Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 640 del 03/11/2017

Penale Sent. Sez. 5 Num. 640 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
M.M.
P.P.
D.D.
R.R.

avverso l’ordinanza del 28/03/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANTONIO SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG FERDINANDO LIGNOLA
Il Proc. Gen. conclude per l’annullamento con rinvio per la posizione di R.R.; rigetto per gli altri ricorsi.
Uditi i difensori:
L’avv. Dinacci espone alla Corte i motivi di gravame e insiste per l’accoglimento
del ricorso chiedendo in subordine la trattazione alle S.U. sui temi prospettati.
L’avv. Tognozzi

fa proprie le conclusioni del codifensore e insiste per

l’accoglimento del ricorso.
L’avv. Placanica insiste sul contenuto dell’atto di impugnazione e la memoria
prodotta cui si riporta.
L’avv. Guaitoli si riporta a tutto quanto argomentato nel ricorso e si associa alle

Data Udienza: 03/11/2017

conclusioni del Proc.gen.
L’avv. Ciardullo espone alla Corte i vizi che affliggono l’ordinanza impugnata e
insiste per l’accoglimento del ricorso.
L’avv. La Marra si associa a quanto sostenuto dal codifensore e insiste per
l’accoglimento del ricorso.
L’avv. Lauro illustra alla Corte gli argomenti a sostegno dellla sua richiesta di
accoglimento del ricorso ponendo l’attenzione sulla memoria prodotta.

1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, con ordinanza del
19/5/2016, rigettava la richiesta di applicazione di misure cautelari personali nei
confronti di ventidue soggetti – accusati, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta
patrimoniale e documentale e connessi reati di natura fiscale – perché, pur
ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza, escludeva l’attualità delle
esigenze cautelari prospettate, in considerazione della particolare risalenza delle
condotte.
In pratica, si addebitava agli indagati – i cui nominativi coi relativi motivi
di impugnazione verranno nel prosieguo specificati nei limiti strettamente
necessari alla motivazione, ex art. 173 cod. proc. pen. – di aver portato al
fallimento numerose società gravate di debiti fiscali e spogliate di ogni attività. Il
tutto, nell’ambito di un preordinato disegno funzionale al conseguimento
dell’impunità, attuato mediante il trasferimento del capitale sociale e il
conferimento dei poteri di amministrazione a prestanomi – sempre nullatenenti e
spesso pregiudicati – e il successivo trasferimento all’estero della sede sociale, al
fine di impedire la dichiarazione di fallimento in Italia (l’art. 10 della legge
fallimentare consente che siano dichiarati falliti gli imprenditori individuali e
collettivi entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se
l’insolvenza si e’ manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno
successivo). Spesso, prima del trasferimento all’estero le società prendevano
sede in Roma, Piazzale della Marina, ove insisteva un locale messo a disposizione
dal commercialista Marco Adami (si trattava di un box adibito ad autorimessa).

2. Su appello del Pubblico Ministero il Tribunale del riesame di Roma – ravvisata
la sussistenza, in relazione ai reati di bancarotta, aggravati ai sensi dell’art. 4
della legge 146/2006, sia di gravi indizi di colpevolezza che del pericolo di
reiterazione dei reati – ha applicato la misura degli arresti domiciliari, presidiata
da braccialetto elettronico, a carico dei seguenti indagati:
– M.M. e P.P. per plurimi reati di concorso in bancarotta
fraudolenta, relative alle società Star Company srl (capo A), Angels srl (capo B),

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RITENUTO IN FATTO

Ventitré Settembre srl in liquidazione (capo F, non menzionato per errore nel
dispositivo), Aprilia Build srl (capo G), Edelvais srl (capo H), Domocar srl (capo
I), Mediacomm srl (capo L), Carben Restauri srl (capi O-P), Ermetel srl (capi QR), Full Assistance srl (capi S-T), Informatica B.B. srl (capi U-V), Castroni Point
srl (capi Z-A1), Intercross srl (capi B1-C1), Cantieri della Pelle srl (capi Dl-E1),
SPM sr (capi Fl-G1), Centro Italia srl (capi H1-I1).
Società fallite tra il 29/11/2012 e il 3/6/2015, a parte la Intercross srl, fallita il
18/11/2010 e la Aprilia Build srl, fallita il 15/12/2011.
per concorso nella

bancarotta fraudolenta della Star Company srl (capo A), della Angels srl (capo B)
e della Ventitré Settembre srl in liquidazione (capo C).

3. M.M. e P.P.- dottori commercialisti molto noti sulla piazza di Roma
– sono stati ritenuti gli ideatori e gli artefici del complesso meccanismo volto a
svuotare le società sopra specificate di ogni attività e ad assicurare l’impunità ai
responsabili. Per questo – si dà atto nel provvedimento impugnato – i due sono
stati inquisiti per reati molto gravi (tra cui l’associazione a delinquere) e già
sottoposti – in data 10 giugno 2011 – a misure cautelari personali nell’ambito del
proc. n. 10287/2010 R.G.N.R., promosso contro 45 persone, in relazione al quale
è stato emesso, in data 27 ottobre 2014, decreto di citazione a giudizio. Il
Tribunale del riesame ha escluso che possa trovare l’applicazione, nella specie,
l’istituto della retrodatazione dei termini di custodia cautelare perché manca – ad
avviso del Tribunale – nella quasi totalità dei casi, uno dei presupposti
fondamentali per l’applicazione dell’istituto suddetto: vale a dire, l’anteriorità dei
fatti oggetto della nuova richiesta cautelare rispetto al provvedimento cautelare
del 10 giugno 2011, atteso che i reati oggetto di questo procedimento hanno
assunto rilevanza penale solo con la dichiarazione di fallimento delle società,
intervenuta per tutte, come si è detto, ad eccezione che per la Intercross srl,
dopo l’emanazione della prima ordinanza. Comunque, anche per la Intercross srl
(fallita il 18/11/2010) sono stati ravvisati i presupposti necessari all’applicazione
della misura, perché, si legge nell’ordinanza, non sussiste connessione qualificata
tra il reato di associazione a delinquere, fondante la prima misura, e il reato di
bancarotta, posto a base della seconda.
Discorso diverso è stato fatto per la Aprilia Build srl (fallita il 15/12/2011),
seppur pervenendo alla medesima conclusione. In questo caso, pur riconoscendo
la sussistenza di una connessione qualificata, sotto il profilo dell’unicità del
disegno criminoso, tra le condotte di bancarotta per distrazione contestate in
questo procedimento e quelle oggetto del proc. n. 37834/2011 (stralcio del proc.
n. 10287/2011), il Tribunale del riesame ha considerato che gli elementi indiziari
posti a sostegno della contestazione di cui al capo G) non erano ancora
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– D.D. e R.R.

compiutamente noti al momento dell’emanazione, nel procedimento
37834/2012, del decreto di giudizio immediato, perché portati a conoscenza
della pubblica accusa solo con l’informativa del 12 giugno 2014, sicché doveva
escludersi l’operatività della retrodatazione.
3.1. A carico di D.D. sono stati ravvisati gravi
indizi di colpevolezza in ordine alle bancarotte delle tre società sopra
menzionate, per come verrà di seguito specificato.
Prima, occorre premettere che – secondo il Tribunale – l’attività illecita

dello Statuto, all’insegna “Grandi Magazzini MAS”. Tale azienda era saldamente
in mano alle sorelle D.D., le quali avevano avuto cura di distinguere l’assetto
proprietario da quello gestionale. Infatti, la proprietà era sempre appartenuta a
società di comodo (nell’ordine di stipula del contratto d’acquisto, per quanto qui
interessa: Leonardo srl, Ventitré Settembre srl dal 12 settembre 2003,
DO.AN.CH . srl dal 9/1/2009), le cui quote erano detenute, direttamente o per
interposta persona, dalle sorelle D.D.; la gestione era sempre stata affidata,
con contratti d’affitto d’azienda, ad altre società, anch’esse riferibili alle sorelle
D.D.(nell’ordine di stipula del contatto d’affitto, anche in questo caso per
quanto interessa in questa sede: Domingo srl, Evita Cuja srl, Tentazioni srl dal
17/12/2003, Star Company srl dall’1/2/2006, Angels srl dall’8/1/2008, Sofratex
srl dal 19/3/2010), anche se le quote e la carica di amministratore erano
detenute (spesso, ma non sempre) da prestanomi. La stipulazione dei contratti
di affitto tra società proprietaria e società affittuaria, tutte espressioni degli
stessi interessi imprenditoriali, aveva consentito alle sorelle D.D.- argomenta
il Tribunale – di incamerare, attraverso i canoni d’affitto (molto sostanziosi,
poiché eccedevano sempre i 500 mila euro annuali)), le utilità derivanti
dall’esercizio dell’attività d’impresa senza le correlative passività di ordine
tributario, le quali restavano a carico della società affittuaria. Anche questa,
però, si sottraeva all’obbligo di pagamento del dedito tributario, scomparendo
all’estero attraverso il meccanismo, sopra delineato, ideato dallo studio
P.P.-M.M., di cui le sorelle D.D. erano clienti. Questo sistema di
ristrutturazione aziendale aveva determinato, nel tempo, il trasferimento
all’estero di sette società riconducibil4 alle sorelle D.D., il fallimento di tre
società (quelle di cui ai capi d’imputazione) e la formazione di ruoli esattoriali per
otre 41 milioni di euro, oltre ad avvisi di accertamento – non ancora sfociati a
ruolo – nell’ordine di alcuni milioni di euro. Aveva anche determinato la
distrazione delle rilevanti risorse delle società affittuarie, i cui beni (quelli
esistenti al momento del trasferimento all’estero) passavano, senza formalità e
senza corrispettivi, alle nuove società affittuarie. Queste ultime beneficiavano,
oltretutto, di indebite detrazioni d’IVA, perché, acquisendo gratuitamente il
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delle due sorelle ruotava intorno alla gestione dell’azienda operante in Roma, via

magazzino della precedente affittuaria (riportato a “costo” nella dichiarazione
annuale), maturavano un corrispondente credito d’imposta (per esempio, la
Tentazioni srl portò a credito, nella dichiarazione IVA dell’anno 2003, un credito
di C 1.957.303, corrispondente al 20% degli “acquisti”, dichiarati per C
9.786.540: pag. 46-47 dell’ordinanza).
3.1.2. Venendo specificamente all’esame delle condotte concernenti le società
per cui è processo, si osserva quanto segue.
Per quanto riguarda la Star Company srl, dichiarata fallita il 27 novembre

amministratrici di fatto e reali dominae della società – abbiano distratto merci,
crediti e disponibilità liquide per oltre sei milioni di euro, nonché un furgone (beni
costituenti la dotazione della società al momento del trasferimento all’estero),
nonché sottratto le scritture contabili allo scopo di recare pregiudizio ai creditori;
e che ciò abbiano fatto interponendo a sé stesse, nell’amministrazione della
società (con le modalità sopra specificate e con l’aiuto dello studio M.M. P.P. e di altri professionisti), Dollfuss di Volckersberg Signorini Marco dal
15 dicembre 2005 al 20 dicembre 2007, R.R. dal 20/12/2007 al
20/2/2008, Succu Giovanni dal 20 febbraio 2008 al 29 aprile 2009 e Svetozar
Lyubonnirov Krastev dal 29 aprile 2008 al fallimento, oltre a interporre altri
soggetti nella titolarità formale delle quote societarie (Succu Giovanni, quale
socio unico, dal 7 febbraio 2008 al 29 aprile 2008, data in cui cedeva le quote
sociali alla società bulgara Zarko Engineering s.r.1, che provvedeva a trasferire
all’estero la sede della società).
3.1.2. Per quanto riguarda la Angels srl, dichiarata fallita il 25 gennaio 2013, il
Tribunale ha ritenuto, a livello di gravità indiziaria, che le due indagate amministratrici di fatto e reali dominae della società – abbiano distratto merci,
crediti e disponibilità liquide per oltre cinque milioni di euro, nonché un furgone
(beni costituenti la dotazione della società al momento del trasferimento
all’estero), nonché sottratto le scritture contabili allo scopo di recare pregiudizio
ai creditori; e che ciò abbiano fatto interponendo a sé stesse,
nell’amministrazione della società (con le modalità sopra specificate e con l’aiuto
dello studio M.M.-Pannbianchi e di altri professionisti), Minelli Icilio dal 7
gennaio 2008 al 18 novembre 2008, Dollfuss di Volckersberg Signorini Marco dal
18 novembre 2008 al 18 dicembre 2009, Angeli Omero dal 18 dicembre 2009 al
12 aprile 2010 e Svetozar Lyubomirov Krastev dal 12 aprile 2010 al fallimento,
oltre a interporre altri soggetti nella titolarità formale delle quote societarie (gli
ultraottantenni Minelli Icilio e Proietti Anna fino al 21 aprile 2010, data in cui
questi ultimi cedevano le quote sociali alla società bulgara Zarko Engineering
s.r.I., che provvedeva a trasferire all’estero la sede della società).

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2013, il Tribunale ha ritenuto, a livello di gravità indiziaria, che le due indagate –

11.3. Per quanto riguarda la Ventitré Settembre srl in liquidazione, dichiarata
fallita il 26 settembre 2013, il Tribunale ha ritenuto, a livello di gravità indiziaria,
che le due indagate abbiano distratto – insieme a R.R. – l’intera
azienda operante in Roma, via dello Statuto, all’insegna “Magazzini MAS”,
vendendola in data 9-1-2009 alla DO.AN.CH . srl, anch’essa riconducibile alle due
sorelle, per il prezzo, mai riscosso e comunque largamente inferiore al valore
reale, di 130.000 euro; e che ciò abbiano fatto operando D.D. nella
qualità di soda (al 50%) e legale rappresentante della società fallita dalla

e firmataria dell’atto di cessione d’azienda, R.R. nella qualità di legale
rappresentante della società dal 6/1/2009 al fallimento, oltre che quale
firmatario, anch’egli, dell’atto di cessione.
Il Tribunale specifica, a chiarimento del carattere illecito dell’operazione,
che la DO.AN.CH . srl era stata rappresentata, nel contratto di compravendita
dell’azienda, da D.D., che aveva operato in conflitto d’interessi; che le
quote di detta società erano detenute da D.D. e dalla XX srl
(le quote di quest’ultima erano detenute, all’epoca del contratto, al 100% da
D.D., per poi essere trasferite, il 25/11/2011, per il 50%, a D.D.). Allo stesso fine il Tribunale aggiunge che, poco dopo aver acquistato
l’azienda, la DO.AN.CH . srl (rappresentata da D.D.) – seguendo un
copione ampiamente sperimentato con le altre società – cedette in affitto
l’azienda, in data 19/3/2010, alla Sofratex srl, legalmente rappresentata da
Maisto Guido, per il canone annuale di € 1.080.000, oltre IVA, a conferma del
carattere irrisorio del prezzo stabilito per la compravendita. Soci della Sofratex
erano, all’epoca, Maisto e Terrinoni Giovanni, soggetti pregiudicati e nullatenenti.
Il Maisto, dopo la firma del contratto d’affitto (il 9 aprile 2010), cedette la carica
al solito Dollfuss di Volckersberg Signorini Marco, il quale, il 20 maggio 2011,
dispose il trasferimento della sede sociale in Brasile.

4. I gravi indizi di colpevolezza sono stati desunti, per tutti gli indagati, dalle
perquisizioni effettuate, nel 2010, nello studio di P.P.-Mazieri, nonché in
quello del commercialista Adami, da accertamenti dalle Guardia di Finanza, dagli
interrogatori dei numerosi imputati del procedimento principale e dalle
informazione dei numerosi testi sentiti, oltre che dalle relazioni dei curatori
fallimentari: elementi da cui è stato tratto l’organigramma dell’associazione
contestata nel procedimento originario e sulla cui base sono state ricostruite le
vicende delle società menzionate in questo procedimento. A carico di R.R. è
stato valorizzato, oltre all’attività svolta specificamente nell’ambito della società
Ventitré Settembre srl, il ruolo svolto dall’indagato nelle altre società della
famiglia D.D.(vedi pag. 63 e seguenti), sempre rivolto a schermare la

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costituzione al 5 gennaio 2009, D.D. nella qualità di socia (al 50%)

proprietà o l’amministrazione e a cooperare nel trasferimento all’estero delle
società.

5. Il pericolo di reiterazione criminosa è stato desunto, per tutti gli indagati, dalla
“frequenza e sistematicità delle condotte distratti ve progettate e attuate nel
corso di oltre un decennio, secondo un collaudato e insidioso modus operandi, e
che hanno interessato numerose società, molte delle quali fallite”.

Pur

riconoscendo la risalenza nel tempo delle condotte ascritte agli indagati (2003-

sussistenza di un pericolo concreto e attuale di reiterazione criminosa, che
giustifica l’applicazione della misura degli arresti domiciliari, in considerazione di
condotte più recenti, anch’esse connotate di illiceità, poste in essere dai
prevenuti.
5.1. In particolare, per quanto riguarda P.P. e M.M., il Tribunale
segnala che i due continuano a collaborare “nella gestione di alcune attività
imprenditoriali” ricorrendo, in singolare continuità con le condotte illecite finora
descritte, a prestanomi nell’amministrazione e nella liquidazione di società, “per
schermare eventuali responsabilità dei reali dominus delle stesse”. Tanto è
avvenuto, nello specifico, con la nomina di tale Rolando Ricci – soggetto
ultrasettantenne, in pessime condizioni di salute e nullatenente – ad
amministratore e liquidatore di “numerose società”, tra cui “Lo Scarabeo srl” (già
emersa nell’ambito del proc. n. 10287/2010, di cui P.P. e M.M. erano
soci), la White Blocks srl e la I.C.E. Immobiliare Costruzioni Edili srl.
A) Lo Scarabeo srl – è detto nell’ordinanza – aveva posto in essere, allorché era
attiva, operazioni finanziarie, da cui erano derivati profitti, poi divisi tra i soci, in
capo alla stessa. Purtuttavia, la società non aveva presentato dichiarazione dei
redditi dall’anno 2009 in poi né aveva versato VIVA dovuta per l’annualità 2010;
venne posta in liquidazione il 18/9/2014. Nel bilancio finale di liquidazione,
approvato il 29/10/2014, venne dato atto che l’attivo era stato suddiviso tra i
soci nel 2010 e si attestò – falsamente – che la società non aveva debiti, stante il
mancato versamento dell’IVA per il 2010. Questo modus operandi aveva
comportato un ulteriore indebito vantaggio per i soci (i due indagati) dello
Scarabeo srl, stante la limitazione di respon s abilità patrimoniale dei soci per i
debiti tributari della società liquidata e cancellata, prevista dall’art. 36 dpr
602/73 (tale norma prevede che i soci che hanno ricevuto denaro o altri beni
sociali nel corso degli ultimi due periodi di imposta precedenti alla messa in
liquidazione, o che hanno avuto in assegnazione beni sociali dai liquidatori
durante il tempo della liquidazione, sono responsabili del pagamento delle
imposte dovute dalla società nei limiti del valore dei beni ricevuti).

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2009), il Tribunale del riesame ha ravvisato – in capo ad ognuno di essi – la

B) La White Blocks srl venne posta in liquidazione il 28 settembre 2013. In
questo caso Rolando Ricci sottoscrisse, in qualità di liquidatore, una procura
generale alle liti ad un legale per non meglio individuati contenziosi.
C). La I.C.E. Immobiliare Costruzioni Edili srl venne posta in liquidazione
1’1/7/2014, con la nomina di Rolando Ricci a liquidatore. Questa società “è stata
al centro di una scissione parziale con trasferimento di parte del suo patrimonio
a due costituende società (Seagull srl e Turismo Mediterraneo srl), le quote
societarie delle quali erano detenute dai familiari degli indagati”.

recente, nella gestione di prestanomi e in progetti che prevedono la liquidazione
di società indebitate con il fisco. In particolare, viene segnalato quanto segue.
A) M.M. ha sovrinteso alla costituzione – a ottobre 2014 – della UNICAR 2015
srl, le cui quote sono state intestate a Gilberti Vincenzo, storico prestanome del
sodalizio (è stato amministratore di 15 società, di cui quattro trasferite
all’estero), nominato anche rappresentante della società suddetta.
B) M.M. si è occupato – nell’ottobre 2014, attraverso il pregiudicato Giancarlo
Solinas – della liquidazione e cancellazione della SIDA 2010 srl, riconducibile, fin
dalla costituzione, alla famiglia Venturi, sebbene le quote fossero state intestate,
fino al 7/3/2011, a soggetti diversi (Iniziative Immobiliari Fiorentine srl, gestita
dallo studio P.P.-M.M., e Milani Roberto, partecipe del sodalizio
criminoso colpito nel 2010). Trattasi di società che aveva sede nello studio di
Zoppi Paolo, accusato di far parte del sodalizio criminoso più volte menzionato,
la quale, per incarico e disposizione di M.M., fu cancellata – a ottobre 2014 solamente dal Registro delle Imprese (ma non anche dall’Anagrafe Tributaria),
affinché figurasse, per i creditori, ancora attiva e divenisse – trascorso un anno
dalla cancellazione – non più fallibile.
C) M.M. si è servito, a ottobre 2014, di un noto prestanome – Claudio
Crociani – per la presentazione di un ricorso alla Commissione Tributaria
Regionale per conto di Buzzacarini Silvia e Erskine Hilarj Janine, coniugi di
persone che sono suoi clienti di studio. Il Corciani, oltre ad essere incaricato della
sottoscrizione di un non meglio precisato verbale (da produrre insieme al
ricorso), è soggetto che si dichiara disposto a firmare, all’occorrenza, fogli in
bianco.
D) M.M. collabora nel 2016 con tale A.A.- soggetto pregiudicato
per reati di bancarotta fraudolenta – per la messa in liquidazione della CO.IM.
COSTRUZIONI IMMOBILIARI srl (società con problemi legali, di cui si parla nelle
conversazioni) , indicandogli il nominativo di un prestanome e discutendo con lui
circa la tempistica della messa in liquidazione. Con lo stesso soggetto (A.A.) il
M.M. discute della costituzione di una nuova società, la cui amministrazione
dovrà essere affidata, come al solito, ad un prestanome.
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5.2. Per quanto riguarda il solo M.M. viene posta in evidenza un’attività, più

5.3. Per quanto riguarda le due sorelle D.D. e R.R. il Tribunale è
pervenuto alle conclusioni sopra annunciate per il fatto che anche l’attività
investigativa più recente (fino al 2016) ha messo in evidenza che le sorelle
D.D., coadiuvate da R.R., continuano a gestire punti vendita all’insegna
“Magazzini MAS” e che lo fanno nella maniera illecita già collaudata (quantomeno
dall’anno 2000). Infatti, spiega il Tribunale, attualmente operano, sotto l’insegna
suddetta, due punti vendita: uno in via delle Vigne Nuove e l’altro in via dello
Statuto. Entrambi riferibili alle sorelle D.D..

che è anche proprietaria dell’azienda. Le quote della DO.AN.CH . srl – di cui è
amministratore apparente Faraci Emilio – sono detenute da D.D. e
dalla XX srl. La proprietà di quest’ultima società – che era detenuta, a
partire dal 25 novembre 2011, al 50% da entrambe le sorelle D.D.- è
passata, insieme alla rappresentanza, dal 23 luglio 2013 a Giovannelli Giorgio
(storico prestanome della famiglia D.D.), che ha assunto, in tal modo, il
controllo della DO.AN.CH . srl (la Lunatica ne possiede il 90% delle quote). A
partire dal 10/3/2015, pur conservando la proprietà delle quote, Giovannelli ha
ceduto la rappresentanza di Lunatica srl a Curti Claudio, “rappresentante legale”
di ben 20 società, che non ha mai presentato alcuna dichiarazione fiscale.
Le intercettazioni effettuate hanno rivelato che le sorelle D.D. e il fidato
R.R. gestiscono entrambe le società sopra menzionate, le quali hanno,
anch’esse, accumulato debiti verso il fisco in misura considerevole (al 16
febbraio 2016 la Lunatica srl aveva maturato debiti per € 80.921; la DO.AN.CH .
srl aveva maturato debiti per € 102.758). Tanto induce a ritenere – conclude il
Tribunale – che entrambe le dette società sono in procinto di essere
abbandonate, come già successo per quelle che si sono succedute negli ultimi 17
anni.
B) Il punto vendita di Via delle Vigne Nuove opera anch’esso sotto l’insegna
“Magazzini MAS” ed è gestito dalla Tabata srl, costituita il 15 marzo 2014 tra i
soci . Anche costei è un mero prestanome delle
sorelle D.D., come emerso dalla intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni
della stessa. Anche questo punto vendita è gestito, quindi, more solito, dalle
sorelle D.D. e dal fidato R.R..
5.3.1. A conclusione del discorso svolto intorno alla pericolosità delle sorelle
D.D.e del R.R. il Tribunale rileva che, sebbene risulti chiuso, a partire da
gennaio 2017, il punto vendita di via dello Statuto, non per questo è venuta
meno la capacità di reiterazione dei reati da parte dei suddetti, sia perché non
v’è prova che la chiusura del punto di via dello Statuto sia definitiva (la proprietà
dell’azienda è rimasta alla DO.AN.CH . srl), sia perché è in piena operatività il

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A) Il punto vendita di via dello Statuto è gestito, allo stato, dalla DO.AN.CH . srl,

punto vendita di via delle Vigne Nuove. Il fatto, poi, che la DO.AN.CH . srl abbia
transatto la causa in corso con la curatela della Ventitré Settembre srl per
somma di C 200.000 non elide le conseguenze del reato – stante il maggior
valore dell’azienda – e dimostra, anzi, che le sorelle D.D. sono ben salde
nell’intenzione di conservare la proprietà dei Magazzini MAS.

6.

Avverso il provvedimento del Tribunale del riesame hanno proposto ricorso

per cassazione tutti gli indagati ai quali è stata applicata la misura sopra

6.1. M.M., con ricorso proposto dall’avv. Mattia Maria La Marra, si duole
dell’erronea applicazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. e della ritenuta
sussistenza delle esigenze cautelari, sottolineando che, come pure riconosciuto
dal Tribunale, le condotte distrattive ipotizzate si collocano tutte in anni
precedenti all’emissione dell’ordinanza del 10/6/2011 e si basano su fonti di
prova acquisite nelle indagini relative all’originario procedimento penale
(intercettazioni e perquisizioni eseguite negli studi di Adami, P.P.e
M.M.), i cui risultati erano, quindi, già in possesso del Pubblico Ministero e
sono già stati valutati – negativamente – dal Giudice per le indagini preliminari.
Contesta che le condotte distrattive abbiano assunto rilevanza dopo la pronuncia
di fallimento perché, per giurisprudenza consolidata, per l’emissione di una
misura cautelare occorre fare riferimento – nei reati di bancarotta – al momento
in cui si sono state poste in essere le condotte distrattive, specie allorché, come
nella specie, tali condotte si collochino in epoca anteriore all’emissione della
prima ordinanza cautelare (dal 2003 al 2009, si sostiene). Per quanto sopra,
conclude, l’ordinanza impugnata si pone in contrasto con l’art. 274, lett. C), cod.
proc. pen., il quale richiede, dopo la novella del 16 aprile 2015, n. 47, la
sussistenza di un pericolo concreto e attuale di commissione di altri reati da
parte dell’indagato: pericolo “provato”, dal Tribunale, in base a “congetture” e
“fatti del tutto leciti” (svolgimento di attività professionale, assunzione di
incarichi societari, ecc.), che non qualificano negativamente la condotta
dell’indagato, posto che M.M. e P.P. non sono stati raggiunti da
nessuna misura interdittiva.

41.1. Con altro ricorso proposto dall’avv. Massimo Ciardullo l’indagato M.M.,
oltre a rinnovare le lamentele concernenti il diniego di retrodatazione (aggiunge
che – a suo giudizio – tutti reati contestati all’indagato sono legati da
connessione teleologica, perché commessi nell’ambito della contestata
associazione criminale), lamenta un vizio di motivazione in ordine alla gravità
indiziaria, che affliggerebbe, a suo giudizio, tutti i reati contestati, essendosi il
Tribunale adagiato sulle prospettazioni della pubblica accusa, senza adeguato
vaglio critico, e senza considerare che M.M. si era limitato a seguire, quale

10

specificata.

“professionista esterno”, le vicende di società per le quali era richiesta la sua
consulenza. Parimenti, il Tribunale si era limitato a riprodurre il contenuto di
telefonate intercettate, senza “analizzarne il contenuto in maniera neutra ed
oggettiva così da inquadrarne l’esatto contesto nel quale si sono mossi i singoli
imputati”e dandone una lettura “difforme dalla realtà”.
Con altro motivo denunzia un vizio di motivazione in ordine alla ritenute
esigenze cautelari, giustificate dal Tribunale sulla base di una informativa di P.G.
contenenti la descrizione di fatti, successivi al 2011, privi di rilevanza penale, che

liquidazione della società “Lo Scarabeo srl”, disposta per la mancanza di attivo
da realizzare; la frequentazione tra M.M. e Gian Carlo Solinas, liquidatore di
una società – senza più attivo – appartenente a tali Carchiella e Venturi; i
rapporti tra M.M. e A.A., titolare di una società – la Ginevra
Fashion – ammessa al concordato preventivo e poi fallita, con modesti debiti
verso l’Erario; i rapporti tra M.M. e Claudio Crociani, interessato dalla sig.ra
Silvia Buzzaccarini per la definizione di un contenzioso tributario definito con
l’integrale pagamento delle imposte).
Con ultimo motivo deduce un vizio di motivazione in ordine all’adeguatezza
della misura applicata. Sottolinea che M.M. è persona ultrasettantenne e
sostiene che le esigenze prospettate potrebbero essere soddisfatte dal semplice
obbligo di firma.
P.P. propone quattro motivi di ricorso.

C .2.1 Col primo lamenta anch’egli l’erronea applicazione dell’art. 297 cod. proc.
pen., per le stesse ragioni poste a base del ricorso di M.M. ed evidenziando,
per ogni bancarotta, gli elementi che – a suo giudizio – rendevano evidente la
perseguibilità dei reati già all’epoca di emissione della prima ordinanza cautelare.

4 .2.2. Col secondo lamenta una valutazione dei gravi indizi di colpevolezza
“oltremodo indefinita e generica, risultando indifferentemente riferita a tutti gli
indagati, senza alcuna specificazione delle condotte in ipotesi realizzate da
Pambian chi, né precisazione del tipo di concorso (materiale o morale) da questi
apportato alle fattispecie criminose paventate”.

4

.2.3. Col terzo lamenta la violazione dell’art. 4 I. 146/2006 e l’illogicità della

motivazione con cui è stata ritenuta l’ipotesi della transnazionalità. Il Tribunale deduce il ricorrente – ha ravvisato la sussistenza della suddetta circostanza
aggravante in ragione del contributo dato da un gruppo organizzato
transnazionale nella commissione dei reati del proc. n. 10287/2011, senza
l’evidenziazione del contributo dato ai reati di questo processo. Inoltre, non ha
tenuto conto che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza Adami),
non rileva il luogo di consumazione del reato, “risultando, invece, necessario che
la commissione dello stesso risulti agevolata, e quindi ontologica ente
11

rientrano – per un commercialista – nella normale attività professionale (la

connessa, dal contributo di un gruppo organizzato, impegnato in attività criminali
in più di uno Stato”. Nella specie, invece, nessun “gruppo” è stato individuato
all’estero.

íì.2.4. Col quarto motivo si duole della motivazione con cui è stato spiegato il
pericolo di reiterazione criminosa. Lamenta, innanzitutto, che il Tribunale del
riesame si sia discostato dalla pronuncia del Giudice per le indagini preliminari
senza tener conto delle valutazioni di quest’ultimo; il che, secondo
giurisprudenza consolidata, deve condurre all’annullamento del provvedimento

distrattive si sarebbero consumate non oltre il 2011 e che, nella bancarotta, è al
momento della condotta che occorre fare riferimento per la valutazione delle
esigenze cautelari. Lamenta, poi, che il parametro della concretezza sia stato
individuato sulla base di elementi congetturali ed astratti, privi di idoneità
dimostrativa, e che la valutazione del pericolo di recidivanza sia stata effettuata
cumulativamente per P.P. e M.M., senza tener conto delle specificità
relative alla posizione di ognuno.

4 .2.5. Con “memoria e motivi nuovi” depositati nella cancelleria di questa Corte
in data 9 ottobre 2017 deduce che il Tribunale si è sottratto all’obbligo di
motivazione rafforzata, imposta per l’ipotesi che venga riformato, in senso
sfavorevole all’indagato, un provvedimento del Giudice per le indagini
preliminari.
D.D. lamentaa violazione dell’art. 273 cod. proc.
pen. e censurano per illogicità e contraddittorietà la motivazione spesa dal
Tribunale, sia in ordine ai gravi indizi di colpevolezza che alle esigenze cautelari.
Quanto ai gravi indizi di colpevolezza, lamentano che il Tribunale del riesame si
sia limitato alla mera esposizione del materiale probatorio acquisito, senza
procedere ad alcuna pregnante valutazione dello stesso; inoltre, che abbia
mancato di illustrare gli elementi da cui è stato desunto il ruolo di amministratrici
di fatto delle due sorelle.
Quanto alle esigenze cautelari, rimarcano che il Giudice per le indagini
preliminari aveva escluso il pericolo di recidivanza in considerazione
dell’avvenuta perdita di possesso – da parte loro – dei Magazzini MAS, del fatto
che era stato disposto il sequestro dei loro beni – fino alla concorrenza di
130.000 euro – da parte del Giudice Delegato del fallimento della Ventritré
Settembre srl e della avvenuta transazione tra la DO.AN.CH . srl e la curatela del
fallimento suddetto. Il Tribunale, invece, si sarebbe limitato a rievocare la
frequenza e sistematicità delle condotte distrattive attuate nel passato remoto e
ad ipotizzare un ruolo delle imputate nell’ambito delle società fallite e della
DO.AN.CH . srl sulla base di intercettazioni telefoniche che non vanno oltre il 19
dicembre 2014 e sono prive di significativa valenza; inoltre, non ha tenuto conto
12

emesso in seconda istanza. Nel merito, sottolinea anch’egli che le condotte

del fatto che la sede dei Magazzini MAS di via dello Statuto risulta
definitivamente chiusa, “avendo cessato l’attività commerciale già da alcuni
mesi”. Infine, il Tribunale ha omesso di valutare la personalità delle indagate,
nonostante le deduzioni difensive (D.D. sottolinea il suo stato di
incensuratezza; il fatto che non riveste alcun ruolo direttivo in qualsivoglia
società; deduce il deterioramento dei rapporti con la sorella e la sua estraneità al
nuovo punto vendita dei Magazzini MAS, sito, ora, in via delle Vigne Nuove.
D.D. evidenzia che è interessata da un solo precedente penale,

sindrome di Down, bisognosa di assistenza).
3.3.1. Con “motivi aggiunti” depositati nella cancelleria di questa Corte il
18/10/2017 D.D. rinnova le censure relative alla gravità indiziaria,
senza sostanziali novità, e quelle relative al pericolo di reiterazione del reato,
insistendo sulla risalenza delle condotte e censurando la motivazione del
Tribunale del riesame nella parte in cui attribuisce alle sorelle D.D.

“attività

prodromiche all’abbandono delle società a loro riconducibili e che ruotano intorno
alla storica azienda Magazzini MAS”, sottolineando che D.D. non
risulta avere, ad oggi, “un ruolo attivo nella gestione dei Magazzini MAS” e che è
privo di significato il fatto che la DO.AN.CH . srl – attuale proprietaria dell’azienda
– sia stata costituita dalle sorelle D.D.. Infine, deduce che, come riconosciuto
dallo stesso Tribunale del riesame, agli inizi del 2017 è stata chiusa la storica
sede dei Magazzini MAS di Roma, via dello Statuto, 11, per essere trasferita in
Roma, via delle Vigne Nuove, ove opera altra società (la Tabata srp, nel cui
ambito Antonietta D.D. non riveste alcun ruolo.
3.3.2. D.D. ha presentato, invece, “memoria difensiva” in data
18/10/2017, asserendo di allegare alla stessa sentenza del Tribunale di Roma,
sezione civile, n. 16893/13 del 25 luglio 2017, che avrebbe rigettato la domanda
di risarcimento della curatela del fallimento Angels srl contro di lei proposta, sul
presupposto che ella svolgesse, nell’ambito della società, l’attività di caporeparto e non vi fosse prova del ruolo (amministratrice di fatto) a lei attribuito
dalla curatela. Ha insistito, inoltre, sulla necessità di provvedere alla cura della
figlia, che è stata recentemente assunta come commessa e abbisogna di essere
accompagnata sul luogo di lavoro.

4 .4. R.R.  propone ricorso a mezzo dell’avv. Massimo Guaitoli, il quale
lamenta – con unico motivo – la violazione di plurime norme di legge procedurale
e sostanziale, nonché l’illogicità della motivazione con cui è stata giustificata
l’applicazione della misura. Eccepisce, innanzitutto, la nullità dell’ordinanza
cautelare per il fatto che fu illegittimamente rigettata l’istanza di rinvio
dell’udienza del 16 marzo 2017, da lui presentata al Tribunale del riesame per

13

risalente a tredici anni fa, nonché il fatto che è madre di una ragazza affetta da

documentate ragioni di salute, e per il fatto che non fu nemmeno nominato
all’indagato un difensore d’ufficio. Quindi, con evidenti oscurità di linguaggio, che
rendono di difficile interpretazione l’oggetto del ricorso, contesta che il Tribunale
abbia reso logica ed esaustiva motivazione in ordine al periculum libertatis (pur
svolgendo considerazioni che attengono, talvolta, al fumus commissi delicti).
Dal complesso dell’impugnativa si evince, ad ogni modo, che profili di
illogicità derivano – secondo il ricorrente – dal fatto che il Tribunale ha ritenuto
sussistente il pericolo di reiterazione dei reati nonostante abbia dato atto della

storicamente radicata l’azienda dei D.D.. Tanto, sul presupposto, indimostrato,
che la medesima azienda si sia trasferita in via delle Vigne Nuove, ove Chiara
D.D. ha avviato una propria attività all’insegna Magazzini MAS con la Tabata
srl; società “costituita invece proprio per il voluto distacco di questa coimputata
dalla famiglia e da via dello Statuto”,

come dimostrato proprio

dall’intercettazione della conversazione tra le due sorelle, avvenuta nel 2014, e
riportata a pag. 126 dell’ordinanza cautelare. In ogni caso, aggiunge, non è stato
dimostrato alcun collegamento tra la Tabata srl e R.R., né è stato
tenuto conto del fatto che il rapporto tra R.R. e D.D.è
definitivamente cassato da anni. Fa, poi, da pag. 8 in poi, la storia della famiglia
D.D. e del legame di R.R. con G.G., capostipite della famiglia e
fondatore dei “Magazzini MAS”, per evidenziare che R.R. era uomo di fiducia
di quest’ultimo e che, anche dopo la morte di G.G., avvenuta nel
2004, continuò ad operare, come dipendente “di massima fiducia”, nell’interesse
degli eredi, assumendo ruoli all’interno delle società, senza mai divenire, però, contrariamente a quanto contestato – il dominus delle stesse.
Deduce l’illogicità della motivazione nella parte in cui attribuisce ai D.D. la
volontà di “mantenere saldamente la proprietà dell’azienda” per via della
transazione effettuata tra la DO.AN.CH . srl e la curatela fallimentare della
Ventitré Settembre srl e sottolinea che non si possono imputare a R.R. gli atti
successivi alla cancellazione della società dal Registro delle Imprese, avvenuta
dopo il deposito – da parte sua – del bilancio finale di liquidazione (bilancio
depositato il 5/10/2012). Infine, lamenta l’imprecisione della contestazione
cautelare, posto che si è passati da “cliente di uno studio professionale” a
“dominus e amministratore di fatto di società sepolte all’estero dopo essere,
fallendo, perite in Italia”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi hanno parziale fondamento, per le ragioni e nei limiti di seguito
esposti.
14

chiusura, a gennaio 2017, del punto vendita di via dello Statuto, ove risultava

1. I motivi concernenti la gravità indiziaria, contestata da tutti gli indagati, sono
inammissibili per totale e irrimediabile genericità, in quanto tutti omettono di
confrontarsi con la puntuale e diffusa motivazione dell’ordinanza, la quale ha
messo in evidenza:
a)

per M.M. e P.P., che numerosissimi sono gli elementi che

depongono per la commissione, da parte degli indagati, dei reati loro contestati
(nell’ordinanza sono compendiati da pag. 43 a pag. 115). Tali elementi sono stati
tratti dalla copiosa documentazione sequestrata, dalle relazioni dei curatori

abbondantemente che i due cooperarono attivamente con i gestori delle
numerosissime società fallite al fine di svuotarle delle attività loro proprie e per
assicurare ai correi l’impunità, prestando la loro opera professionale nella
individuazione e nella interposizione di “teste di legno” che facessero, a
fallimento dichiarato, da parafulmine nei confronti dei reali responsabili. Tali
elementi sono già stati ritenuti sufficienti per la contestazione – nel diverso
procedimento – del reato di associazione a delinquere e lo sono, a fallimento
dichiarato, anche per i reati di bancarotta, oggetto di questo procedimento,
atteso che sono dimostrativi, allo stesso tempo, sia del reato associativo che dei
reati fallimentari, in ordine ai quali la pubblica accusa aveva ritenuto
(erroneamente, per quanto si dirà) di non poter avviare l’azione penale, in
assenza della formale dichiarazione di fallimento;
b) per D.D., che altrettanto numerosi, e inequivocabili, sono
gli elementi di gravità indiziaria evidenziati a loro carico, costituiti dagli
accertamenti della Guardia di Finanza e dei curatori fallimentari, oltre che dalle
intercettazioni telefoniche e dalle dichiarazioni dei coindagati (emblematiche, tra
tutte, quelle di Dolifuss di Volckersberg Signorini Marco, riportate a pagg. 49 e
segg.), attraverso i quali è stato accertato che le due sorelle, effettive
proprietarie dell’azienda operante sotto l’insegna dei “Magazzini Mas” e gestrici,
di fatto, delle imprese che la possedevano e ‘ di quelle che li( gestivano, attuarono
il trasferimento all’estero di sette società, procurarono il fallimento di tre società
(la Angels srl, la Star Company srl e la Ventitré Settembre srl) e la formazione di
ruoli esattoriali per oltre 41 milioni di euro, nonché avvisi di accertamento, non
ancora sfociati a ruolo, nell’ordine di alcuni milioni di euro; e che ciò fecero,
sempre, attraverso prestanomi, dopo aver svuotato di ogni attività le . società di
cui si erano avvalse per esercitare, senza apparire, l’attività commerciale (pagg.
43-68): argomenti nemmeno presi in considerazione dalle ricorrenti;
c) per R.R., che il ruolo dell’indagato è stato quello di factotum e
fiduciario delle sorelle D.D., perfettamente inserito nella compagine truffaldina
che ha dato origine ai fallimenti delle società riferibili a queste ultime e allo
svuotamento delle relative società. E’ stato evidenziato, infatti, che R.R. si
15

fallimentari e dalle molteplici testimonianze acquisite, le quali dimostrano

prestò, fin dal 2004, ad assumere la rappresentanza della Tentazioni srl,
abbandonata dopo aver accumulato debiti per oltre 25 milioni di euro (pag. 47);
che assunse, per conto delle sorelle D.D., la titolarità delle società Finnat e
Fedra, proprietarie, per quota, della Star Company srl, di cui assunse, poi, la
legale rappresentanza in data 20/12/2007, per trasferirla ad altro prestanome
(Succu Giovanni) in data 20/2/2008 (anche la Star Company fu abbandonata
dopo aver accumulato debiti per oltre cinque milioni di euro); che in data 5
gennaio 2009 divenne amministratore della Ventitrè Settembre srl e che in tale

gestì, di fatto, l’abbandono della Angels srl, dopo averla svuotata di ogni avere
(pag. 63 e segg.). Nessuna lacuna o incongruenza vi è, all’evidenza, nel
ragionamento del Tribunale, che ha ritenuto R.R. compartecipe, a vario titolo
(amministratore di diritto o di fatto o concorrente esterno), nelle bancarotte che
hanno interessato le società sopra menzionate, posto che le condotte sopra
menzionate sono effettivamente dimostrative del ruolo attivo da lui assunto nella
vicenda criminosa in esame.
Vale, quindi, per tutti gli indagati, il principio, costantemente affermato
nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui è inammissibile il motivo che
omette di confrontarsi con gli argomenti posti dal giudicante a fondamento della
decisione (Cass., sez. 4, n. 5191 del 29/3/2000, Rv. 216473. Da ultimo, Cass.,
n. 28011 del 15/2/2013).

2. E’ infondata la contestazione – fatta dai ricorrenti – dell’aggravante della
trasnazionalità, la quale ricorre allorché alla commissione di un reato (punito con
pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni) “abbia dato il suo
contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più
di uno Stato” (art. 4 della I. 146/2006). Come chiarito dalle Sezioni Unite di
queste Corte (n. 18374 del 31/1/2013) – a cui tutti i protagonisti del
procedimento hanno fatto rimando, per suffragare la propria, contrapposta tesi il “gruppo criminale organizzato” può – ricorrendone i presupposti – anche
coincidere con l’associazione a delinquere “comune”, nel senso che i membri del
“gruppo criminale” possono essere organicamente inseriti, come partecipi, in
un’associazione avente le caratteristiche di cui all’art. 416/bis cod. pen.,
operante a livello internazionale. Quando ciò avviene e l’associazione realizza,
anche in parte, il proprio finalismo in più di uno Stato, è da escludere che il reato
associativo sia aggravato ai sensi dell’art. 4 della legge 146/2006 (si avrà, in tal
caso, un reato transnazionale, nel senso previsto dall’art. 3 della I. 146/2006),
ma nulla esclude che siano aggravati i reati fine, giacché, in casi siffatti, non può
disconoscersi che alla commissione dei detti reati abbia contribuito un “gruppo
criminale impegnato in attività criminali in più di uno Stato”, atteso che le
16

qualità distrasse l’azienda cedendola, senza corrispettivo, alla Do.An.Ch. srl; che

“attività criminali” compiute all’estero non devono costituire, di per sé stessi,
reati, ma possono rappresentare una frazione dell’attività delittuosa rientrante
nel programma associativo. La ratio dell’aggravante in questione consiste, infatti,
nella maggiore gravità dei reati posti in essere, o agevolati, da soggetti che si
avvalgono, nelle proprie attività delittuose, di organismi criminali operanti a
livello internazionale (che rappresentino, cioè, una struttura organizzata
transnazionale), per l’incidenza delle attività delittuose poste in essere dai detti
gruppi in Stati diversi e per la difficoltà aggiuntiva di perseguire le manifestazioni

Nella specie, i reati di bancarotta sono stati realizzati con l’apporto di un
gruppo criminale (l’associazione contestata nel proc. n. 10857/2010) operante in
Italia e all’estero, atteso che all’estero sono state trasferite le società destinate al
fallimento in Italia, con l’apporto decisivo di soggetti colà operanti. A pag. 36
sono stati indicati, infatti, i nomi di 13 soggetti, quasi tutti stranieri e residenti
all’estero, utilizzati come prestanomi, e il nominativo della professionista bulgara
Georgieva Ilieva, incaricata del completamento, in Bulgaria, delle pratiche
amministrative (curava l’iscrizione delle società nel locale Registro delle
Imprese). Correttamente, pertanto, è stata contestata l’aggravante della trans
nazionalità.

3. I ricorsi di P.P., D.D. e R.R. sono fondati
con riguardo alla ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione criminosa.
Il pericolo preso in considerazione dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen.
deve essere “concreto e attuale”. Come è stato precisato da questa Corte, il
requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell’art.
274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., dalla legge 16 aprile 2015, n. 47,
impone la previsione, in termini di alta probabilità, che all’imputato si presenti
effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti della stessa specie, e la
relativa prognosi comporta la valutazione, attraverso la disamina della fattispecie
concreta, della permanenza della situazione di fatto che ha reso possibile o,
comunque, agevolato la commissione del delitto per il quale si procede, mentre,
nelle ipotesi in cui tale preliminare valutazione sia preclusa, in ragione delle
peculiarità del caso di specie, il giudizio sulla sussistenza dell’esigenza cautelare
deve fondarsi su elementi concreti – e non congetturali – rivelatori di una
continuità ed effettività del pericolo di reiterazione, attualizzata al momento della
adozione della misura, e idonei a dar conto della continuità del “periculum
libertatis” nella sua dimensione temporale, da apprezzarsi sulla base della
vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato,
ovvero della presenza di elementi indicativi dell’effettività di un concreto ed
attuale pericolo di reiterazione (Cass., n 12618 del 18/1/2017). Sulla base dei
17
0″

criminose di gruppi siffatti.

criteri individuati dalla giurisprudenza sopra richiamata non può dirsi che
l’ordinanza impugnata abbia dato conto – in relazione agli indagati suddetti della attualità o concretezza del pericolo, in quanto ha valorizzato, per tutti, oltre
all’esperienza e alla pregressa attività criminosa (arrestatasi, comunque, nel
2009), fatti risalenti nel tempo, o privi di effettiva valenza dimostrativa. Infatti:
A) per P.P. è stato rimarcato che continua a collaborare, con M.M.,
“nella gestione di alcune attività imprenditoriali” ricorrendo, ancora una volta, a
prestanomi nell’amministrazione e nella liquidazione di società, “per schermare

stata segnalata la nomina di Rolando Ricci – avvenuta su decisione di P.P.
– a liquidatore di tre società, solo una delle quali (lo Scarabeo srl) risulta aver
posto in essere un’attività contra legem nel 2009 e nel 2010, allorché si è
sottratta all’obbligo di dichiarare i redditi percepiti (nel 2009) e di pagamento
dell’IVA (nel 2010: non è specificato nemmeno in quale misura). Si tratta,
all’evidenza, di condotte perseguibili amministrativamente e civilmente, ma non
penalmente, e che non sono nemmeno idonee a procurare vantaggi definitivi ai
soci, anche a.fronte della liquidazione disposta nel 2014, atteso che questi ultimi
sono, comunque, responsabili civilmente di fronte al fisco per le imposte non
versate, proprio sulla base della norma richiamata (l’art. 36 dpr 602/73 fa salve,
in relazione ai soci, le “maggiori responsabilità stabilite dal codice civile”).
Quanto alle attività poste in essere da Ricci nella White Blocks srl e nella I.C.E.
Immobiliare srl, non è dato comprendere, e non è stato spiegato, quale
significato indiziante abbia la sottoscrizione, da parte del liquidatore, di una
“procura generale alle liti ad un legale per non meglio individuati contenziosi” o
una scissione societaria realizzata a favore di società riconducibili a familiari del
P.P..
B) Per quanto riguarda D.D., il fatto che le due abbiano
gestito, attraverso la DO.AN.CH . srl, il punto vendita di via dello Statuto (chiuso
a gennaio 2017) e gestiscano attualmente il punto vendita di via delle Vigne
Nuove, attraverso prestanomi, costituisce evenienza che induce al sospetto nei
loro confronti e autorizza la prestazione di attenzione alle loro vicende
economiche, ma non è indicativa, sic et simpliciter, di una concreta e attuale
pericolosità, ove non venga accompagnata dall’evidenziazione di comportamenti
prodromici alla spoliazione delle società interessate, come è stato
congetturalmente ipotizzato dal Tribunale. Invero, sotto questo profilo, nessun
comportamento deviante è stato evidenziato nella gestione della Tabata srl, che
gestisce il punto vendita di via delle Vigne Nuove, mentre la chiusura del punto
vendita di via dello Statuto, dopo l’accumulo di debiti da parte della società che
l’amministrava (la DO.AN.CH . srl), resta dimostrativo – se non accompagnato da
una indagine circa le ragioni e le modalità di formazione del debito e circa
18

eventuali responsabilità dei reali dominus delle stesse”. In concreto, però, è

l’impiego delle risorse societarie, che evidenzino la perpetrazione di scorrettezze
gestionali e l’intenzione di rinnovare il meccanismo truffaldino sperimentato con
le pregresse società – di una gestione malaccorta o sfortunata e non già del
pericolo di reiterazione criminosa, rilevante ai sensi dell’art. 274, lett. c), cod.
proc. pen.. Sotto questo profilo non può farsi a meno di rimarcare che l’ipotesi
formulata dalla pubblica accusa (la società è in procinto di essere abbandonata,
in barba ai creditori, come già successo per quelle che si sono succedute negli
ultimi 17 anni) resta di facile verificabilità (una visura camerale consentirebbe di

DO.AN.CH . srl) e i temuti comportamenti distrattivi possono essere, allo stato
(pendente il procedimento penale), facilmente contrastati, attraverso
l’attivazione dei meccanismi processuali predisposti dall’art. 238 legge fall.,
senza scendere sul campo, sempre insidioso, della prognosi comportamentale.
C) Considerazioni analoghe vanno svolte per R.R., il quale non risulta
rivestire, allo stato, nessuna carica nelle società ancora riferibili alle sorelle
D.D.. Il fatto che egli abbia coadiuvato – come messo in evidenza dal
Tribunale – le due indagate nella gestione della DO.AN.CH . srl e le coadiuvi,
ancora, nella gestione della Tabata srl, lo pone accanto alle due sorelle nella
previsione di futuri comportamenti devianti (stante il suo marcato
coinvolgimento nelle illiceità pregresse), ma non giustifica, allo stato,
l’applicazione a suo carico di misure cautelari, ove non venga dimostrata
l’attualità e la concretezza del pericolo in capo ai soggetti (le sorelle D.D.) a
cui – si dice – è legato, ovvero una pericolosità “autonoma”, che sia indipendente
dal coinvolgimento nelle vicende delle sorelle suddette.

