Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6398 del 27/01/2016


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 6398 Anno 2016
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di Gramazio Luca, n. a Roma il
22.12.1980, rappresentato e assistito dall’avv. Giuseppe Valentino, di
fiducia, avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, in funzione di
giudice dell’appello, n. 2589/2015, in data 23.10.2015;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto della ritualità delle notifiche e degli avvisi;
sentita la relazione della causa fatta dal consigliere dott. Andrea
Pellegrino;
udita la requisitoria del Sostituto procuratore generale dott.ssa Marilia
Di Nardo che ha concluso chiedendo di dichiararsi inammissibile il
ricorso;
sentita la discussione del difensore avv. Giuseppe Valentino che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 27/01/2016

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 24.07.2015, il giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Roma rigettava l’istanza presentata
nell’interesse di Gramazio Luca tesa ad ottenere la revoca della
misura cautelare della custodia in carcere.
2. Nel provvedimento in parola, il giudice per le indagini preliminari

di partecipe dell’associazione di stampo mafioso del Gramazio fossero
basate su quanto dichiarato dall’indagato nell’interrogatorio reso al
pubblico ministero in data 08.07.2015 nonché su quanto affermato
dai condagati Buzzi e Scozzafava: detti elementi non erano stati
considerati idonei ad inficiare il quadro indiziario a carico del
Gramazio nell’ordinanza genetica e confermata dal Tribunale del
riesame, considerata la scarsa attendibilità dei coindagati e i risultati
delle indagini. Quanto alla scelta della misura applicata, il giudice per
le indagini preliminari ha richiamato la presunzione di adeguatezza di
cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., ritenendo l’inesistenza di
elementi dai quali trarre la convinzione circa la insussistenza di
esigenze cautelari, tenuto conto della rete di rapporti intessuti
dall’indagato nella vita politica, a prescindere dall’appartenenza ad un
determinato partito politico.
3. A seguito di impugnazione da parte di Gramazio Luca, il Tribunale
di Roma, con ordinanza in data 23.10.2015, rigettava il gravame.
4. Avverso detta ordinanza, nell’interesse di Gramazio Luca, viene
proposto ricorso per cassazione, lamentandosi:
-violazione di legge in punto insussistenza delle esigenze cautelari in
relazione al pericolo di reiterazione (primo motivo);
-vizio di motivazione (secondo motivo);
– violazione di legge in relazione all’art. 275, commi 3 e 3-bis cod.
proc. pen., vizio di motivazione (terzo motivo).
4.1. In relazione al primo motivo, si evidenzia come l’adozione ed il
mantenimento della custodia in carcere appaiono in palese violazione
dell’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., come modificato dalla
I. 16.04.2015, n. 47. Invero, la legge richiede, per un verso, che il
pericolo di reiterazione debba ritenersi sussistente solo ed
esclusivamente in presenza di precedenti penali o comportamenti o

//)

rilevava come le argomentazioni difensive dirette ad escludere il ruolo

atti concreti e, per altro verso, che l’adozione di misure cautelari
possa essere disposta solo in presenza di un pericolo non solo
concreto ma anche attuale; inoltre, il legislatore, ha espressamente
stabilito che “le situazioni di concreto ed attuale pericolo, anche in
relazione alla personalità dell’imputato, non possono essere desunte
esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per cui si procede”.
Il provvedimento restrittivo che in data 04.06.2015 ha sottoposto il

