Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6403 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6403 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LO! PIETRO N. IL 09/02/1985
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 10/2011 CORTE APPELLO di CAGLIARI, del
15/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
HASSAFRA;
eartgleMée le conclusioni del PG Dott. Mia FO L t e41. Sao

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Uditi difensor

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Data Udienza: 11/12/2013

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione Loi Pietro unitamente ai suoi difensori di fiducia, avverso l’ordinanza
emessa in data 15.5.2012 dalla Corte di Appello di Cagliari che rigettava l’istanza di
riparazione dell’ingiusta detenzione subita dal predetto per i reati di concorso in
associazione per delinquere e tentativo di danneggiamento, dai quali era stato poi assolto
per non aver commesso il fatto.
L’ordinanza impugnata ravvisava nella condotta tenuta dall’interessato la colpa grave di cui
all’art. 314 comma 1 ultima parte c.p.p. che veniva individuata, per come oggettivamente

contestate, nell’avere lo stesso intrattenuto rapporti con soggetti attivamente inseriti nella
contestata associazione ed autori di numerosi reati e di avere preso parte a conversazioni,
intercettate dagli inquirenti, in cui si discuteva di gravi fatti criminosi con riferimento ad
armi, esplosivi ed azioni di danneggiamento.
Il ricorrente deduce il vizio di motivazione sia sotto il profilo della carenza del discorso
giustificativo in ordine alla decisione sia della contraddittorietà tra l’informazione a base del
provvedimento e quella esistente agli atti del processo, nonché della manifesta illogicità del
percorso argomentativo.
Si duole, altresì, del fatto che l’ordinanza impugnata abbia introdotto nella motivazione
parti ed aspetti processuali che riguardavano altri imputati.
Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
Questa Suprema Corte ha ritenuto che “in tema di riparazione per ingiusta detenzione il
giudice di merito deve valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa
con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli
elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte
che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di norme o
regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che se adeguata e
congrua, è incensurabile in sede di legittimità. Il giudice deve fondare la deliberazione
conclusiva su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, esaminando la condotta
del richiedente, sia prima e sia dopo la perdita della libertà personale,
indipendentemente dall’eventuale conoscenza che quest’ultimo abbia avuto dell’attività
d’indagine, al fine di stabilire, con valutazione ex ante, non se tale condotta integri
estremi di reato, ma solo se sia stato il presupposto che ha ingenerato, ancorché in
presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurazione
come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto” (Cass.
pen. Sez. Un. 26.6.2002 n. 34559 Rv. 222263).
2

emergente dal processo di cognizione sulla base delle intercettazioni captate e non

Inoltre, è stato affermato che la nozione di colpa grave di cui all’art. 314 comma 1 c.p.p.
va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per
evidente, macroscopica, negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi,
regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta ma
prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione o nel
mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà personale (tra le altre, Cass.
pen. Sez. IV, 15.2.2007, n. 10987, Rv. 236508).
Orbene, nel caso di specie l’ordinanza impugnata applica correttamente tali principi.

proposto avverso l’ordinanza reiettiva dell’istanza di riparazione avendo, con congrua e
corretta motivazione, valorizzato la sopra descritta situazione, suscettibile di creare,
almeno nell’immediato, un’apparenza di reità (al cui configurarsi ha contribuito il
comportamento scientemente tenuto dall’imputato) emergente dal processo di cognizione
sulla base delle intercettazioni captate e non contestate, laddove lo stesso ricorrente è
risultato aver intrattenuto rapporti con soggetti attivamente inseriti nella contestata
associazione ed autori di numerosi reati e di avere preso parte a conversazioni, intercettate
dagli inquirenti, in cui si discuteva di gravi fatti criminosi con riferimento ad armi, esplosivi
ed azioni di danneggiamento.
Siffatta valutazione appare conforme all’orientamento di questa Corte, secondo cui
“in tema di riparazione per ingiusta detenzione, le frequentazioni ambigue, ossia quelle che
si prestano oggettivamente ad essere interpretate come indizi di complicità, quando non
sono giustificate da rapporti di parentela, e sono poste in essere con la consapevolezza che
trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti, possono dare luogo ad un comportamento
gravemente colposo idoneo ad escludere la riparazione stessa” (Cass. pen. Sez. III,
30.11.2007 n. 363, Rv. 238782).
E tali frequentazioni devono ritenersi necessariamente integrate, nei reati contestati
in concorso, dalla condotta “di chi, pur consapevole dell’attività criminale altrui, abbia
nondimeno tenuto comportamenti idonei ad essere percepiti come indicativi di una sua
contiguità ad essa…” (Cass. pen. Sez. IV, 24.6.2008, n. 37528 Rv. 241218).
Il ricorso va, pertanto, rigettato e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., a tale pronuncia deve
seguire la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processu
Così deciso in Roma addì 11.12.2013.

Né le argomentazioni della Corte territoriale risultano in alcun modo scalfite dal ricorso

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