Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6409 del 06/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 6409 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FORMENTIN ROBERTO N. IL 20/05/1954
avverso la sentenza n. 3388/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 19/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;

Data Udienza: 06/11/2013

Osserva

Ricorre per cassazione, il difensore di fiducia di Formentin Roberto avverso la sentenza
emessa in data 19.7.2011 dalla Corte di Appello di Bologna che confermava quella in data
21.5.2008 del Tribunale di Ferrara, con la quale il predetto era stato condannato alla pena
di mesi uno di arresto ed C 1032 di ammenda oltre alla sospensione della patente di guida
per la durata di mesi due e giorni quindici, per il reato di cui all’art. 186 co. 2° (tasso di g/I
2,34) C.d.S..
Deduce il vizio motivazionale atteso il richiamo “per relationem” alla argomentazioni del

circostanze attenuanti generiche e alla misura della pena ritenuta eccessiva.
Il ricorso è inammissibile essendo le censure mossa manifestamente infondate ed in parte
aspecifiche.
Infatti questa Suprema Corte ha affermato che in tema di motivazione della sentenza di
appello, si deve ritenere consentita quella “per relationem” con riferimento alla pronuncia di
primo grado, nel caso in cui le censure formulate contro quest’ultima non contengano
(come nel caso di specie) elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi
(cfr. Cass. pen. sez. IV, 17.9.2008, n. 38824; Sez. V, 22.4. 1999, n. 7572).
Per il resto le censure sono del tutto aspecifiche avendo riproposto in questa sede
pedissequamente le medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da
quel giudice disattese con motivazione ampia e congrua, immune da vizi ed assolutamente
plausibile.
Ed è stato affermato che “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che
ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame,
dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero,
dev’essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per
la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del
giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. pen. Sez. IV, 29.3.2000, n. 5191 Rv. 216473 e
successive conformi, quale: Sez. II, 15.5.2008 n. 19951, Rv. 240109).
Inoltre, la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale
rientra, invece, nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo
compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art.
133 c.p. (tra le altre, Cass. pen., Sez. IV, 13.1.2004, Palumbo). A ciò dovendosi aggiungere
che non è neppure è necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del
giudice risulta contenuta in una fascia medio bassa, come nel caso di specie, rispetto alla
pena edittale (Cass. pen. Sez. IV, 4.12.2003, Cozzolino ed altri).
Infine, si rammenta che la concessione o meno delle attenuanti generiche dipende da un
giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, sottratto al controllo di legittimità,

2

Giudice di prime cure e la violazione di legge in ordine alla mancata concessione delle

tanto che “ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il
giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen.,
quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio,
sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato
ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso” (Cass. pen. Sez.
II, n. 3609 del 18.1.2011, Rv. 249163).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si ritiene
assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 6.11.2013

equo liquidare in C 1.000,00, in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA