Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 64 del 25/11/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 64 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: MENGONI ENRICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Procuratore generale presso la Corte di appello de l’Aquila nel procedimento
nei confronti di
Vignola Enzo, nato a Pineto il 30/1/1960
Vignola Giancarlo, nato a Pineto il 1/11/1960
Mazzocchitti Gigliola, nata ad Atri il 25/9/1960
Mazzocchetti Corrado, nato ad Atri il 12/10/1966
Giansante Carmela, nata in Canada il 31/7/1974
Candelori Natalina, nata a Roseto degli Abruzzi il 25/12/1956

avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale di Teramo in data 16/10/2013
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dal consigliere Enrico Mengoni;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Sante Spinaci, che ha chiesto l’annullamento della sentenza
con rinvio;

Data Udienza: 25/11/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 16/10/2013, il Tribunale di Teramo ha dichiarato non
doversi procedere nei confronti di Enzo Vignola, Giancarlo Vignola, Gigliola
Mazzocchitti, Corrado Mazzocchetti, Carmela Giansante e Natalina Candelori in
ordine al reato loro ascritto ex art. 181, comma 1-bis, d. Igs. 22 gennaio 2004,
n. 42, per esser lo stesso estinto per intervenuta concessione in sanatoria.
2. Propone ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di

legge penale. Il Tribunale avrebbe pronunciato la sentenza di proscioglimento
pur a fronte di una condotta – il delitto di cui all’art. 181, comma 1-bis cit. – per
la quale non è prevista alcuna sanatoria, invero relativa alla sola
contravvenzione di cui al comma 1 del medesimo articolo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato.
L’art. 181, d. Igs. n. 42 del 2004 stabilisce – al comma 1 – che “chiunque,
senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa, esegue lavori di
qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con le pene previste dall’art. 44,
lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”;
trattasi, pertanto, di una contravvenzione.
Il successivo comma 1-bis (introdotto dalla I. 15 dicembre 2004, n. 308)
stabilisce poi che “la pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i
lavori di cui al comma 1: a) ricadano su immobili od aree che, per le loro
caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico
con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei
lavori; b) ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142
ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento
della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento
della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora
abbiano comportato una nuova costruzione con volumetria superiore ai mille
metri cubi”. Trattasi, quindi, di un delitto.
Quest’ultima previsione costituisce – secondo il prevalente indirizzo di
legittimità – una fattispecie autonoma di reato, non già una circostanza
aggravante della contravvenzione di cui al comma 1, alla luce del maggior grado
di offesa del bene giuridico tutelato che giustifica un aggravamento qualitativo e
quantitativo della pena (Sez. 3, n. 18509 del 23/3/2011, Fiodo, Rv. 250292). Lo
stesso delitto, inoltre, ha natura di reato di pericolo, al pari della fattispecie

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appello de l’Aquila, denunciando l’inosservanza o l’erronea applicazione della

meno grave, e non richiede, per la sua configurabilità, un effettivo pregiudizio
per l’ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente
rilevanti soltanto quelle che si prospettino inidonee, pure in astratto, a
compromettere i valori del paesaggio e l’aspetto esteriore degli edifici (Sez. 3, n.
6299 del 15/1/2013, Simeon, Rv. 254493; Sez. 3, n. 34764 del 21/6/2011,
Fanciulli, Rv. 251244).
Ciò premesso, si osserva che il citato art. 181 prevede un’ipotesi di non
punibilità del reato nel caso di accertamento di compatibilità paesaggistica da

nei commi successivi del medesimo articolo; orbene, questa ipotesi contrariamente a quanto affermato dal Giudice di Teramo – non è riferibile al
delitto di cui al comma 1-bis, come si desume dalla lettera del comma seguente
in forza del quale l’accertamento di compatibilità paesaggistica esclude, in taluni
casi, “le disposizioni di cui al comma 1”.
Tale disparità di trattamento appare pienamente giustificata e, peraltro, con
contraria ai precetti costituzionali.
Ed invero, questa Corte ha già affermato (Sez. 3, n. 13736 del 26/2/2013,
Manzella, Rv. 254762; Sez. 3, n. 7216 del 17/11/2011, Zolesio, Rv. 249527) che
«il legislatore ha ritenuto di sanzionare più severamente quelle condotte, che
sono state ritenute maggiormente offensive del bene tutelato dell’integrità
ambientale, consistenti o in lavori di qualsiasi genere eseguiti su immobili o aree
tutelate già in precedenza con apposito provvedimento di dichiarazione di
notevole interesse pubblico, ovvero in lavori di consistente entità (come
determinata con i parametri richiamati dalla lett. b del citato comma) che
ricadono su immobile o aree tutelate per legge al sensi dell’art. 142 dello stesso
corpus normativo. Occorre richiamare, quindi, i principi stabiliti dalla Corte
Costituzionale in base ai quali la discrezionalità in materia di disciplina delle
condizioni di estinzione del reato o della pena spetta in via esclusiva al
legislatore e – quindi – l’estensione di una condizione di non punibilità, quale
quella di cui si tratta, attraverso una pronuncia del Giudice delle leggi, è possibile
solo quando risulti piena identità fra le discipline che vengono confrontate.
Questo Collegio rileva, invece, che – nella specie – la diversificazione tra le
situazioni poste a raffronto non appare violare alcuno dei parametri costituzionali
evocati (artt. 3, 25, 27, 42 e 97 Cost., n.d.r.), trattandosi per l’appunto di
situazioni non omogenee, in relazione alle quali non risulta irragionevole una
disciplina normativa diversa (in un caso, lavori realizzati in aree o immobili
tutelati in via specifica ed individualizzata, e nell’altro, lavori realizzati in aree
tutelate per legge, con richiamo generale alla categoria di cui al D.Lgs. n. 42 del
2004, art. 142)».

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parte dell’autorità amministrativa competente, a seguito della procedura indicata

Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, con annullamento della sentenza e
rinvio al Tribunale di Teramo.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Teramo.
Così deciso in Roma, il 25/11/2014

Il Presidente

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