Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6402 del 11/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 6402 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

Data Udienza: 11/12/2013

SENTENZA

sut ricorseì• proposto da:
LORITO MARIO N. IL 06/09/1970
PORCELLI DOMENICO N. IL 25/11/1973
SCHETTINO GERARDO N. IL 25/10/1964
avverso la sentenza n. 52/2011 CORTE APPELLO di POTENZA, del
13/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO MASSAFRA
Udito il Procuratore gpperale in pmsona del Dott. itilbtUk) Itet ifì
che ha concluso per t” cui.« tepact.e~ 4.czt242-

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Ritenuto in fatto
La Corte di Appello di Potenza, con sentenza emessa in data 5.3.2013, confermava la
pronuncia in data 7.6.2010 dal Tribunale di Matera con la quale Lorito Mario, Porcelli
Domenico e Schettino Gerardo erano stati condannati alle rispettive pene di giustizia (anni
tre mesi due di reclusione ed C 500,00 di multa il Lorito ed anni quattro mesi tre di
reclusione ed C 1.800,00 di multa ciascuno gli altri due) per essere stati riconosciuti (il
Porcelli e lo Schettino) colpevoli di tre reati di ricettazione continuata in concorso (di
autoveicoli e motori vari) e tutti del delitto di furto aggravato in concorso con altro

2001)
Avverso tale sentenza della Corte potentina ricorrono per cassazione Lorito Mario,
personalmente, nonchè Porcelli Domenico e Schettino Gerardo, tramite il comune difensore
di fiducia.
Il Lorito deduce:

1. il vizio motivazionale, avendo la Corte territoriale richiamato e condiviso la motivazione
della sentenza di primo grado che già con i motivi di appello era stata tacciata di
inesistenza, non replicando a quanto contestato dall’appellante circa la sua protestata
estraneità ai fatti;
2. la violazione di legge in ordine alla mancata assunzione dell’esame dell’imputato e
l’omessa motivazione in ordine alla richiesta di rinnovazione dibattimentale relativa
all’esame dell’imputato;
3. la violazione di legge e la mancanza di motivazione in relazione al calcolo della pena e al
trattamento sanzionatorio ivi compreso il diniego delle circostanze attenuanti generiche;
4. l’estinzione dell’unico reato ascrittogli di cui al capo c) (furto pluriaggravato) per
prescrizione, attesa la data di commissione (31.7.2000), secondo il vecchio regime ed in
considerazione delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sull’aggravante, da
applicare.
Nell’interesse del Porcelli e dello Schettino si rappresenta:

1.1a mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (art. 606 comma 1
lett. e c.p.p.) nonché la mancata assunzione di una prova decisiva (art. 606 comma 1 lett.
d c.p.p.).
Si assume che la Corte territoriale, limitandosi ad emettere una sentenza per relationem,
aveva omesso di pronunciarsi sulle eccezioni formulate in relazione alla estraneità del
Porcelli e dello Schettino in ordine ai fatti reato loro contestati.
Si richiamano, al riguardo, vari passi della sentenza di primo grado e le critiche mosse con i
motivi di appello, che si ribadiscono e si rappresenta che la Corte aveva omesso di
esaminare la correttezza dell’iter logico argomentativo del Tribunale di Matera, di motivare
circa la prova della partecipazione alla fase preparatoria del reato e “di precisare in quale
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coimputato (artt. 110-624-625 nn. 2 e 7 c.p.), di un’autovettura (fatti risalenti al 2000 e

forma essa si fosse manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività
eventualmente poste in essere dai concorrenti”.
Ci si duole, altresì, del mancato esame della censura sollevata con riferimento alla
impugnazione delle ordinanze dibattimentali del 17.3.2010 e 19.4.2010, relative alla
richiesta difensiva di effettuazione di una perizia sul motore della Opel Corsa ritrovata nel
bosco di Andriace, per difetto di adeguata motivazione, con rigetto della richiesta di
rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale su tale punto decisivo.
Si contesta l’affermazione della Corte secondo la quale essi appellanti non avevano

continuazione, rilevando come dal verbale dibattimentale del 13.12.2012 si era provveduto
a produrre sia la sentenza predetta sia quella di appello.
2. La violazione di legge in relazione agli artt. 192 e 533 c.p.p. in relazione alla ritenuta
colpevolezza degli imputati atteso il mero richiamo della sentenza di primo grado senza
farla propria e senza fornire una propria ricostruzione dei fatti e delle acquisizioni
probatorie.
Considerato in diritto

I ricorsi sono infondati.
Quanto al Lorito.

