ditta Luisa Borse di Zhao
Cuiliu, per l’importo di euro 1.200,00 e della fattura n. 368 del 17 luglio 2006,
emessa dalla ditta “Confezioni amicizia” di Ren Ke Chun, per l’importo di euro
5.504,98, entrambi da ritenersi soggetti inesistenti, in quanto aziende cessate in
data antecedente a quella di emissione delle fatture, ed era stato condannato

che con sentenza del 3 aprile 2014, la Corte di Appello Firenze, in riforma della
sentenza emessa dal Tribunale di Portoferraio, ha assolto Hong Vanlu dal reato
lui ascritto, con formula perché il fatto non sussiste, rilevando che gli elementi
acquisiti, oltre a non consentire di ritenere accertata la consapevolezza
dell’imputato circa l’inesistenza delle ditte che avevano emesso le fatture
incriminate, non erano neppure idonei a dimostrare l’intervenuta evasione
dell’IVA;
che avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore
generale presso la Corte di Appello di Firenze, lamentando il difetto di
motivazione ed il travisamento della prova: la Corte territoriale avrebbe travisato
la deposizione dell’ufficiale della G.F. Arca, il quale non avrebbe riferito circa
l’effettività oggettiva delle operazioni, ma avrebbe soltanto affermato che
l’imputato ben avrebbe potuto aver acquistato merce corrispondente alle fatture,
fermo restando il fatto che le stesse erano state emesse da soggetti inesistenti,
per cui il verbalizzante non avrebbe affatto confermato l’effettività delle
operazioni, come erroneamente ritenuto in sentenza;

Considerato che il ricorso è manifestamente infondato atteso che il compito del
giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella
compiuta dai giudici di merito o di seguire possibili interpretazioni e ricostruzioni
alternative dei fatti, suggerite dal ricorrente, ma quello di stabilire se i giudici di
merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se abbiano
fornito una corretta interpretazione di essi, dando esaustiva e convincente
risposta alle deduzioni delle parti, e se abbiano esattamente applicato le regole
della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di
determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr. per tutte, Sez. 6, Sentenza n.
22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148);
che le censure proposte dal Procuratore presso la Corte di Appello di Firenze
tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione
del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio, mentre tali valutazioni
devono essere rimesse all’esclusiva competenza del giudice di merito, mirando a

alla pena di mesi 4 e giorni 15 di reclusione;

prospettare una versione del fatto diversa e alternativa a quella posta a base del
provvedimento impugnato;
che di contro, la Corte territoriale ha esposto le ragioni del proprio convincimento
in maniera congrua ed esaustiva, né sussiste alcun travisamento della prova,
come sembrerebbe nella sostanza adombrare il ricorso del P.G.;
che infatti la Corte di appello fiorentina ha adeguatamente motivato l’assoluzione
sulla base della mancata prova degli elementi costitutivi del reato, considerando
nel corretto significato le dichiarazioni testimoniali. In primo luogo, quanto alla

dichiarazioni del ragioniere Milani, il quale aveva riferito che l’imputato,
sottoposto a frequenti verifiche fiscali era sempre risultato in regola ed inoltre
che egli aveva effettuato il versamento dell’IVA al venditore, imposta che poi ha
portato in detrazione; dall’altro, i giudici di appello avevano sottolineato la
mancata dimostrazione della evasione dell’IVA e del resto le stesse dichiarazioni
del teste verbalizzante avevano ipotizzato la realtà delle transazioni commerciali
attestate dalle fatture di cui ai capi di imputazione;
che, quindi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso del procuratore generale

Così deciso in Roma, il 11 novembre 2015

Il consigliere estensore

Il Presidente

sussistenza dell’elemento soggettivo, la Corte di merito aveva considerato le

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