4. Non appare fondato, invece, il ricorso di M.M. con riguardo alle ritenute
esigenze cautelari. Per lui sono state descritte, infatti, condotte – successive alla
commissione dei fatti per cui è processo, poste in essere fino ad epoca prossima
all’emissione della misura – che danno ragione del divisamento espresso,
essendo effettivamente indicative di una pericolosità concreta, oltre che attuale.
E’ stato evidenziato, infatti, che M.M. – oltre a essersi attivato, in tempi
recenti, insieme a P.P., nella individuazione di un prestanome da
interporre nelle società Scarabeo srl, White Blocks srl e I.C.E. Immobiliare srl
(attività che, per quanto detto in relazione a P.P., può non essere
indicativa, di per sé sola, di una pericolosità attuale, per la non accertata illiceità
delle incombenze affidate al prestanome) – ha inoltre continuato a prestare la
sua opera per creare società intestate a prestanomi (la UNICAR 2015 srl), a
suggerire i nominativi di prestanomi per liquidare ed estinguere società (la SIDA
2010 srl e la CO.IM. COSTRUZIONI IMMOBILIARI srl), ad interporre un
prestanome nello svolgimento di attività giudiziale (per conto di Buzzacarini

19

accertare quale evoluzione ha avuto la situazione amministrativa della

Silvia e Erskine Hilarj Janine); e ciò ha fatto sempre avvalendosi di soggetti già
utilizzati dall’associazione mafiosa oggetto del proc. N. 10287/2010 (Gilberti
Vincenzo, utilizzato 15 volte come prestanome), di pregiudicati (Giancarlo
Solinas e A.A.), ovvero di soggetti disposti a firmare e rilasciare fogli
in bianco (Claudio Corciani), per finalità contrarie a principi di corretta gestione
societaria: attuare la liquidazione di società indebitate col fisco ed evitare o
procrastinare la dichiarazione di fallimento, nella consapevolezza o nel sospetto
delle illiceità commesse dagli amministratori (pagt. 120 e segg.). Non è affatto

professionale” del commercialista, giacché al professionista, iscritto in un Ordine
professionale a rilevanza pubblica, compete – contrariamente all’opinione del
ricorrente – la correttezza nello svolgimento degli incarichi assunti, il rispetto
della legalità nell’attività consulenziale, la prudenza nella scelta dei collaboratori
(propri o altrui). E se la deroga a questi principi non comporta automaticamente
una responsabilità penale, non per questo condotte che si pongono
(marcatamente) in contrasto con l’etica professionale sono irrilevanti per il
giudice penale, che può trarre da esse – in uno con la valutazione delle condotte,
certamente illecite, poste in essere in precedenza – il convincimento di una
proclività al delitto, cui occorre far fronte in via cautelare.
Manifestamente infondato, infine, è il motivo concernente l’adeguatezza
della misura, ancorata, nell’ordinanza, alla natura delle condotte contestate, che
sono “progettabili ed eseguibili attraverso lo strumento fittizio di soggetti terzi
(prestanome) e mediante l’impiego di strumenti di comunicazione telefonica ed
informatica”, sicché residua “la concreta possibilità che le condotte illecite
possano essere pianificate anche al di fuori di tale attività professionale (quella di
dottore commercialista – ndr) attraverso ad esempio un’attività di consulenza
che non potrebbe essere ostacolata o impedita dalla sospensione cautelare
dell’esercizio della professione”. La risposta alle doglianza difensive è, quindi,
non solo esistente, ma anche logica e adeguata alla realtà della situazione
esaminata, poiché calibrata sul tipo di illecito che intende prevenire e sulle
caratteristiche personali del tipo di autore.

5. Sono fondate, infine, le critiche mosse da M.M. (e, per quel che rileva,
anche da P.P., ove si dovessero ritenere sussistenti, anche per lui, le
esigenze cautelari) all’esclusione della retrodatazione dei termini di durata della
custodia cautelare.
Per giurisprudenza ormai consolidata, da cui questo Collegio non ravvisa
motivi per discostarsi, nei reati fallimentari, allorché sussistano i presupposti di
applicazione dell’art. 238, comma secondo, L. F. (il che avviene tutte le volte che
l’insolvenza dell’imprenditore risulti nel corso di un procedimento penale, ovvero
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vero che le attività sopra passate in rassegna rientrano nella “normale attività

dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali
dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta
dell’attivo, dalla segnalazione proveniente dal giudice civile, nonché in ogni altro
caso in cui concorrano “gravi motivi”) e si susseguano più ordinanze applicative
di misure cautelari, i termini di decorrenza della durata della misura
successivamente disposta decorrono dall’esecuzione della prima ordinanza,
anche nel caso in cui la richiesta di fallimento sia posteriore alla data di
emissione della prima ordinanza, poiché ciò che rileva è la data della condotta e

17/9/2015, rv 265965. Conformi: N. 21288 del 2007 Rv. 236925, N. 23627 del
2012 Rv. 252802). Questo perché il legislatore, con la previsione dell’art. 238, in
deroga ai principi generali, consente, nelle ipotesi ivi tassativamente previste,
l’esercizio dell’azione penale prima della dichiarazione di fallimento, con ciò
attribuendo rilevanza, ai limitati fini di ordine processuale, non già al fatto illecito
completo in tutti i suoi elementi, ma anche alla probabile lesione degli interessi
dei creditori, pur in presenza di una condotta ancora carente del crisma
giudiziale dichiarativo della insolvenza. Ne deriva che, in tali casi, l’assenza della
declaratoria fallimentare, così come non costituisce ostacolo alla applicazione
delle misure cautelari, nemmeno impedisce la operatività della regola della
retrodatazione dei termini di custodia cautelare, ex art. 297 comma terzo cpp.
Ne consegue la violazione, nella specie, della norma suddetta, giacché,
pur dando per scontata l’esistenza dei presupposti della retrodatazione (pag.
40), l’ordinanza impugnata l’ha esclusa perché, in tutti i casi per cui è processo
(a parte uno), si tratta di ipotesi delittuose venute a consumazione in epoca
successiva all’ordinanza custodiale emessa nell’ambito del proc. n. 10287/2010.
Infatti, si legge nell’ordinanza, se è vero che “le condotte distrattive dei reati di
bancarotta fraudolenta ipotizzati si collocano in anni precedenti il summenzionato
provvedimento custodiale, è altrettanto vero che queste hanno assunto rilevanza
solo a seguito della dichiarazione di insolvenza, intervenuta (a parte che per la
Intercross srl, per la quale la dichiarazione di fallimento è addirittura anteriore ndr) successivamente a tale provvedimento, e prima di allora non potevano,
all’evidenza, essere contestate neanche a fini cautelari” (pag. 41). Il contrasto
con la giurisprudenza sopra richiamata, e che questo Collegio condivide, non
potrebbe essere più marcato, giacché, per quanto si è detto, le condotte
distrattive contestate agli imputati potevano essere prese in considerazione, ai
fini cautelari, anche prima della dichiarazione di fallimento delle società
interessate, purché il Pubblico Ministero si fosse contestualmente attivato com’era in suo potere – per promuovere la dichiarazione di fallimento.
Restano fuori da questo discorso la bancarotta della Intercross srl (per la
quale, con argomenti non contestati dalle difese, il Tribunale ha escluso la
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non già quella della dichiarazione giudiziale di insolvenza (Cass., n. 43082 del

connessione qualificata coi reati del procedimento 10287/2010, nonché la
conoscenza, da parte della pubblica accusa, degli elementi per procedere contro
M.M. e P.P. all’epoca di emanazione della prima ordinanza) e la
bancarotta della Aprilia Build srl (per la quale il Tribunale, con argomenti anche in questo caso – non contestati dalle difese, ha escluso sia l’unicità del
procedimento che la conoscenza, da parte dell’Accusa, degli elementi per
procedere contro gli indagati all’epoca di emanazione della prima ordinanza
cautelare). Per queste bancarotte si impone, comunque, la necessità di

discussione – per le ragioni anzidette – la possibilità di applicare o mantenere in
vita la misura per le altre bancarotte.

6. In conclusione, l’ordinanza va annullata nei confronti di P.P., D.D.
e R.R. in ordine alla ritenuta sussistenza delle
esigenze cautelari (quelle poste a base della misura), con rinvio per nuovo
esame al Tribunale di Roma, che dovrà rivalutarle tenendo conto dei rilievi sopra
esposti. Restano assorbiti nell’annullamento gli ulteriori motivi di doglianza
avanzati dagli indagati (quello in rito avanzato da R.R. e quello
concernenti l’adeguatezza della motivazione resa dal giudice dell’impugnazione,
avanzato da P.P.). Ove la disposta rivalutazione si concluda con esito
sfavorevole per gli indagati, verrà valutata – per M.M. e P.P. l’eseguibilità della misura tenendo conto della decorrenza dei termini di custodia
cautelare secondo le indicazioni fornite nel paragrafo precedente.

PQM

Annulla l’ordinanza impugnata nei confronti di tutti i ricorrenti con rinvio per

procedere alla rivalutazione delle esigenze cautelari, una volta messa in

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