Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 6398 del 14/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 6398 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso straordinario ex art. 625 bis cod. proc. pen. proposto da Pace
Ivano, nato a 25.9.1977;
avverso la sentenza emessa il 1’11 luglio 2012 dalla IV Sezione di questa
Corte;
udita nella udienza in camera di consiglio del 14 gennaio 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Vincenzo Geraci, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio limitatamente alla confisca;
udito il difensore avv. Angela Porcelli;
Osserva
Pace Ivano propose ricorso per cassazione avverso la sentenza del tribunale di Roma del 12.3.2011, emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., con la
quale gli era stata applicata la pena concordata per il delitto di cui all’art. 73 co.
5 D.P.R. n. 309 del 1990, nonché avverso le ordinanze emesse il 18.04.2011 e il
9.05.2011 dal medesimo giudice del tribunale di Roma che avevano dapprima
disposto la confisca della somma di Euro 8.680,00 e, successivamente rigettato
la istanza di revoca della stessa.
La IV Sezione di questa Corte, con la sentenza 11.7.2012, rigettò il ricorSO.

Il Pace, a mezzo dell’avv. Angela Porcelli, ha proposto contro questa sentenza ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis cpp.
Questa Sezione, con sentenza n. 42360 del 18 settembre 2013 ha annullato
senza rinvio la sentenza n. 38072 dell’11.7.2012 della IV Sezione e disposto per
la fissazione dell’udienza per la trattazione dell’originario ricorso.
Ha osservato la sentenza di annullamento che la IV sezione, nel sintetizza-

Data Udienza: 14/01/2014

re i motivi di ricorso, affermò che il ricorrente aveva dedotto la violazione
dell’art. 240 c.p. “avendo l’imputato dimostrato che la somma sequestrata derivava da vincite presso lo SNAI e dall’attività di lavoro della convivente Santarelli Emanuela come da documentazione prodotta, trattandosi comunque di confisca facoltativa non applicabile in relazione all’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309
del 1990, art. 73, comma .”. E conseguentemente aveva risposto sul punto, ritenendo il ricorso infondato. Sennonché, in questo modo, non erano stati affrontati tutti i motivi di ricorso. Infatti, con la originaria impugnazione, il Pace aveva
proposto ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse il 18.04.2011 e il
9.05.2011 dal giudice monocratico del tribunale di Roma che disponevano la
confisca della somma di Euro 8.680,00 e rigettavano la successiva istanza di revoca della stessa, deducendo violazione dell’art. 240 cod. pen. In seguito, poi, il
ricorrente aveva depositato una “memoria difensiva” “a sostegno ed integrazione del ricorso” rappresentando la violazione di legge concernente l’abnormità
del provvedimento di confisca da parte del giudice a quo siccome non contestuale alla sentenza. Era quindi evidente che il Pace avesse inteso sin dall’inizio
censurare il provvedimento di confisca sia per le ragioni esaminate dalla quarta
Sezione e sia per il profilo procedurale che, invece, era rimasto effettivamente
estraneo al precedente esame di questa Corte. Ne derivava l’annullamento senza
rinvio della precedente decisione della quarta sezione e la necessità di fissazione di una udienza per la trattazione nel merito del ricorso originario.
Orbene, l’originario ricorso è fondato e va quindi accolto.
Invero, il provvedimento di confisca è stato emesso dal giudice con separata ordinanza ed in epoca successiva al deposito della motivazione della sentenza. Esattamente il ricorrente eccepisce che la somma di denaro in sequestro, ove
fosse stata dimostrata essere il profitto o il provento del reato, avrebbe potuto
essere oggetto del provvedimento di confisca. Ma, trattandosi di misura di sicurezza patrimoniale questa doveva necessariamente essere disposta nella sentenza di condanna (o di patteggiamento) e non in un separato provvedimento successivo alla sentenza stessa.
Ed invero sul punto la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato che «È abnorme l’ordinanza con cui il giudice, dopo aver omesso di disporre con la sentenza di condanna sulla confisca obbligatoria dei beni sottoposti a sequestro preventivo, provveda in merito successivamente e separatamente» (Sez. II, 20.4.2011, n. 21420, De Angelis, m. 250264: Sez. I, 19.9.2013,
n. 43521, Strangio, m. 257039; Sez. III, 19.4.2012, n. 19093, Gallia, m.
252198).
Il rimedio previsto dal codice per l’omissione della decisione in tema di
misure di sicurezza era solo l’impugnazione da parte del PM e non una separata
decisione assunta dal tribunale dopo l’emissione della sentenza di condanna.
Nella specie il PM non ha invece svolto alcuna impugnazione.
Ne consegue che le ordinanze impugnate, che hanno illegalmente immutato a posteriori il contenuto della sentenza, si pongono al di fuori delle linee essenziali tracciate dall’ordinamento per definire i connotati ed i tratti di definitivita della sentenza e costituiscono quindi provvedimento abnorme.
Le ordinanze impugnate, emesse dal giudice del tribunale di Roma il

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18.04.2011 e il 9.05.2011, vanno pertanto annullate senza rinvio e va disposta
le restituzione del denaro in sequestro all’avente diritto.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla senza rinvio le ordinanze del 18 aprile 2011 e del 9 maggio 2011
del tribunale di Roma e dispone la restituzione della somma in sequestro
all’avente diritto.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 14
gennaio 2014.

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