Gramazio alla misura cautelare della custodia in carcere presenta un
contenuto sostanzialmente identico rispetto alla precedente ordinanza
e non apporta alcun elemento di novità in grado di aggravare il
quadro indiziario precedentemente ipotizzato e, ciò che più rileva,
non individua nessun elemento, concreto ed attuale, che possa in
qualche modo giustificare il pericolo, anch’esso concreto ed attuale, di
reiterazione delle condotte. E neppure i provvedimenti con cui il
giudice per le indagini preliminari, prima, ed il Tribunale della libertà,
poi, hanno rigettato l’istanza di revoca e l’appello dell’indagato,
indicano quali sarebbero tali elementi, facendo invece riferimento a
circostanze neutre, in ogni caso, risalenti al momento del presunto
reato e, dunque, evidentemente, non attuali.
4.2. In relazione al secondo motivo, si evidenzia come il Tribunale,
limitandosi a rievocare il ruolo politico svolto dal ricorrente in epoca
precedente al reato, ha completamente omesso qualsivoglia
valutazione circa i comportamenti concreti e gli eventi materiali che
hanno, successivamente alle contestazioni mossegli, influito sul
quadro cautelare eliminando le già inesistenti esigenze di custodia.
4.3. In relazione al terzo motivo, evidenzia il ricorrente come, anche
con riferimento alla presunzione di adeguatezza della misura, la
motivazione appare manifestamente illogica e palesemente
contraddittoria. Invero, a seguito della modifica dell’art. 292, comma
2, lett. c) e c-bis) cod. proc. pen., è richiesta una motivazione che
tenga in dovuta considerazione anche gli argomenti della difesa
nonché tutte le considerazioni svolte con i motivi di gravame
sottoposti alla valutazione del Tribunale mediante l’atto di appello. Né
possono dirsi bastevoli le scarne argomentazioni del Tribunale del
riesame circa l’asserita irrilevanza delle prospettazioni difensive
relativamente alla sostanziale decomposizione del ruolo politico del
Gramazio che, inevitabilmente, travolge le presunte esigenze

3

cautelari. La custodia cautelare in carcere può essere applicata e
mantenuta solo ove risultino inadeguate le altre misure coercitive ed
il giudice è tenuto a fornire una motivazione rigorosa e puntuale in
tema di esigenze cautelari e circa l’impossibilità che esse vengano
soddisfatte con misure alternative e meno afflittive. Nel caso di
specie, le condotte contestate sono state poste in essere, al più tardi,
nella prima metà del 2014 ovvero un anno prima dell’arresto, ma

spiega sull’opportunità di disporre e mantenere la misura e, in
particolare, sull’adeguatezza della custodia cautelare in carcere, non
sono state assolutamente valutate dal Tribunale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, risulta
inammissibile.
2. È anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di
sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti
adottati dal giudice del riesame e/o dell’appello sulla libertà
personale.
2.1. Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide
e reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative che hanno
interessato l’art. 606 cod. proc. pen. (cui l’art. 311 cod. proc. pen.
implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari personali, allorché
sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del
provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla
consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta
il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio
di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito
abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad
affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la
valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai
principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze
probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di riesame – mezzo di
impugnazione, sia pure atipico – ha la specifica funzione di sottoporre
a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti

i

anche il dato temporale e le conseguenze che esso inevitabilmente

formali indicati nell’art. 292 cod. proc. pen., ed ai presupposti ai quali
è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo: ciò
premesso, si è evidenziato che la motivazione della decisione del
Tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere
conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo
di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari
dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su

responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza
(Sez. U, sent. n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; conforme,
dopo la novella dell’art. 606 cod. proc. pen., Sez. 4, sent. n. 22500
del 03/05/2007, Terranova, Rv. 237012).
2.2. Si è successivamente osservato, sempre in tema di
impugnazione delle misure cautelari personali, che il ricorso per
cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di
specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della
motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i
principi di diritto, ma non anche quando propone censure che
riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 5,
sent. n. 46124 del 08/10/2008, Pagliaro, Rv. 241997; Sez. 6, sent. n.
11194 del 08/03/2012, Lupo, Rv. 252178).
Il provvedimento impugnato appare, sotto tutti i profili di doglianza
denunciati, congruo e privo di qualsivoglia vizio logico-giuridico.
3. Manifestamente infondato è il primo motivo di censura.
3.1. Come è noto, gli articoli 1 e 2 della legge n. 47/2015 hanno
modificato l’art. 274 del codice di procedura penale con un duplice e
“simmetrico” intervento sulle lettere b (pericolo di fuga) e c (pericolo
di commissione di gravi delitti o di delitti della stessa specie),
certamente ispirato dall’intento di condizionare l’applicazione delle
misure cautelari ad una più rigorosa e stringente valutazione delle
predette esigenze.
La “simmetria” riguarda, in primo luogo, il fatto che, per effetto della
novella, è necessaria la sussistenza di un pericolo non più solo
“concreto”, ma anche “attuale” sia quanto all’esigenza di cui alla lett.
b), sia quanto a quella di cui alla lett. c) dell’art. 274.
3.2. Con riferimento al pericolo di reiterazione, la Suprema Corte, in

prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della

varie occasioni, aveva affermato che, “ai fini della valutazione del
pericolo che l’imputato commetta delitti della stessa specie, il
requisito della concretezza non si identifica con quello dell’attualità,
derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli
alla commissione di nuovi reati, ma con quello dell’esistenza di
elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che
l’imputato possa commettere delitti della stessa specie di quello per

es., Sez. 6, sent. n. 28618 del 05/04/2013, Vignali, Rv. 255857; in
senso analogo, Sez. 4, sent. n. 18851 del 10/04/2012, Schettino, Rv.
253864; Sez. 1, sent. n. 25214 del 03/06/2009, Pallucchini, Rv.
244829).
In buona sostanza, la giurisprudenza aveva correlato la
configurabilità del pericolo di reiterazione di cui alla lett. c dell’art.
274 cod. proc. pen. “alla sola condizione, necessaria e sufficiente, che
esistano elementi “concreti” (cioè non meramente congetturali)”
idonei a consentire una prognosi di commissione di ulteriori delitti
analoghi (così, Sez. 5, sent. n. 24051 del 11/05/2014, Lorenzini, Rv.
260143).
3.3.3. In tale prospettiva, si era anche sostenuto che la concretezza
del pericolo in questione “può essere desunto anche dalla molteplicità
dei fatti contestati, in quanto la stessa, considerata alla luce delle
modalità della condotta concretamente tenuta, può essere indice
sintomatico di una personalità proclive al delitto, indipendentemente
dall’attualità di detta condotta e quindi anche nel caso in cui essa sia
risalente nel tempo” (cfr., Sez. 3, sent. n. 3661 del 17/12/2013,
Tipicchio, Rv. 258053; nello stesso senso, cfr. Sez. 5, sent. n. 45950
del 16/11/2005, Salucci, Rv. 233222).
3.3. L’intervento simmetricamente effettuato, dagli artt. 1 e 2 della
legge n. 47/2015, sulle disposizioni di cui alle lett. b) e c) dell’art.
274 cod. proc. pen., è consistito nell’inserimento della seguente
proposizione conclusiva: “le situazioni di concreto e attuale pericolo
non possono essere desunte dalla gravità del titolo di reato per il
quale si procede” (nella lett. c, si precisa che tale preclusione
valutativa opera “anche in relazione alla personalità dell’imputato”).
3.3.5. La nuova previsione normativa lascia pertanto chiaramente
intendere la necessità di superare l’indirizzo interpretativo secondo

i

cui si procede, e cioè che offendano lo stesso bene giuridico” (così ad

cui gli elementi apprezzabili per la configurabilità del pericolo di
reiterazione “possono essere tratti anche dalle specifiche modalità e
circostanze del fatto, considerate nella loro obiettività, giacché la
valutazione negativa della personalità dell’indagato può desumersi dai
criteri oggettivi e dettagliati stabiliti dall’art. 133 cod. pen. tra i quali
sono comprese le modalità e la gravità del fatto reato” (Sez. 2, sent.
n. 51843 del 16/10/2013, Caterino, Rv. 258070; in senso analogo,

cfr., tra le altre, Sez. 4, sent. n. 11179 del 09/01/2005, Miranda, Rv.
231583; nel senso invece della impossibilità di valutare la personalità
dell’imputato unicamente in base alle modalità e circostanze del fatto,
v. Sez. 4, sent. n. 37566 del 01/04/2004, Albanese, Rv. 229141).
3.4. Ne consegue che, in relazione alla valutazione del pericolo di
reiterazione, si rende ormai imprescindibile un giudizio prognostico
basato su dati concreti necessariamente considerati nell’attualità, dal
momento che i parametri individuati dalla lett. c) dell’art. 274 cod.
proc. pen. (“specifiche modalità e circostanze del fatto”; personalità
dell’imputato o indagato “desunta da comportamenti o atti concreti o
dai suoi precedenti penali”) hanno la specifica funzione di evitare che
la valutazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari possa
essere correlata, astrattamente, al solo titolo di reato contestato.
Il requisito della attualità, infatti, non può certo essere equiparato
all’imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma
sta invece ad indicare la continuità del periculum libertatis nella sua
dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai
fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato,
ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto
della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la
misura cautelare è chiamata a neutralizzare.
L’ordinanza impugnata – come già si è avuto modo di rilevare – ha
pienamente osservato i criteri direttivi ora indicati, perché in essa la
valutazione è stata eseguita richiamando la valorizzazione, già dal
giudice per le indagini preliminari compiuta in relazione al parametro
dell’attualità, di un complesso di emergenze coerentemente
rappresentate, in particolare, dall’analisi delle specifiche modalità di
realizzazione delle condotte delittuose, oltre che dalla disamina del
peculiare contesto in cui le stesse sono maturate ed hanno prodotto i
loro effetti, alla luce della “qualificata” personalità delinquenziale

7

palesata dal ricorrente.
3.5. Fermo quanto precede, la lettura della norma proposta dalla
difesa – come rilevato dal Tribunale – non appare per nulla aderente
al dato esegetico che, lungi dal deprivare di specifica concludenza
cautelare le modalità del fatto, ne impone la valutazione nella
pregnante prospettiva dell’incidenza sulla concretezza del rischio di
recidivanza: non v’è dubbio, infatti, che, il legislatore, con il

procede”, abbia inteso riferirsi alla sola fattispecie incriminatrice
astratta contestata nel procedimento, rimanendo del tutto consentita
– per non dire, risultando del tutto doverosa – la valutazione in
concreto della gravità della specifica condotta.
3.6. E, in una simile prospettiva, il Tribunale valorizza ampiamente il
concreto pericolo di recidivanza evidenziando come il giudice per le
indagini preliminari avesse fatto riferimento

“alla solida rete di

rapporti che Gramazio ha intrattenuto per anni negli ambienti politici
romani e che deve ritenersi prescinda dall’appartenenza ad un
determinato partito politico. L’assoluta spregiudicatezza dimostrata
da Gramazio in spregio dell’interesse pubblico e le sue pluriennali
conoscenze non solo delle persone ma anche dei meccanismi della
politica può senz’altro consentirgli di agire ancora oggi,
eventualmente dietro le quinte, per interposta persona, perpetrando
le condotte alle quali era aduso …; … le osservazioni della difesa, a
sostegno dell’impugnazione … sono certamente da disattendere
perché fanno leva su circostanze irrilevanti ovvero smentite dalle
emergenze istruttorie od ancora fondate su elementi di fatto
decontestualizzati e non idonei a modificare il granitico quadro
d’insieme dal quale emerge in maniera assolutamente chiara la
partecipazione di Gramazio al sodalizio criminoso e la sua
responsabilità per i reati fine contestatigli”.
La peculiare connotazione delle modalità di commissione delle
condotte delittuose oggetto dei temi d’accusa, la permanenza dei
contatti con gli ambienti amministrativi nei quali esse sono maturate
ed il fatto di aver messo a completa disposizione dell’organizzazione
criminale di riferimento addirittura la propria persona costituiscono
profili di particolare rilievo che, globalmente e singolarmente
considerati, non “neutralizzano” certo l’elevato pericolo di reiterazione

777

riferimento normativo alla “gravità del titolo di reato per cui si

ma danno senso alle connotazioni di “attualità” e “concretezza”
dell’esigenza cautelare, le quali – come detto – non costituiscono, a
loro volta, mere astrazioni, ma devono essere opportunamente
ricollegate, come avvenuto nel caso in esame, alla posizione
specificamente assunta dall’indagato nel contesto criminale in cui
sono maturate, e sono state poi realizzate, le condotte oggetto di
incolpazione.