Sub 1.
Questa Suprema Corte ha affermato che in tema di motivazione della sentenza di appello,
si deve ritenere consentita quella “per relationem” con riferimento alla pronuncia di primo
grado, nel caso in cui le censure formulate contro quest’ultima non contengano (come nel
caso di specie) elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi (cfr. Cass.
pen., sez. IV, 17.9.2008, n. 38824; Sez. V, 22.4. 1999, n. 7572). Ed è stato, comunque,
autonomamente rilevato (pag. 9 sent.), come il Lorito sia stato riconosciuto in occasione
del furto da persona presente ai fatti (al riguardo la sentenza di I grado, a pagg. 4-5, è
estremamente circostanziata), per cui nessun dubbio sussisteva sula sua responsabilità.
Del resto (Sez. IV, 24 ottobre 2005, n. 1149, Rv. 233187) “nella motivazione della
sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le
deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali,
essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni
e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo
convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso
devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata e
ravvisare, quindi, la superfluità delle deduzioni suddette”.
Sub 2.
Premesso che dal tenore della sentenza di primo grado (pag. 2) risulta che gli unici imputati
presenti che acconsentirono all’esame erano Schettino e Porcelli, deve ritenersi

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prodotto la sentenza del Tribunale di Matera del 28.4.2004 con i cui reati s’invocava la

ammissibile, e non censurabile in sede di legittimità, la revoca implicita, che nel caso di
specie deve ritenersi sia intervenuta, dell’ordinanza ammissiva dell’esame dell’imputato (al
pari, ed anzi a fortiori, di quanto può avvenire per quello testimoniale: Cass. pen. Sez.
IV, n. 8853 del 21.12.2010, Rv. 249810). Ma, una volta proposta, a tal fine, la richiesta di
rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello, l’esame dell’imputato non assunto in
primo grado può essere ammesso soltanto ove ritenuto necessario sulla base di specifiche
esigenze, che è onere della parte instante indicare e documentare (Cass. Sez. Sez. II, n.
36365 del 7.5.2013, Rv. 256875): a tale incombente il ricorrente non ha certo assolto,

resto, in tema di rinnovazione, in appello, della istruzione dibattimentale, mentre la
decisione di procedere a rinnovazione deve essere specificatamente motivata, occorrendo
dar conto dell’uso del potere discrezionale, derivante dalla acquisita consapevolezza della
rilevanza dell’acquisizione probatoria, nella ipotesi di rigetto, viceversa, la decisione può
essere sorretta anche da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa
posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti
per una valutazione in ordine alla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità
di rinnovare il dibattimento (Cass. pen. sez. VI, 18.12.2006, n. 5782, Rv. 236064): ma nel
caso di specie la Corte d’appello ha dato conto con adeguata e logica motivazione, del tutto
puntuale e minuziosa, della superfluità del detto esame, attese le emergenze probatorie già
conseguite nell’istruttoria dibattimentale.
Sub 3.
In relazione alla pena inflitta, indicata sia in dispositivo che in motivazione in anni tre e
mesi due di reclusione ed C 500,00 di multa, si tratta di un palese ed irrilevante refuso
grafico in motivazione, laddove sul minimo edittale di anni tre di reclusione ed C 400,00 di
multa è stato indicato, nello sviluppare il calcolo, erroneamente un aumento di un mese di
reclusione ed C 100,00 di multa. Del resto tale peculiarità è stata segnalata per la prima
volta, compiutamente, con il ricorso in esame, mentre con l’atto di appello era stata
rappresentata solo l’incomprensibilità del calcolo relativo alla pena finale. Ad ogni modo,
com’è noto, il contrasto tra dispositivo e motivazione, nel caso di specie del tutto
apparente, si risolve con la logica prevalenza dell’elemento decisionale su quello
giustificativo, potendosi eliminare eventualmente la divergenza mediante ricorso alla
semplice correzione dell’errore materiale della motivazione in base al combinato disposto
degli artt. 547 e 130 cod. proc. pen. (Cass. pen. Sez. V, n. 22736 del 23.3.2011, Rv.
250400).
Inoltre, come già anticipato, la pena base è stata fissata al minimo edittale e con corretta
ed esaustiva motivazione, fondata sui “numerosi precedenti per reati contro il patrimonio
prima e dopo la commissione del reato”, sono state negate le impetrate attenuanti
generiche.
Sub 4.
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onde la corrisponderte esplicita relativa motivazione di rigetto era del tutto superflua. Del

Il reato di furto aggravato non è ad oggi prescritto: v. in prosieguo.
Quanto a Porcelli e Schettino.
Sub 1 e 2.
Nel richiamare le osservazioni sopra svolte a riguardo alla prima censura prospettata
nell’interesse del Lorito, si ribadisce ancora in questa sede come la motivazione addotta dai
giudici di merito sia esaustiva e corretta, dovendosi necessariamente far riferimento
integrativo a quella di primo grado, estremamente diffusa (pagg. 3-19) con puntuale
excursus della sua progressione cronologica e formativa, essendo stata comunque

grado si integrano completamente a vicenda in un unicum inscindibile, ribadendosi anche
qui che nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere
un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame
dettagliatamente tutte le risultanze processuali.
Correttamente la Corte ha rilevato come in atti vi fosse una richiesta specifica formulata
alla Opel circa l’abbinamento del motore rinvenuto e sequestrato con la scocca rinvenuta e
sequestrata nel bosco di Andriace, con la conseguente conferma della motivazione della
sentenza di I grado (v. pag. 8) sul punto, e superfluità dell’impetrata rinnovazione, v’è da
aggiungere, in quanto la stessa per essere ammessa deve essere ritenuta indispensabile o
assolutamente necessaria ai fini della decisione (art. 603, 10 e 3 0 comma c.p.p.). Del resto
“la sentenza con cui il giudice respinge la richiesta di una perizia, ritenuta decisiva dalle
parti, non è censurabile ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., in
quanto costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata
motivazione, è insindacabile in cassazione” (da ultimo: Cass. pen. Sez. IV, n. 7444 del
17.1.2013, Rv. 255152). Né si tratterebbe, in ogni caso di “prova decisiva” ai sensi dell’art.
606 comma 1 lett. d) c.p.p., essendo tale solo quella prova che, non assunta o non
valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Cass. pen. Sez. III, n. 27581
del 15.6.2010, Rv. 248105).
Infondata è la censura relativa alla dedotta continuazione (che, per quanto appresso si dirà,
concerne residualmente il reato di furto pluriaggravato del 2000). A prescindere dalla

confermata la responsabilità dell’imputato sicchè sul punto le sentenze di primo e secondo

materiale produzione della sentenza del Tribunale di Matera del 28.4.2004 e quella
confermativa di appello del 15.6.2006, di certo, come si evince dalla sentenza di primo
grado (pag. 24), è stato comunque apprezzato ineccepibilmente, ed insindacabilmente in
questa sede trattandosi di giudizio di merito come tale sottratto al vaglio di legittimità, uno
iato sostanziale e processuale tra i reati di cui a quella sentenza e quelli odiernamente
giudicati, sicchè di già non è stata ravvisata la configurabililità dell’elemento della
medesimezza del disegno criminoso la cui anticipata ideazione potesse ritenersi realizzata
nella prospettiva dell’attuazione dei successivi reati con esclusione, quindi, in radice della
configurabilità dell’istituto in questione.
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li v i,

Non essendo i ricorsi inammissibili, va rilevato d’ufficio, in via assorbente, a norma dell’art.
129, 1° comma c.p..p., che i reati di ricettazione ascritti ai ricorrenti Porcelli e Schettino
sono ormai estinti per prescrizione essendo decorsi, e non ravvisandosi periodi di
sospensione (rilevati, in totale, in 2 anni, 3 mesi e 4 giorni) per un arco temporale utile alla
data odierna, il termine massimo di anni dieci per i reati di ricettazione sub capi b, d, e
(risalenti, rispettivamente al 2.8.2000, 29.1.2001 e al 13.10.2000), in forza degli artt. 157
e 161 c.p.p. (secondo l’attuale e più favorevole formulazione degli artt. 157 e 160 c.p. ex
art. 10, comma 1, L. 251 del 2005, vigente alla data della sentenza di primo grado)

né elementi per addivenire al proscioglimento nel merito ai sensi dell’art. 129, 2° comma
c. p. p..
Consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di Porcelli
Domenico e Schettino Gerardo limitatamente ai reati di ricettazione loro ascritti (ai capi b, d
ed e) per essere i medesimi estinti per prescrizione.
E’ appena il caso di rilevare che, al contrario ed in risposta alla censura sub 4 nell’interesse
del Lorito), il termine prescrizionale di dodici anni e mesi sei (più favorevole secondo
l’attuale formulazione degli artt. 157 e 161 c.p, altrimenti il témine sarebbe, secondo il
regime previgente, attesa l’assenza di attenuanti generiche, pari a ben 22 anni e sei mesi)
il delitto di furto pluriaggravato (risalente al 31.7.2000) ascritto a tutti gl’imputati al capo
sub c) non è ad oggi decorso, per effetto del sopra indicato periodo di sospensione di due
anni, tre mesi e quattro giorni.
Conclusivamente, i ricorsi del Porcelli e dello Schettino vanno nel resto rigettati come va
rigettato integralmente quello del Lorito che, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., dovrà essere
condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Porcelli Domenico e Schettino
Gerardo limitatamente ai reati di ricettazione loro ascritti (capi b, d ed e) per essere i
medesimi estinti per prescrizione.
Rigetta nel resto i ricorsi di Porcelli e Schettino.
Rigetta inoltre il ricorso di Lorito Mario che condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, addì 11.12.2013

previsto, inclusa l’interruzione, per i reati contestati. Né ricorrono cause di inammissibilità

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