Deve rilevarsi come la gravità del panorama indiziario evocato dal
giudice per le indagini preliminari a sostegno della misura cautelare, e
scrutinato in termini di adeguatezza dal Tribunale del riesame, sia
stata congruamente delineata nella motivazione su cui si basa il
provvedimento impugnato, che ha correttamente proceduto ad una
valutazione analitica e globale degli elementi indiziari emersi a carico
del ricorrente descrivendo analiticamente le condotte concretamente
tenute e dando conto, in maniera logica e adeguata, delle ragioni che
giustificano il relativo epilogo decisorio. Entro tale prospettiva, ritiene
il Collegio che l’ordinanza impugnata abbia correttamente applicato il
quadro dei principi che regolano la materia in esame, puntualmente
replicando alle obiezioni difensive e linearmente evidenziando – sulla
base delle numerose emergenze investigative ivi compiutamente
rappresentate – non solo la piena consapevolezza e la lucida adesione
del Gramazio a tutti i particolari dell’attività corruttiva e delle
connesse attività di turbativa delle gare poste in essere ma anche il
contributo agevolativo rilevante – per non dire, decisivo – al sodalizio
criminale mafioso di riferimento ed assai efficacemente prestato ai fini
della realizzazione del fine ultimo della sua creazione (v. pagg. 2-9
dell’ordinanza impugnata).
5. Manifestamente infondato è il terzo motivo di censura.
Anche con riferimento all’adeguatezza della misura cautelare,
l’ordinanza impugnata appare congrua e del tutto scevra da vizi
logico-giuridici.
Evidenzia il Tribunale come non sia stato acquisito alcun elemento
positivo per affermare che siano venute meno le esigenze connesse
con il pericolo di recidiva consentendo di superare la presunzione di
cui all’art. 275, comma 3 cod. proc. pen.; a tal fine, il Tribunale,
replicando ad ogni singolo rilievo difensivo, riconosce e ribadisce

i

4. Manifestamente infondato è il secondo motivo di censura.

come il Gramazio abbia partecipato

“all’associazione mafiosa

perseguendo un proprio interesse personale non solo economico, ma
anche diretto a consolidare ed accrescere il proprio prestigio politico.
E’ solo attraverso la sua opera che l’associazione di Carminati riesce a
penetrare quell’ambito di servizi pubblici che, in una perversa ottica
di spartizione, sarebbe di pertinenza dell’area politica di destra.
Esempio di tale situazione è l’intervento di Gramazio nella gara C.U.P.

per le ASL nella quale, addirittura, si adopera per sostituire un
componente della commissione aggiudicatrice per fare in modo che
ne faccia parte Angelo Scozzafava infedele funzionario al servizio di
Buzzi. E’ giustificato, quindi, il riferimento che il primo giudice opera
al “raggiungimento di traguardi qualitativamente superiori” che
l’associazione riesce ad ottenere solo grazie all’opera di questo
indagato. La brillante carriera politica di Gramazio, evidenziata
perfino da Carminati che ricorda i pregressi intimi rapporti con il
padre Domenico e pronostica per Luca un radioso futuro come uomo
politico di riferimento dell’associazione criminale, dimostra l’enorme
capacità di questo indagato di acquisire consensi non solo tra gli
elettori ma, soprattutto, all’interno degli ambienti politici di
riferimento per accrescere il proprio peso. Le circostanze sopra
evidenziate confermano l’attuale concreto pericolo di recidiva ed
impongono … la scelta della misura più afflittiva”.
6. Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si
determina equitativamente in euro 1.000,00.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1
ter disp. att. cod. proc. pen.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa
delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1
ter disp. att. cod. proc. pen..

I

10

Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 27.1.2016

Il Consigliere estensore

Il Presidente

Dott. Andrea Pellegrino

Dott. Mario Gentile

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